Un tempo mi succedeva con Carta e accade ancora oggi con Comune.
Ogni giorno, appena posso, vado su internet per informarmi su quel che sta succedendo in giro per il mondo. Consulto le mie varie fonti che ritengo autorevoli o perlomeno attendibili e la maggior parte delle volte la storia è la stessa: mi manca qualcosa, mi sfugge qualcosa, ma so che c’è.
Quindi ritorno da loro, dagli amici che da anni promuovono con tenacia, coraggio e sacrifici una preziosa narrazione dei fatti e delle istanze viventi, e trovo quel che cercavo. Se posso dare una definizione che renda l’idea, mi figuro questo orizzonte mediatico saturo di approssimate ridondanze come la prima pagina di un giornale piena di articoli tutti uguali o simili, ma privi dei necessari approfondimenti, accartocciata e gettata in terra, che se ti impegni a raccogliere e a lisciarne il foglio, e riesci addirittura ad ampliare sguardo, coscienze e cuore per leggere “tra le righe” di quelle notizie, nell’apparente bianco tra i capitoli del racconto vigente, scoprirai che c’è quell’altro modo di cui hai disperatamente bisogno.
Una volta si chiamava Carta e ora è Comune.
[Alessandro Ghebreigziabiher]
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