Non ci sono più parole per descrivere la distruzione di Gaza e del popolo palestinese, sono già state usate tutte nel corso dei 75 anni in cui si è compiuta la Nakba, la grande catastrofe della Palestina, della sua gente e della loro terra. Il governo israeliano non ha intenzione di fermarsi, la distruzione fisica dello stato palestinese non ha pietà per nessuno e per niente. Sono soprattutto le immagini dei palazzi, degli ospedali distrutti, dei corpi pure essi annientati, a parlare per le voci silenziate dai media, dai commenti di parte, dalle accuse di antisemitismo che vengono lanciate, come armi, verso chiunque provi a fare un ragionamento diverso rispetto al fatto, ormai è solo un fatto, che Israele vuole smantellare la Palestina definitivamente. Sembra pure che qualcosa possa muoversi, ma è successo già, ciclicamente, che si dicano cose per superare l’emergenza totale, la morte, ma i fatti positivi non ci sono, e continua solo ciò che garantisce la catastrofe.
Ma ci sono parole che hanno ancora un senso, anche perché non sono voci di strada, opinioni politiche partigiane: tra esse, quello che dice e scrive Francesca Albanese, ancora oggi Relatrice Speciale sui territori occupati per le Nazioni Unite ed eletta veramente da poco, dal maggio 2022. L’ONU l’ha scelta perché è una giurista ed è specializzata in Diritti Umani e in Diritto Internazionale, non è arrivata per caso a svolgere il ruolo che, nonostante tutta l’opposizione israeliana possibile insieme al mancato appoggio di grandi nazioni (tra cui l’Italia, il suo paese), riesce a svolgere con passione e precisione. Albanese ha scritto J’ACCUSE con Christian Elia, subito dopo il terribile attacco di Hamas del 7 ottobre e la disastrosa risposta israeliana a Gaza, in cui non ha dovuto fare altro che rendere ancora più pubblico quello che già aveva visto e scritto, lo schifo che era già accaduto. L’elenco dei misfatti israeliani è molto, molto lungo, motivo per cui è sotto accusa per genocidio secondo il giudizio della Corte Internazionale di Giustizia, oltre che di un colonialismo feroce, con conseguente apartheid e crudeli discriminazioni, verso la popolazione palestinese nella loro terra. Sì, questo è un punto nodale di quanto asserisce Albanese, che tutto parte dall’occupazione ormai non più temporanea della Palestina, costituita come Stato anche se non riconosciuta da buona parte della ricca Europa, Stati Uniti e relativi stati colonie, oltre che naturalmente da Israele. La cosa assurda che gli accordi di pace, raggiunti malamente a Oslo nel 1993, scrivevano proprio di due popoli in due stati, poi uno dei due ha cambiato politica, Rabin è stato ucciso da un pazzo ebreo durante una manifestazione per la pace a Tel Aviv (le cui parole d’ordine erano Sì alla pace, no alla violenza), eccetera eccetera eccetera. A partire dal fatto che la Palestina esiste, Albanese enumera, dall’occupazione militare del 1967 in poi, tutta la disumanizzazione di una popolazione da parte dello stato nemico, e stiamo parlando dei tanti delitti grandi e grandissimi che Israele compie da troppi anni, nella totale indifferenza del mondo.
Perché Albanese queste cose terribili le ha sempre dichiarate nei suoi rapporti per l’ONU, che sempre pubblici sono e sono stati, come lei questi fatti sono già stati riportati ufficialmente dai suoi predecessori: il triste elenco che fa in questo ultimo rapporto, così possiamo sempre definire la pubblicazione dello scorso novembre, sono crimini già noti, già accaduti tante volte, cento, mille, diecimila volte: si parla del tribunale militare per giudicare migliaia e migliaia di minori per crimini come tirare i sassi ai soldati israeliani, e Albanese parla di bambini anche di cinque anni; buttare giù case di notte, o bombardarle anche di giorno, occupare terreni e terreni per cacciare dinastie palestinesi dalla loro terra di famiglia perché ci vadano ebrei giunti dall’Ucraina, o dalla Russia, comunque cattivi, crudeli e armati come quelli nati in Israele. Si tratta di impedire cure vitali perché il malato o la malata sono di una religione diversa, quella musulmana, la risposta a tutte le angherie subite è anche tramite Hamas, ma non solo. La principale resistenza palestinese è vivere, nonostante tutto, continuare a fare figlie e figli che non possono essere registrati se non con il permesso dell’occupante, quell’infanzia cresciuta con la guerra dentro casa, ma ora la casa è stata distrutta come tutto a Gaza, ed è rimasta solo la morte.
È una guerra, quella israeliana contro il popolo palestinese, che sconvolge anche la vita della popolazione d’Israele. Ma la pena maggiore la pagano loro, in Palestina, e Albanese ripete il J’accuse che scrisse Emile Zola nel 1898 proprio per difendere un ebreo: come dice la giurista, incipit della celebre opera era “La verità prima di tutto”, e Albanese riporta i fatti, i dati certi e documentati, e sono statistiche orribili. Muoiono cento, mille volte di più i palestinesi, rispetto ai cittadini israeliani; sono uccisi anche dal fuoco amico, sia l’Autorità Palestinese che Hamas usano le stesse torture verso i propri conterranei. I corpi dei morti sono trattenuti, non sono sepolti come la religione prescrive, l’ennesima la vendetta di chi vuole appunto, un genocidio, non si rispettano le persone vive e quelle morte, se sono palestinesi.
Anche dopo questo J’accuse bisogna avere una risposta forte, bisogna fare la pace. Bisogna mantenere il livello mondiale di accordo, per questo è importante che si arrivi anche ad una punizione per chi tortura, per chi uccide, per chi punisce con le bombe ed il nulla ed è una carica di uno stato. È importante applicare la legge, e questa legge, dice che perseguitare la Palestina è un reato contro l’umanità, è una legge che esiste. Il lavoro di Francesca Albanese rimarrà lucido, trasparente, pur nella crudezza della sua denuncia che descrivere orrori senza appello.
Alla fine, anche lei è partigiana, perché la verità non accetta compromessi.
Francesca Albanese con Christian Elia – J’ACCUSE. RCS, Milano, 2023 €16
Anche questo libro è presente in alcune biblioteche italiane, soprattutto quelle che si occupano di questioni internazionali.
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Questo articolo fa parte di Granai per la mente, uno spazio dedicato ai libri a cura di Cristina Formica (sociologa femminista, da sempre attenta ai temi dell’antifascismo e dell’antirazzismo, è autrice di È capitato anche a me. Diario delle molestie nella vita di una donna, edito da Red Star Press)
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