Quando si parla di iatrogenesi, cioè dei danni alla salute provocati dalla stessa medicina o dai medici e dagli ospedali, si entra nel campo della critica più libera e radicale. Con “Nemesi Medica”, Ivan Illich scrive uno dei testi fondamentali sull’espropriazione della salute e la critica dei dogmi della modernità e del mito dello sviluppo che essa promuove. La relazione tra la medicina, il corpo e l’idea di poter cancellare completamente la sofferenza ne sono un aspetto rilevante. A maggior ragione nella rilettura che ci viene riproposta oggi, in piena pandemia, da Aldo Zanchetta. La seconda parte del suo testo (potete leggere qui la prima), dopo un “intermezzo” biografico, si concentra sulla iatrogenesi clinica, distinguendola da quella sociale e da quella culturale che tratterà in seguito, un “fenomeno” la cui portata è poco conosciuta o, in alcuni casi, viene consapevolmente ignorata per ragioni facilmente deducibili. Basterà in ogni caso ricordare una rilevazione del 2000 tratta da fonte autorevole – Johns Hopkins School of Hygiene and Public Health, Journal of the American Medical Association – che indicava nella iatrogenesi la terza causa di morte negli Stati Uniti dopo il cancro e l’infarto
Leggere Illich non sempre è facile, anzi spesso non lo è affatto, se non si entra nel suo mondo mentale. Mondo delle idee che, fra l’altro, è stato per lui così assolutamente coerente con la pratica di vita che conoscere l’uno serve a comprendere meglio l’altro. Per questo spero non dispiacerà se ogni tanto racconto episodi di vita che illuminano il personaggio come in questo breve “intermezzo” di apertura.
Illich non era un intellettuale le cui idee fluttuassero come sospese nell’aria al di sopra della realtà e il cui sapere “dotto” non venisse convalidato con l’esperienza personale. Quando nel 1956, appena trentenne, venne nominato vice-rettore del seminario cattolico di Portorico[1], prima di assumere l’incarico percorse a piedi l’isola in lungo e in largo per una ventina di giorni, per conoscere la cultura e apprendere la “vera” lingua parlata dalla gente del luogo. Analogamente, quando quattro anni più tardi fu dichiarato “persona non gradita” dal governatore dell’isola, sollecitato a ciò dai due vescovi locali dei quali Illich aveva criticato l’intrusione nelle vicende elettorali, prima di decidere il suo nuovo impegno di vita, nel corso di quattro mesi risalì con mezzi di fortuna il Sudamerica da Santiago del Cile a Caracas, percorrendo anche lunghi tratti a piedi. In uno di questi, traversando le Ande, fu colpito da una polmonite e un’insolazione e venne curato (più esattamente: “si curò”) ospitato nella capanna di una famiglia indigena.
Dopo questo viaggio egli decise di impegnarsi a tempo pieno in America Latina, stabilendosi a Cuernavaca in Messico, dove fondò il CIF (Centro di informazione interculturale), trasformato un paio d’anni dopo in CIDOC, che divenne per una decina d’anni luogo di incontro e di scambio di una parte consistente dell’intellettualità critica mondiale. Così Illich costruiva e verificava il suo “sapere”. A questo suo duplice aspetto, di uomo di cultura raffinata che, dopo il CIDOC, alternava 6 mesi di seminari in prestigiose università del mondo con 6 mesi nella sua casa di adobe (mattoni di fango) in un piccolo villaggio messicano, uno dei suoi grandi amici e discepoli, Jean Robert ha dedicato un intero capitolo del recente libro L’età dei sistemi.[2] Frequentatore di molteplici mondi culturali, capace di parlare sette o otto lingue, dotato di una memoria prodigiosa, la sua cultura spaziava in molti campi e il suo sguardo era capace di penetrare in profondità nelle tematiche che volta a volta affrontava.
Torniamo al testo Nemesi Medica e alle forme di iatrogenesi. Ventidue anni dopo, in una rilettura del libro, egli ne aggiunse una quarta, legata alla visione che nella società si era andato formando dello stesso corpo umano.
