Poco si è parlato del social forum che si è tenuto a Città del Messico dal 1° al 6 giugno e tanto meno delle discussioni sul tema della guerra in Ucraina. Ne fa un breve resoconto Leo Gabriel nel numero di giugno della “Sozialistische Zeitung”.
Nella prima parte dell’articolo Gabriel rende conto della grande confusione che ha regnato nei giorni del forum, “un caos senza precedenti”, scrive, a causa della gestione centralistica dell’evento da parte di un piccolo gruppo, della scarsa collaborazione dell’amministrazione cittadina che solo all’ultimo momento ha messo a disposizione gli spazi e del ministero degli esteri che non ha fornito alcun aiuto nell’assegnazione dei visti ai partecipanti di Africa, Asia e Brasile.
Ben presto inoltre sono emerse divergenze profonde sul ruolo politico del Fsm. Da una parte, i fondatori e le fondatrici, di provenienza prevalentemente brasiliana, sostenevano che, secondo la cosiddetta “Charta di Porto Alegre”, le organizzazioni partecipanti non avrebbero potuto esprimersi pubblicamente a nome del Fsm, dall’altra, un gruppo di cosiddetti “innovatori” affermava la necessità di creare una rete mondiale di movimenti sociali, ecologici e politici per la pace in grado di agire politicamente per conto del Fsm. La divisione si è rivelata insanabile. Alla riunione conclusiva del Consiglio internazionale in Messico, la proposta di Francine Mestrum del Centre Tricontinental (Cetri) che il Fsm condannasse tutte le guerre, dopo un dibattito di tre ore, è stata respinta con la motivazione che il FSM come tale non era autorizzato a rilasciare dichiarazioni. Comunque, di guerra alla fine si è parlato. Scrive Leo Gabriel:
Oltre ai conflitti in e per la Palestina, nel Sahara occidentale e nei numerosi teatri di guerra in Africa, sono state affrontate anche le repressioni militari delle diverse ondate di profughi in Europa e nell’America centrale, riguardo alle quali gli “innovatori” insieme all’International Peace Bureau, il più antico movimento pacifista fortemente rappresentato anche in Germania, in vista del vertice Nato di fine giugno a Madrid, hanno approvato una dichiarazione dal titolo “Disarmo universale per una trasformazione socioecologica”. Il maggior impatto esterno però si è avuto dal proseguimento di un dialogo di pace in e per l’Ucraina. Tale dialogo aveva avuto luogo già nel FSM del 2016 a Tunisi tra i rappresentanti del Movimento contro la guerra di Kiev, allora caduti in disgrazia in patria, e i rappresentanti dei sindacati del Donbass. Anche quella volta due donne di Kiev, Nina Potarska e Natalija Weselowska, erano arrivate appositamente al Forum in aereo. Il fondatore di una rete pacifista, Juri Sheliazhenko, poté partecipare alla conversazione solo online, poiché è noto che agli uomini tra i diciotto e i sessanta anni è proibito lasciare il paese. Dall’altra parte del panel c’erano Andrei Kotschetow, un dirigente sindacale di Lugansk, e Andrei Kolganow, rappresentante del Forum sociale russo che si teneva a St. Pietroburgo contemporaneamente al Fsm. Già nelle dichiarazioni di apertura sono emerse interessanti proposte di politica pacifista: Juri, per esempio, ha menzionato alcuni gruppi di obiettori di coscienza formatisi in diverse parti del paese, mentre Kotschetow ha espresso sollievo per il fatto che ora il fronte non corresse più a qualche centinaio di metri da casa sua ma a cento chilometri.
Tuttavia, quando Kolganow ha affrontato le condizioni geopolitiche generali, come per esempio l’espansione a Est della Nato, Nina Potorska è esplosa: «Io qui mi sento come su un altro pianeta; qui si parla sempre solo di chi ha la colpa di questa guerra. Gli uni difendono una parte, e gli altri l’altra per spiegarla o giustificarla. A casa mia da molto tempo questa non è più una questione. Tutto quello che vogliono le persone nei rifugi antiaerei è che quest’inferno in cui ci troviamo finalmente finisca».
Queste alcune delle proposte portate all’incontro al Fsm dagli “innovatori”: neutralità dell’Ucraina, un’assemblea costituente che garantisca a tutte le regioni, ma in particolare al Donbass, il diritto di autodeterminazione, e un nuovo ordine di sicurezza europeo che includa la Russia.
[Questa pagina fa parte di Voci di pace, spazio web
di studi, documenti e testimonianze a cura di Bruna Bianchi]
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