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Quattro idee per il commissario Bondi

Paolo Piacentini
04 Maggio 2012
Una proposta: scriviamo a Monti e al nuovo super commissario Bondi e diciamogli che la manutenzione ordinaria del territorio, il presidio compatibile della montagna (nella foto, il Terminillo), sono le uniche «infrastrutture che vogliamo», le uniche che fanno risparmiare davvero tanti soldi pubblici.
Vogliamo risparmiare nei ministeri? Stabilizziamo tutti i precari senza farli lavorare sfruttati da società esterne. Nel settore ambientale ci sono professionalità che possono dare un grande contributo enorme in termini di progettualità e monitotraggio. Se i dipendenti pubblici vengono impegnati per dare sicurezza sociale e ambientale all’Italia non c’è bisogno di andare giù con la mannaia. Se si recupera tantissimo dall’evasione fiscale e si approvano finanziare che danno centralità alla contabilità ambientale le risorse ci sono per tutti.
E ancora: sviluppiamo il telelavoro in modo da ridurre la necessità di grandi ed inutili spostamenti che aumentano incidenti ed inquinamento; queste politiche non fanno ridurre le spese? Certo che incidono e pesantemente, ci sono studi europei interessanti.
Vogliamo creare un giusto turn over? Diamo la possibilità a chi vuole uscire prima con uno stipendio basso di poterlo fare, magari si dedica ad un’attività socialmente o ambientalmente utile e facciamo entrare i precari iper-specializzati.  La vera grande innovazione è quella di dare al sistema Italia gli strumenti tecnologici e di governance che mettono in rete le piccole attività virtuose che ripartono dal valore inestimabile di un paesaggio unico al mondo, dalla creatività di chi ha deciso di ripartire dalle risorse del territorio senza sfruttarle ma semplicemente valorizzandole.
Insomma facciamo sentire la nostra voce, di chi ha scelto di ripartire dal bene comune «territorio». Facciamola sentire con la forza della ragione e del sogno. E perchè no, un pizzico di sana follia. Facciamolo senza demagogia cercando di parlare a tutti, con una radicalità che non vuol dire urlare in faccia all’altro, ma che mette in campo la forza della conoscenza e dell’esperienza. Pensare di cambiare il mondo urlando ma senza rimettere in campo un vero capovolgimento culturale non porta da nessuna parte. Mi piace pensare a un mondo in cui vinca la forza dell’utopia: dobbiamo trovare dentro di noi e nell’impegno sociale la forza di andare verso quel mondo inedito di cui parlava Ernesto Balducci, un mondo nuovo non si può costruire con la politica urlata dei demagoghi ma con chi ha la forza e il coraggio di chi si impone, a severa disciplina della conoscenza, del rispetto della legalità e quando è necessario dell’obiezione di coscenza, quando il bene pubblico viene calpestato per interessi privati….

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