La iatrogenesi clinica
La iatrogenesi clinica è quella causata direttamente dai medicinali, dai medici e dagli ospedali. Quando Illich scrisse il libro, negli Stati Uniti la terza causa di morte, dopo le malattie cardiache e i tumori, era costituita dalle infezioni batteriche o fungine acquisite negli ospedali a causa della aumentata resistenza di queste entità agli antibiotici. Dati recenti (2018) parlano, per i soli Stati Uniti, di 75.000 decessi ogni anno per cause mediche e dicono anche che il 70% dei batteri presenti negli ospedali è diventato insensibile ai normali antibiotici.[3]
La iatrogenesi clinica ha diverse origini, che vanno dagli errori nelle diagnosi o nel corso di interventi chirurgici alle ricordate infezioni batteriche, come anche a medicinali intrinsecamente pericolosi erroneamente autorizzati dalle autorità sanitarie a ciò addette o erroneamente prescritti, o infine somministrati o auto-assunti scambiati per errore con quelli giusti. Un caso notevole, ma non unico, di immissione in commercio di un medicinale i cui pericolosi effetti secondari, non percepiti durante i test di approvazione e manifestatisi solo molto tempo dopo, fu quello del talidomide, un medicinale assunto come sedativo negli anni 50 dello scorso secolo, sui cui effetti rimando alla nota in calce.[4] L’elenco dei medicinali che dopo essere stati immessi in commercio sono stati ritirati per i loro effetti collaterali non emersi nei test di accettazione è straordinariamente lungo e ha causato non pochi danni.[5] Nella iatrogenesi clinica si devono anche includere gli interventi inutili sui quali Illich nota:
Una tecnologia impotente unita a retorici discorsi egualitari[6] ha creato l’impressione che la medicina contemporanea sia altamente efficace. Indubbiamente, nel corso dell’ultima generazione, un certo numero di trattamenti specifici si è dimostrato estremamente utile. Ma quelli che sono validi per malattie diffuse, dove non vengono monopolizzati dai professionisti come ferri esclusivi del loro mestiere hanno di solito un costo bassissimo e richiedono una quantità minima di materiali, di abilità personali e di servizi ospedalieri. Viceversa, la maggior parte delle vertiginose somme che oggi si spendono per la medicina è destinata a un tipo di diagnosi e cure la cui efficacia è, tutt’al più, dubbia.
Su questo punto, che ritengo della massima importanza, ritornerò, per due ragioni. La prima è che noi tendiamo a estendere all’intero mondo le modalità e le priorità della medicina occidentale, che a rigore riguarda, secondo la modalità di conteggio, 1 o al massimo 2 miliardi di persone su quasi 8 (oggi). Su questo riporterò anche come esempio una esperienza personale a mio parere significativa. La seconda, come Illich ben motiva più oltre nel libro, mentre la medicina di base è più o meno “democratica”, quella specialistica è spesso una medicina classista e non equa. Detto questo, non mi soffermerò oltre sul significato di questo primo livello di iatrogenesi perché le sue modalità mi sembrano assai comprensibili, anche se di fatto in genere tendiamo a rimuoverne il pensiero dalla nostra psiche per varie ragioni, principalmente forse quella di andare “contro” il sentire comune per il quale si assumono medicine e si va dal medico o all’ospedale “per guarire”. Per contro, è poco nota l’entità del fenomeno. Nella sola Toscana, la mia regione, si hanno in media 1600 domande di risarcimento all’anno per malasanità.[7] Per dare un ordine di grandezza relativamente all’Italia, sul sito di ANMDO, l’Associazione Nazionale dei Medici delle Direzioni Ospedaliere, si legge:
Tutti i medici possono sbagliare, anche nel nostro Paese. Quanto sbaglino e quanto sia diffuso questo problema, è ancora poco chiaro, soprattutto in Italia. Ecco comunque alcuni dati disponibili, ricavati dalla rivista “Rischio sanità” del giugno 2001. Nel nostro Paese, ogni anno, sono circa 8 milioni le persone che vengono ricoverate. Di queste, 320 mila (il 4% circa) escono dall’ospedale riportando danni e malattie dovuti ad errori nelle cure o a disservizi ospedalieri. Le morti oscillano tra 50 mila – nelle stime più pessimistiche riportate nella rivista edita da Assinform – e 14 mila nelle valutazioni più ottimistiche dell’Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri italiani. La verità probabilmente è proprio nel mezzo, in una cifra compresa tra le 30 e le 35 mila unità.
