
“Cicatrici” è un progetto fotografico che nasce dall’incontro tra Vera Sparatore fotografa attivista femminista e Patrizia Porcina psicologa perinatale presidente de Il Melograno Centro Informazione maternità e nascita di Monterotondo. Un punto di vista inusuale per narrare l’esperienza del parto: la cicatrice del taglio cesareo.
L’obiettivo del progetto è mostrare la cicatrice del corpo per raccontare le ferite visibili e invisibili, dar loro voce e prendersene cura. Il linguaggio fotografico viene utilizzato come strumento per porgere uno sguardo senza giudizio nei confronti del parto cesareo che, accanto alla gioia della nascita, porta spesso con sé un bagaglio di vissuti e di emozioni contrastanti legati ad esperienze inaspettate che possono minare e condizionare la percezione di sé e del proprio corpo.
L’incontro con ogni donna è stato un viaggio unico attraverso il racconto, l’ascolto e lo scambio alla pari, all’interno del quale, con un occhio discreto, empatico e rispettoso, lo scatto rappresenta lo specchio per conoscersi e riconoscersi in questo delicato momento della vita. Il momento nel quale il potere e l’espressione del femminile raggiungono il loro apice, sul piano fisico, emotivo e spirituale, è scenario ancora oggi di sopraffazione e discriminazione. Il parto continua a essere violato e calpestato, medicalizzato, spersonalizzato. All’interno dei sistemi sanitari, ancora con troppa frequenza, troviamo la forma più invisibile e naturalizzata di violenza contro le donne, definita violenza ostetrica. Un termine ancora poco conosciuto in Italia, apparso per la prima volta in Sud America per diffondersi gradualmente nel mondo anglosassone prima, nel resto dell’Europa poi. Con questa espressione ci si riferisce in particolare agli abusi subiti nell’ambito delle cure ostetrico-ginecologiche. Nonostante il nome, infatti, non si tratta di una violenza perpetrata solo dalle ostetriche, ma può interessare tutti gli specialisti che seguono la donna durante il travaglio. Inoltre il termine non riguarda i casi eccezionali di malasanità, ma procedure standard, eseguite normalmente, che possono tuttavia andare a ledere la dignità della partoriente.

Osservatorio sulla violenza ostetrica: l’indagine
In particolare, da un’indagine Doxa, realizzata insieme all’Osservatorio sulla violenza ostetrica su un campione di 5 milioni di donne in un arco temporale di 14 anni (2003-2017), risulta che:
- Il 21% delle madri intervistate dichiara di aver subito violenza ostetrica durante il parto;
- Il 99% ha partorito in ospedale, ma il 14% non lo sceglierebbe più, mentre un altro 14% sarebbe indeciso se tornare o meno nella stessa struttura per una seconda gravidanza;
- Il 32% dei parti è stato cesareo, di cui un 15% d’urgenza, un 14% programmato su indicazione medica e il 4% per una scelta personale;
- Il 41% delle donne intervistate ha dichiarato di aver subito pratiche lesive della propria dignità o integrità psicofisica;
- Il 33% non si è sentito adeguatamente assistito;
- Il 54% delle donne ha subito un’episiotomia, ovvero un intervento chirurgico che consiste nell’incisione del perineo volto ad allargare l’apertura vaginale per facilitare l’espulsione del bambino. Per il 61% questa pratica è avvenuta “a tradimento”, ovvero senza aver firmato il consenso informato. Il 15% di queste donne la considera una menomazione dei genitali.
Numeri, questi, che descrivono bene la complessità e i tanti volti del fenomeno. E benché tutte le leggi esaltino la libertà di scelta della donna, le pratiche assistenziali restano operatore-centriche. Le azioni e gli interventi di routine, negano alla donna partoriente l’autonomia che le spetta, la libertà di scelta, depotenziandola e questo significa trattare una donna solitamente sana (essendo le gravidanze fisiologiche più dell’80% dei casi) come se fosse una paziente e il parto e la gravidanza come malattie. Dimenticare, cioè, che gravidanza, parto, puerperio e allattamento, sono processi fisiologici complessi – biopsicosociali, culturali ed esistenziali – e non semplicemente eventi medici.

La nascita perde così quella connotazione di naturale esperienza del ciclo sessuale di una donna che come tale andrebbe vissuta intimamente, in un luogo protetto, lontano dai mille sguardi di persone sconosciute, in presenza di persone care, accompagnato con gentilezza, nel rispetto del tempo e nel ritmo di ogni donna.
Per limitare il dilagare della medicalizzazione del parto e le conseguenze negative di natura fisica, psichica ed emotiva sulle donne, nel 1985 l’OMS ha stilato delle raccomandazioni che costituiscono la carta dei diritti della partoriente. Si tratta di quindici punti che chiariscono quali sono i diritti delle donne che si apprestano a mettere al mondo una nuova vita. Molte mamme non conoscono i loro diritti quando vanno in ospedale, soprattutto al momento del parto. I corsi di preparazione dovrebbero servire anche a fare informazione, non solo sull’accudimento del bambino e su come prepararsi alla nascita. Le mamme dovrebbe capire che cosa desiderano per il loro parto, in base anche alla loro cultura, che cosa possono chiedere e a che cosa hanno diritto.
Violenza ostetrica in Italia: l’analisi del fenomeno
Quello che emerge da questa indagine è che, nonostante l’Italia abbia ospedali eccellenti e strutture sanitarie con un tasso di mortalità e di morbilità materna e neonatale tra i più bassi d’Europa, si registrano comunque una serie di pratiche, come l’alto tasso di cesarei, che fanno parlare di un eccesso di medicalizzazione.

Le Raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità in questo ambito risalgono al 1985 e riguardano proprio le modalità di assistenza al travaglio, al parto e al post-partum. Molte strutture sanitarie ignorano però queste indicazioni. Secondo l’Oms, in assenza di una precisa prescrizione medica, sono da evitare i seguenti comportamenti:
- il clistere;
- la depilazione;
- la rottura delle membrane;
- la posizione obbligata durante travaglio e parto;
- il digiuno e il divieto di bere;
- l’episiotomia;
- le spinte sulla pancia (manovra di Kristeller);
- il taglio precoce del cordone e la separazione della madre e del neonato dopo il parto.
Numerosi sono i movimenti civili e politici che si stanno sollevando per modificare questo sistema, numerose le denunce, le proteste e le rivendicazioni, che non possono più essere ignorate e taciute.
Il Melograno Centro Informazione Maternità e Nascita si unisce alle tante voci e attraverso la mostra fotografica “Cicatrici” inizia un percorso di sensibilizzazione con l’obiettivo di creare consapevolezza e informazione sul fenomeno della violenza ostetrica e portare avanti una cultura per una società della Cura.
Ogni donna ha il diritto inalienabile di accogliere la sua neonata e il suo neonato, nel pieno rispetto e riconoscimento delle proprie competenze e dei propri desideri, poiché è nel miracolo della nascita che troviamo i semi nascenti di una società fondata sul rispetto delle donne e dell’intera umanità.
La mostra sarà itinerante – per informazioni verasparatore75 at gmail.com – e a disposizione per ogni centro o luogo attinente alla nascita. Inaugurata domenica 26 marzo a Monterotondo (Il Melograno, via G. Pascoli 10), la mostra sarà visitabile venerdì 31 marzo, sabato 1 aprile e ancora venerdì 7 e sabato 8 aprile, sempre dalle ore 18 alle 20.
LEGGI ANCHE:
Lascia un commento