Una delle più belle è la scuola Màgoria, piccola e molto familiare, dove si persegue una filosofia di vicinanza e affettività basata sul contatto fisico ed emotivo. Jaime González, che la dirige e l’ha fondata, spiega quella pedagogia con altre parole: il bambino non è un recipiente da riempire, è un fuoco che si accende. Le cooperative di insegnamento hanno una lunga tradizione in Catalogna. L’hanno ereditata dalle scuole nate nel periodo che precedette il franchismo ma sono sempre rimaste un po’ in ombra. Eppure, oltre a essere fondate su pratiche inclusive e principi democratici e condivisi, potrebbero indicare una delle vie percorribili per una gestione diversa, sostenibile, partecipata, forse pronta a uscire dall’ombra
di Jofre Figueras
Insegnare ai bambini e alle bambine a lavorare assieme è uno degli obiettivi principali che ogni maestro persegue. Ciononostante, quando è l’ora di dare il buon esempio, la collettività scolastica raramente coopera su tutta la linea. Per ritrovare questo legame anche nella pratica, bisogna guardare alle cooperative di insegnamento, un modello di scuola minoritario e poco conosciuto che nonostante tutto si mantiene vivo in Catalogna.
Le cooperative di insegnamento sono scuole che vengono gestite come società cooperative. Ciò significa, a grandi linee, che la proprietà è condivisa tra una parte o la totalità dei suoi soci e che l’organizzazione non ha fini di lucro. L’origine di questo modello risale alle scuole sorte nel periodo della Seconda Repubblica, progressiste ed ispirate a principi di libertà, oltre che legate a modelli di pedagogia attiva.
Verso la fine del periodo franchista rinacquero sotto la forma di cooperative autogestite, grazie allo sforzo di famiglie ed insegnanti critici nei confronti dell’educazione impartita sotto il regime. Una volta ristabilita la democrazia, molte di queste scuole cambiarono modello di gestione e si integrarono nella rete di scuole pubbliche. Le poche cooperative scolastiche che si erano mantenute in regime di “titolarità concertata”, che si reggevano cioè su fondi sia privati che pubblici, sono più o meno le stesse che sono rimaste attive fino ad ora. Per questo Joan Segarra, presidente della FeCEC, assicura: “Ci sentiamo molto vicini al modello di scuola pubblica”.
La FeCEC è la federazione delle cooperative scolastiche della Catalogna, entità che raggruppa le scuole cooperative della regione. Le sue funzioni sono quelle di difendere gli interessi di queste scuole nei confronti dell’amministrazione e di stimolare le occasioni di scambio. Per questo ogni anno si fa promotrice di giornate di formazione per i docenti e di “giochi floreali” (concorsi di poesia della tradizione occitana e catalana) cooperativi. La FeCEC sta inoltre collaborando con il programma Aracoop, un accordo firmato con il Dipartimento per l’Impresa e l’Occupazione della Generalitat (il governo regionale catalano) per sostenere la creazione di cooperative di alunni.
Il modello misto
Tra le scuole cooperative se ne trovano alcune ancora più particolari: sono le cosiddette cooperative miste, formate da insegnanti e genitori, e in alcuni casi anche da tutto il personale di servizio della scuola. Le più diffuse sono invece composte unicamente da insegnanti (cooperative di lavoro associato) o da genitori (cooperative di utenti).
Un esempio di cooperativa mista è la scuola Magòria del quartiere di Sants a Barcellona. Qui la collaborazione tra genitori e insegnanti è totale, ma allo stesso tempo vengono delimitati chiaramente i confini tra le due parti: i genitori si incaricano della gestione economica e gli insegnanti della parte pedagogica. Tutte le questioni vengono discusse dal consiglio direttivo, che è l’organo rappresentativo e di governo del centro scolastico, e vengono poi sottomesse alla volontà dell’assemblea cui partecipano tutti i soci: genitori, docenti e lavoratori hanno diritto di parola e di voto.
Si tratta di una scuola piccola e molto familiare, elemento che accomuna i centri educativi di questo tipo. Secondo Dani Mateos, professore e vicepresidente del consiglio direttivo, si persegue “una filosofia di vicinanza e affettività, basata sul contatto fisico ed emotivo”. Questa è la base della pedagogia della scuola. Nelle parole del suo direttore e fondatore, Jaime González, il bambino non è un recipiente che si riempie, è un fuoco che si accende”.