Un’osservazione interessante che accenno appena, non potendo inseguire qui tutti gli stimoli che il libro offre, riguarda il fatto che “La mala pratica ha assunto un carattere anonimo, quasi rispettabile”:
Ciò che una volta era considerato un abuso di fiducia e una colpa morale ora può essere razionalizzato come una fortuita disfunzione dell’apparecchiatura e dei suoi operatori. Nella complessa tecnologia di un ospedale, la negligenza diventa “casuale errore umano” o “avaria del sistema“, l’insensibilità “distacco scientifico” e l’imperizia “mancanza di attrezzature specializzate“. La spersonalizzazione della diagnosi e della terapia ha cambiato la mala pratica da problema etico in problema tecnico.
Per chiudere l’argomento, osserviamo che nel caso della iatrogenesi clinica ovviamente non è applicabile il ragionamento della controproduttività. Non esiste un limite oltre il quale essa possa essere considerata malevola: essa lo è sempre, quale che sia la sua misura, e l’ideale sarebbe l’errore zero. I suoi effetti possono e devono essere ridotti per quanto possibile, cosa che richiede migliore formazione dei medici e procedure più cautelative e quindi un aumento dei costi relativi, per cui in pratica si scende a compromessi il più ragionevolmente possibile fra riduzione dei casi e aumento degli oneri finanziari. Quale sia questo compromesso è tema di discussione nella quale qui non entriamo.
Il secondo livello di iatrogenesi è quella sociale ma per il momento lo rinvio per fare un balzo in avanti nelle argomentazioni di Illich e affrontare quella che a me pare la critica più seria, di natura “politica” (“amministrazione della polis”), che Illich fa alla medicina, critica che nell’ordine del libro viene affrontata dopo la iatrogenesi sociale e quella culturale. Essa consiste nella funzione mediatrice assunta dalla medicina nel rendere accettabile alla gente le sofferenze maggiori che sono quelle inflitte dal sistema industriale, e quindi del capitalismo che ne è il principale promotore, naturalizzando e occultando le cause di queste. Qui mi pare che le motivazioni di Illich non possano né essere riassunte né tagliate e pertanto le riporto per intero:
Le società industriali avanzate hanno tutto l’interesse a salvaguardare la legittimità epistemologica delle entità morbose. Finché la malattia è qualcosa che si impossessa degli uomini, qualcosa che questi “prendono” o da cui son “colti” le vittime di questo processo naturale possono essere esentate da ogni responsabilità per la loro condizione. Possono essere compatite, non incolpate, per il modo querulo, abietto o sprovveduto con cui soffrono la loro realtà soggettiva; possono tramutarsi in un capitale duttile e lucroso se accettano supinamente la loro malattia perché “così vanno le cose”; e possono essere scaricate di ogni responsabilità politica per la mano che danno ad accrescere lo stress patogeno dell’industria superintensiva. Una società industriale avanzata genera malati perché rende gli uomini incapaci di controllare il proprio ambiente e, quando essi crollano, sostituisce una protesi “cinica” alle relazioni spezzate. Contro un simile ambiente gli uomini si ribellerebbero se la medicina non spiegasse il loro scombussolamento biologico come un difetto della loro salute, invece che come un difetto del modo di vivere che viene loro imposto o che essi impongono a se stessi. L’assicurazione di personale innocenza politica che la diagnosi offre al paziente serve come una mascherina igienica che giustifica un’ulteriore asservimento alla produzione e al consumo.
