Imparare a immaginare mondi e modi di vivere diversi, coltivare un’educazione alla libertà, soprattutto con i più piccoli, non smettere di lottare contro la guerra sostenendo in tutti i modi le campagne per il disarmo. Che forza, lucidità e attualità il Tolstoy pensatore


Che forza, e che lucidità, il Tolstoj pensatore e saggista. Scriveva un secolo fa, ma i suoi scritti non sono affatto invecchiati. Li ripropone – è ovviamente una selezione all’interno di una vasta produzione – Francesco Codello per Elèuthera nel libro Il rifiuto di obbedire e ogni saggio, ogni pagina ha la freschezza di uno spirito indipendente e rivoluzionario.
Colpiscono, fra i tanti, gli interventi contro la guerra: l’antimilitarismo di Tolstoj è circostanziato e anima una critica alla geopolitica del suo tempo. Quando esamina la Conferenza dell’Aja sul disarmo (del 1899!) scrive che
“il vero scopo della Conferenza non è instaurare la pace ma occultare il solo mezzo che può liberarci dai mali della guerra, ovvero rifiutarsi di partecipare agli omicidi militari”.
Centoventi anni dopo le spese militari nel mondo sono esplose e salite oltre ogni ragionevole misura ma il tema del disarmo non è più all’ordine del giorno…
Intanto gli scienziati aggiornano il cosiddetto Orologio dell’apocalisse e avvicinano ancora la lancetta dei minuti alla mezzanotte fatale. In realtà, oggi, non dovremmo parlare altro che di disarmo degli stati e di abbandono dell’economia estrattiva, questioni fra l’altro collegate fra loro. E invece divaghiamo, in un discorso pubblico povero e sempre più sganciato dalle urgenze vere del pianeta e di chi lo abita.
Tolstoj è attuale perché nel tempo che gli toccò di vivere non smise di guardare avanti e di immaginare mondi e modi di vivere molto diversi da quelli del suo presente. Le pagine sull’educazione sono esemplari, animate da una forte tensione anti-istituzionale, ma soprattutto profetiche e attualissime. Quando parla della libertà creativa dei bambini, pare di leggere le cronache dalle scuole di base più avanzate del pianeta, dove non ci sono programmi rigidi e prestabiliti, ma una smisurata fiducia nei bambini e nella loro sfaccettata capacità di apprendimento.
“Forse soltanto fra cento anni – scrive l’autore di Guerra e pace – si sgretoleranno le istituzioni esistenti (scuole, licei, università) e sorgeranno nuove libere istituzioni che avranno la libertà delle successive generazioni come fondamento”.
Niente del genere è accaduto, ma l’indicazione di Tolstoj è tuttora pregnante: se siamo passivi, rassegnati, convinti di vivere nell’unico modello sociale possibile, è proprio perché siamo stati cresciuti in una sorta di allevamento, privati della nostra libertà interiore.
“Non credete a chi sostiene che sia impossibile realizzare il bene e la verità che avete dentro di voi”,
scrive Tolstoj in un Messaggio agli adolescenti del 1907 e da qui dovremmo ripartire tutti, da un allenamento a pensare il mondo secondo nuovi schemi, mettendo in discussione tutto, senza paura, senza ascoltare quanti dicono, parole ancora di Tolstoj,
“con un sorriso di condiscendenza, di aver cercato anche loro, tanti anni fa, di dare risposta a questi interrogativi (sul significato dell’esistenza, ndr), ma di non averla trovata perché è impossibile, al di là di quelle che tutti conoscono e accettano”.
Tolstoj è dunque un maestro di una rivoluzione buona, quale sarebbe necessaria oggi, e in ogni pagina incoraggia a pensare, agire, progettare. Persone del XXI secolo, viviamo l’epoca della piena coscienza che l’ordine corrente delle cose è la via maestra verso la sofferenza, la distruzione, la fine stessa del pianeta, e al contempo constatiamo una generale impotenza, nell’incapacità di immaginare una via d’uscita, un percorso da seguire fuori dai sentieri obbligati della società presente.
Dall’inizio del secolo scorso ci arriva la voce di un grande scrittore:
“Le condizioni del nuovo ordine di cose non possono esserci note, perché devono essere giustamente create da noi stessi. La vita consiste appunto in questa ricerca dell’ignoto e in questa subordinazione dell’azione alle conoscenze che vengono via via acquisite. È questa la vita di ciascun individuo, è questa la vita di tutta l’umanità”.
Nelle societá scientifiche, presso gli organi di governo, sui giornali, noi discutiamo delle cause della povertá del popolo e dei mezzi per sollevarlo: non tocchiamo mai però, quell´unico mezzo indubbio, che in modo certo solleverebbe il popolo, e che consiste nel cessare di togliere ad esso la terra, che gli è indispensabile.
[…]
Non può, la terra, essere oggetto di proprietá privata; non può essere oggetto di compravendita, allo stesso modo dell´acqua, dell´aria, dei raggi del sole. tutti hanno l´identico diritto alla terra, e a tutti i beni che da essi vengono all´uomo.
Resurrezione, Parte seconda, Capitolo VI