Gli ex-alunni della scuola Magòria ricordano bene l’esame della sesta elementare. Una sola domanda alla fine del percorso: “Vuoi fare l’esame?”.
I professori potenziano l’iniziativa personale e rispettano il ritmo di apprendimento di ogni alunno. Come sottolinea Jaume Chancho, ex alunno della scuola: “Usciamo con un livello scolastico un po’ inferiore, ma siamo molto più svegli”. La maggioranza degli alunni, infatti, non ha difficoltà a superare le prove di competenze di base con buoni voti.
Una prova del forte attaccamento degli alunni alla loro scuola è, ad esempio, il coinvolgimento di cinque ex-alunni che ora lavorano come insegnanti presso la scuola Màgoria. “Una parte di ogni bambino rimane dentro la scuola e questo fa sì che qualcuno torni”, dice Miquel Rius, maestro di educazione artistica.
Il valore del consenso.
“Cerchiamo e perseguiamo il consenso” segnala Xavier Riera, professore di scuola secondaria e presidente della cooperativa “Scuola Grèvol”, situata nel quartiere barcellonese del Poblenou. Il dialogo e l’accordo sono i pilastri che marcano la principale differenza tra queste e le altre scuole. Gli interessi di genitori ed insegnanti non sempre vanno nella stessa direzione, ammette Riera, ma visto che la proprietà ricade su entrambe le parti, la ricerca del consenso è obbligata.
La cooperativa è stata lo strumento che ha permesso a questa scuola di sopravvivere. Nel 1995 la situazione era critica: situata in un condominio della zona, la scuola dovette chiudere perché non rispettava i requisiti della nuova legge nazionale sull’istruzione approvata dal partito socialista, la LOGSE. L’unica alternativa era ricominciare da zero. E così fu.
Tutte le persone coinvolte, circa 400 tra insegnanti e famiglie, cominciarono la costruzione di un nuovo edificio su un terreno in affitto nel carrer Provençals.
Affinché il progetto fosse fattibile venne costituita una cooperativa e tutti i soci del centro scolastico fornirono la metà delle risorse necessarie. Nel 1997 la nuova scuola era già realtà. Attualmente, dopo altri tre ampliamenti terminati nel 2011, la scuola è già più che consolidata.
Si tratta di un centro moderno in una situazione privilegiata, in cui si è arrivati ad avere due classi per ogni livello.
Come la scuola Magòria, anche questa è una cooperativa mista, ma in questo caso il personale di servizio non è incluso tra i soci. Queste differenze strutturali tra le cooperative sono frutto di un quadro giuridico molto flessibile, che può essere adattato ai requisiti di ognuna di esse. Gli organi amministrativi, però, sono comuni a tutte. Nel caso della scuola Grèvol, gli insegnanti hanno più peso rispetto ai genitori nel consiglio direttivo, visto che per essere soci devono contribuire con maggiore capitale sociale. Quando un socio si ritira si riappropria del capitale versato, in modo che alla fine non c’è alcuna quota d’iscrizione a carico delle famiglie.
Nella struttura orizzontale di questa cooperativa, il consiglio direttivo è la faccia visibile dell’organizzazione. I suoi compiti sono quelli di gestire le risorse economiche e di nominare l’equipe direttiva attraverso un processo democratico che coinvolge tutti gli insegnanti. La direzione, da parte sua, si occupa dell’ambito accademico e della comunicazione con le famiglie.
Il consiglio direttivo ha l’obbligo di fare un rendiconto economico una volta all’anno davanti ai genitori e all’assemblea, fatto che dimostra una fiducia mutua, come racconta Xavier Riera. Questa trasparenza è legata alla pedagogia della cooperativa. In questo modo “i genitori possono valutare se la quota che pagano è equa”, aggiunge.
A livello di insegnamento non ci sono grandi differenze con le altre scuole, dato che bisogna seguire i programmi emanati dal dipartimento d’istruzione. In ogni caso i valori del cooperativismo e lavoro in gruppo sono ben presenti, così come i corsi di “imprenditorialità”. La scuola è pioniera nell’insegnamento di questa materia che è servita come un modello di riferimento per la Generalitat.
Nonostante questo, il margine di manovra nell’insegnamento è ridotto. Nei cicli infantili certamente c’è più spazio per trattare aspetti meno tradizionali, come le emozioni o l’espressività, che sono tra i punti forti della scuola. In corsi più avanzati, invece, si fa sentire la pressione dei genitori e dei programmi convenzionali per gli studi superiori. “La parte di intelligenza emotiva funziona molto bene, ma se il modello di studi superiori non cambia, non serve a molto” sottolinea Riera, che riconosce come “si debbano ancora cercare equilibri” in questo senso.