La diagnosi medica di entità morbose a sé stanti che prenderebbero forma nel corpo dell’individuo è un mezzo surrettizio e amorale di gettare la colpa sulla vittima. Il medico, che fa anche lui parte della classe dominante, stabilisce che è l’individuo a non sapersi adattare a un ambiente costruito e amministrato da altri professionisti, anziché accusare i suoi colleghi di creare ambienti ai quali l’organismo umano non può adattarsi. L’entità-malattia si può quindi considerare come la materializzazione di un mito politicamente conveniente, che assume sostanza nel corpo dell’individuo quando questo corpo si ribella alle richieste che gli vengono fatte dalla società industriale.
Si può tagliare qualcosa a questo deciso atto di accusa, senza menomare il pensiero di Illich? In coscienza, mi pare di no. Lo si dovrà giustificare meglio. Ed è ciò che tenteremo di fare nelle prossime note. Già il riassumere e condensare gli argomenti di un libro denso di ragionamenti, di dati, di note e rimandi mi sembra un po’ un tradimento del pensiero dell’autore.
A questo proposito una critica alla realizzazione del libro, più che all’autore, vorrei farla: la mancanza di un indice analitico che permetta di collegare più velocemente le diverse pagine del libro in cui uno stesso tema viene ripreso e sviscerato da prospettive diverse. Sto cominciando a farlo in modo molto artigianale per esigenze pratiche di una lettura più organica. integrandovi, sempre in maniera improvvisata, anche riferimenti ad altri suoi libri dove alcuni degli stessi temi vengono magari sviscerati più a fondo. Per facilitare un approfondimento a più ampio raggio occorrerebbe anche costruire un piccolo dizionario del significato di alcuni termini come “Monopolio radicale”, “Povertà moderna” e simili che rientrano nel linguaggio di questo come di altri libri di Illich. Mi risulta che uno studioso italiano di Illich si è dedicato a questo vocabolario seriamente, senza però ad oggi renderlo pubblico. Seguirà, questa volta a breve, un’analisi della iatrogenesi sociale, rendendo così più comprensibile l’attacco di Illich alla medicina, senza mai dimenticare la regola della controproduttività, cioè del superamento dei limiti.
(continua)
[1] Illich era un sacerdote cattolico, atipico senz’altro ma non uno “spretato” come molti pensano, ne tantomeno un bigotto. Dopo un conflitto avvenuto all’epoca del CIDOC con l’allora Santo Uffizio, spalleggiata dalla CIA, dal quale uscì a testa alta, chiese e ottenne di essere esonerato dal ministero sacerdotale attivo e praticò il “silenzio apofatico”. L’apofatismo è una pratica teologica secondo la quale la comprensione della natura di Dio non può essere espressa a parole. Venne praticato da Illich in modo personale, silenziandosi su questioni religiose tenendo rigorosamente distinta la sua opera di studioso dalla propria fede. Anche su questo, come già sul tema della sua malattia, molte pseudo biografie circolanti sono disinformanti. Naturalmente questo suo essere un “cura” (prete) tenne lontane da lui molte persone. In proposito ho avuto due testimonianze personali di due noti marxisti messicani che rimpiangevano di avere a lungo rifiutato di conoscerlo e di leggerlo perché, una volta rotta la barriera, dissero che Illich aveva apportato loro molto nella stessa comprensione del marxismo. Gustavo Esteva alla Scuola della Terra (Unitierra) un anno gestì un seminario assai frequentato sul tema “Illich e Marx”, cosa che dispiacque a molti marxisti come a molti illichiani.
[2] Robert J., L’età dei sistemi nel pensiero dell’ultimo Illich, Mutus Liber, Riola (BO), 2019, pp.51-74.
[3] Allarme OMS. Vedi ad es. Resistenza agli antibiotici: l’Oms chiede impegno per arginare… ilfattoalimentare.it › Pianeta, 16 nov. 2018
[4] La talidomide era un farmaco molto diffuso negli anni cinquanta e sessanta come sedativo e anti-nausea, rivolto in particolar modo alle donne incinte. Diffuso con vari nomi in oltre 50 paesi, esso venne ritirato dal commercio alla fine del 1961, a causa della scoperta della sua teratogenicità che causava neonati con assenza degli arti o loro lunghezza ridotta (focomelia).
