Nel bar di Delia, in via Sir Hanbury 14, vicino alla stazione di Ventimiglia, si pratica un’idea di accoglienza ed un’altra umanità possibile. All’interno, giocano i bambini e si svolgono attività di aiuto alle persone in transito e quindi in stato di necessità, in particolare donne e bambini – italiani o stranieri non importa – che se non possono farlo, non pagano le consumazioni che servono a nutrirsi e dissetarsi. Il bar Hobbit è sottoposto a una campagna di diffamazione e di boicottaggio da parte della popolazione xenofoba di Ventimiglia. Rischia di chiudere
di Pressenza
Tutto è iniziato nell’estate del 2015, quando Delia ha visto delle donne con dei bambini che piangevano e dormivano sul marciapiede di fronte al suo bar, tra la stazione e gli uffici comunali di Ventimiglia. Li ha raggiunti e invitati a entrare per riposarsi un po’, mangiare qualcosa e cambiarsi.
Oggi nel bagno del bar c’è uno spazio per cambiare bambini e bambine con pannolini, assorbenti per le donne, spazzolini e dentifrici da viaggio. Delia raccoglie giocattoli usati e dentro il suo bar ha uno spazio giochi dedicata proprio all’infanzia. Non se la sente di chiedere soldi a chi a stento ha le scarpe per camminare. Si sparge la voce che il suo bar è un posto dove donne e bambini in stato di bisogno possono mangiare senza pagare e le persone migranti possono caricare i telefonini gratis.
Ora in questo bar si incrociano lingue, storie di violenza, racconti e ferite, vere e dell’anima. Racconti di donne, con la testa spaccata con le pietre e i tagli sul braccio per il rifiuto a prostituirsi per passare la frontiera. Il suo bar è stato marchiato come ”bar dei migranti”, boicottato dalla gente xenofoba di Ventimiglia, ignorato dai rappresentanti delle Istituzioni e della Chiesa.
Neanche gli sputi in faccia e le battute violentemente sessiste “mi faccio i negroni e faccio i negroni” l’hanno fermata. Quello che la muove è il desiderio di restare una persona umana. L’unico sostegno che riceve Delia è quello dei volontari NO borders, del progetto 20 k, dell’associazione Penelope, del Sister Group di Non Una Di Meno che a Ventimiglia si occupano di donne. Una storia di Resistenza contro la barbarie della disumanità che Delia sta pagando con un prezzo altissimo, visto che rischia un vero e proprio fallimento.
Sosteniamo Delia, andiamo a prendere il caffè nel suo bar, creiamo una rete solidale intorno a lei. Delia ha accolto il nostro invito a sostenere la campagna LuchaySiestanonsivende con la foto della casetta. Continuava a ringraziarci per il lavoro che stiamo facendo come movimento NUDM contro la violenza sulle donne e la violenza di genere. Grazie a te, Delia, e grazie a chi ancora in mezzo alla barbarie crede ancora nell’umanità.
Chi volesse partecipare a una raccolta fondi di sostegno a Delia trova qui le indicazioni per contribuire
Audiovideo
Lascia un commento