Padri e madri coinvolti.
L’educazione, come è evidente, ha un valore sociale fondamentale e trasformatore. Ci sono genitori che sono molto coscienti di ciò, e vogliono dunque collaborare al massimo nel processo di formazione dei loro figli. Le scuole cooperative cercano di ampliare lo spazio di partecipazione che queste famiglie desiderano, ben oltre l’AMPA (Associazione di Madri e Padri di Alunni) presente in una scuola convenzionale.
“La cooperativa è un modello di scuola in cui ha poco senso un’AMPA—afferma Xavier Riera— perché i genitori sono già molto ben rappresentati”. Ciononostante molte cooperative, come la scuola Grèvol, ce l’hanno “per tradizione”. Non è il caso della scuola Magòria, dove le famiglie partecipano direttamente all’interno degli organi di governo e in commissioni di lavoro. Qui “i genitori non si limitano ad organizzare attività extrascolastiche”—assicura il direttore, ma—“hanno un potere decisionale reale”. Questo è ad esempio il caso di Antoni Chancho, padre di Jaume e Ramon, che è stato il tesoriere della scuola nel periodo in cui era frequentata dai suoi figli. Inoltre, le dimensioni ridotte di questa scuola facilitano la relazione diretta e il fatto che le famiglie siano coinvolte in molti altri aspetti, come ad esempio donando alla scuola elementi di arredo.
Guardando al futuro
Ma davvero sono poco conosciute le cooperative scolastiche? “C’è molta gente che ci va e non sa che si tratta di scuole cooperative”, ammette Joan Segarra. Presso la FeCEC sono coscienti che queste sono ancora un fenomeno poco diffuso, e perciò si pongono come sfida prioritaria il fatto di farsi conoscere. “Abbiamo già delle campagne in marcia”, spiega il direttore.
Effettivamente si potrebbe pensare che le cooperative abbiano poco futuro in una società sempre più improntata all’individualismo. Xavier Riera fornisce invece una lettura molto differente: “Sembra che la società si stia evolvendo verso un funzionamento sempre più assembleare, dove la cooperativa si incastra alla perfezione, come il pezzo di un puzzle”. Secondo questo insegnante, il modello assembleare sta prendendo piede e può avere molta forza. Al di là dei possibili luoghi comuni riguardanti queste scuole, Dani Mateos sottolinea come la sua scuola “non sia tanto hippy come sembra”.
Jaime González è ancora più deciso e fa un passo ulteriore. Questo docente sostiene l’idea che “la parte di tassazione che paghiamo per l’istruzione ritorni alle scuole autogestite attraverso i diretti interessati: i padri e le madri”. Così facendo ci sarebbero meno corruzione e tagli di spesa, e si darebbe nuova dignità all’educazione ed ai suoi professionisti. In altre parole, González si pone come difensore di un sistema educativo totalmente pubblico e autogestito.
In conclusione, le cooperative scolastiche sembrano davvero una scommessa a favore della comunicazione e della reciprocità in tutte le fasi del processo educativo. Basate su principi democratici, esse potenziano le istanze inclusive del cooperativismo attraverso pratiche reali, non solo con la teoria. Inoltre tali cooperative rappresentano nel contesto attuale un modello economico sostenibile, oltre che stabile, grazie all’impegno dei loro soci. Pertanto non è strano che anche nuovi progetti pedagogici privati utilizzino la cooperativa come forma di gestione. In definitiva, si tratta decisamente di un’alternativa educativa pronta per uscire dall’ombra.
Fonte: Directa
La Directa è un gran bel mezzo d’informazione cartaceo e web di attualità, inchiesta, dibattito e analisi. E’ scritto in catalano, è indipendente e si propone di esercitare la funzione sociale di potenziare le alternative e di denunciare gli abusi e le ingiustizie. Esiste dal 2006 e si avvale di una fitta rete di corrispondenti e collaboratori in tutto il mondo. Ogni mese arriva a duemila abbonati che sostengono in modo volontario il progetto autogestito in modo assembleare. Qui un’ Intervista video con la Directa
Titolo originale: Escola cooperativa, un model a l’ombra
Traduzione per Comune-info: Michela Giovannini
Lascia un commento