[5] In questo periodo di euforia per gli annunciati vaccini anticovid-19 non sarebbe male ricordare i vari casi spiacevoli occorsi con i vaccini profusi con “generosità” in India e in Africa dalla Fondazione Bill&Melinda Gates, componente rilevante del sistema medico mondiale.
[6] Sull’espressione “retorica ugualitaria” verrebbe da inarcare le ciglia ma essa apparirà chiara appena motivata.
[7] <<Interventi andati male, diagnosi sbagliate, trattamenti inadeguati, cadute e anche trasfusioni errate. Ogni anno gli ospedali toscani ricevono 1.600 richieste di risarcimento da parte dei pazienti, più di 4 al giorno. E pagano di tasca propria. La Regione infatti ha da tempo disdetto tutte le polizze con le compagnie assicurative. Erano troppo care, circa 50 milioni di euro all’anno, e i contenziosi duravano tantissimo, con ripercussioni negative per chi doveva ricevere i soldi ma anche per le Asl.>>
https://firenze.repubblica.it/cronaca/2013/08/26/news/ogni_anno_in_toscana_1_600_rischieste_di_risarcimento-65339110/
sonia verzegnassi dice
rileggere Illich per capire cosa, quando e quante sono le nocività
PIERA dice
Purtroppo le conseguenze di ogni cura sono sempre da verificare e a lungo, per ciò è meglio evitare di precipitarsi su soluzioni non sufficientemente sperimentate e, su campioni di razze varie, difatti viene specificato anche sui ” bugiardini ” mentre, nella posologia sino a pochi decenni fa non appariva alcun avviso !
hans drager dice
Sempre in attesa dello sblocco del mio commento
hans drager dice
Dato che per ragioni inspeigabili il mio commento è sinora trattenuto in sospeso ripropongo quanto prima con riferimento alla “missione” di comune-info “Ci interessano le trasformazioni e i movimenti che mettono in discussione il profitto e la mercificazione delle relazioni ma soprattutto il muoversi che sperimenta, tra limiti e contraddizioni, relazioni diverse da quelle di tipo capitalista”:
La diagnosi ben documentata di Ivan Illich si chiama: Medical Nemesis. Ciò significa: la medicina è un disastro per l’umanità. Da allora sono passati ormai 45 anni. E’ qualcosa cambiato in meglio? Continuare ad analizzare, criticare, discutere, dibattere, paralizzare, all’infinito e rimanendo inattivi, quando una soluzione PRATICA esiste ormai da tempo non è altro che collaborazione con la Medical Nemesis.
La soluzione PRATICA esiste dal 1970 e continua a esistere fino ad oggi: Il Collettivo Socialista di Pazienti – Fronte di Pazienti (SPK / PF). C’è molto da imparare dall’esperienza pratica di SPK / PF e dalla sua onnicomprensiva teoria della malattia. http://www.spkpfh.de/index_italia.html Tutta l’altra letteratura mondiale non contiene nulla del genere.
Solo SPK / PF ha la soluzione contro la nemesi medica, contro la distruzione dell’umanità: l’attacco alla classe medica (vedi il testo “pro malattia” sul sito sopraindicato).
Si può avere due opinioni diverse su questo? No. Perché tutti quanti venuti sulla terra vogliono vivere e non morire. Tutti coloro che oggi vivono hanno bisogno della forza di malattia, la forza vitale dell’SPK, e malista molti più di tutti i loro coetanei all’epoca dell’SPK. Ma non più solo per il cambiamento rivoluzionario, ma per la continuazione della loro sopravvivenza esistenziale e per prevenire la ricaduta del paesaggio in rovina iatro-capitalista.
Scrivere di Medical Nemesis, ma per non parlare della soluzione, ovvero tacere su SPK / PF, è collaborazione con gli artefici del disastro: la classe medica (vedi a tale proposito il testo La iatrocrazia su scala mondiale). Il mondo non può aspettare fino all’infinito.