

Quando a ottobre esce Fatti non avvenuti, persone mai esistite Gianfranco Monaca, astigiano, classe 1934, è già uno scrittore fecondo – con una decina di saggi di carattere religioso, sociologico e storico alle spalle – ma questo suo romanzo rappresenta una svolta e si segnala innanzitutto per l’originalità della genesi.
Un vecchio manoscritto “per tanti anni era rimasto su uno scaffale in studio, una vetrinetta fine Ottocento colma di liberi di ogni genere e fattura” ricorda il figlio Giampiero. Non conosco personalmente l’autore ma conosco bene il figlio e quanto mai suona vera la frase di Adriano Boido (nel romanzo alias dell’autore Gianfranco Monaca) quando dice: “Il vignaiolo non potrà mai essere sicuro che il figlio non risulti astemio”. Conoscendo Giampiero posso dire che il figlio questa volta ha seguito le orme del padre “ubriacandosi” fino all’estremo di giustizia e coerenza che sono evidentemente state a che la cifra della vita dell’autore.
Il libro prende le mosse dal terremoto d’Irpinia del novembre 1980 ed è il frutto di appunti scritti dall’autore nel 1981 e poi consegnati a quella vetrinetta fine Ottocento per più di quarant’anni. Il messaggio profetico di quest’opera di fantapolitica – ma “fanta” fino a un certo punto – è sorprendente. Ci sono tutti gli ingredienti dell’Italia di quel periodo ma anche di quella che sarebbe venuta dopo e che in quell’inizio anni Ottanta l’autore non poteva conoscere. Massoneria e militari, servizi deviati, terroristi e agitatori dell’uno e dell’altro versante politico, camorristi e partiti, e poi il papa, il presidente Pertini che emerge come un destabilizzante gigante da quel magma di intrallazzi e complotti, il terremoto che parre offrire occasioni d’oro a quel sottobosco di individui infarciti di stellette e cattive intenzioni. E poi ovviamente la povera gente che aveva subito il sisma e che rischiava di trovarsi al centro di un sommovimento ancora più grande.

I personaggi in gioco, ben tratteggiati anche nella loro individualità con notevole estro introspettivo e talora con ficcante ironia, sono davvero tanti e tra di loto ci sono Adriano Boido e la saggia moglie Nina, il figlio Paolo e i colleghi di lavoro tra cui quel D’Onofrio che costituisce l’anello di congiunzione con il dramma irpino.
Ogni capitolo si apre con l’originale sunto di “fatti” e “persone” che sarebbero stati al centro della narrazione. Lo stile è efficace, la narrazione è fatta di frasi brevi e ben congegnate. L’arrivo alla fine di ogni capitolo spalanca immediatamente il desiderio di approcciarsi al successivo.

I piani di lettura sono molteplici e vanno dal giallo fantapolitico alla pungente riflessione sull’Italia del tempo che fu e che sarebbe stata fino al piano autobiografico che introduce a una dimensione intima fino alla sapiente e personale descrizione di fatti e personaggi.
Il romanzo ha spiccati tratti di originalità tuttavia riecheggiano in diversi passi il Leonardo Sciascia di Morte dell’inquisitore o lo stile autobiografico di Annie Ernaux. Sicuramente un romanzo stupefacente da leggere tutto d’un fiato ma allo stesso tempo un libro che probabilmente vorrete leggere due volte: la prima per immergervi nella trama, la seconda per comprendere la storia. Fino al finale che – come promette la retrocopertina – porta davvero con sé una sconvolgente sorpresa.
Lo leggerò sicuramente. Nel campo della narrativa consiglio caldamente “I terremotati” di Giovanni Iozzoli, Manifestolibri, 2009