
di Paolo Cacciari*
È ufficiale: Nasa (National Aeronautics and Space Administration) e Noaa (National Oceanic and Atmospheric Administration) hanno confermato che il 2014 è stato l’anno più caldo da quando sono iniziate le misurazioni scientifiche globali (leggi anche Antartide, mai così calda di Maria Rita D’Orsogna, ndr). E non poteva essere diversamente. Le concentrazioni di anidride carbonica in atmosfera continuano a crescere; quest’anno raggiungeranno la soglia media globale delle 400 parti per milione. Per trovare una composizione chimica simile bisogna risalire a quattro o cinque milioni di anni fa, quando le temperature erano molto più elevate e i mari almeno venti metri più alti.
La mappa dell’agenzia americana Noaa indica l’Europa e il Mediterraneo tra le aree più calde del pianeta. Conseguenza ovvia la tropicalizzazione del clima. La maggiore energia accelera il ciclo dell’acqua provocando sempre più frequenti nubifragi, bufere, tempeste, trombe d’aria e le devastanti “bombe d’acqua”. A ciò aggiungiamo abbandono rurale, incuria, impermeabilizzazione dei terreni e otteniamo il generalizzato dissesto idrogeografico italiano: alluvioni e frane.
Maltempo e malpaese alleati provocano a ogni cambio di stagione vittime e danni enormi. In attesa dell’unica “grande opera” che servirebbe all’Italia – un piano organico e dettagliato per bacini fluviali di messa in sicurezza degli argini, dei dirupi e delle coste – le popolazioni colpite dai ricorrenti disastri ambientali, riunite in svariati comitati e associazioni, non si sono scoraggiate e hanno avuto la forza di mettersi assieme e dare vita a una Rete nazionale delle comunità dei fiumi denominata: Mai più bombe d’acqua e disastri ambientali nelle arre a rischio idrogeologico (http://maipiu.eu/). Sono i cittadini che vediamo apparire in televisione con pale, stivali e sacchetti di sabbia il giorno delle esondazioni e di cui poi nessuno si occupa più. Sono i plurialluvionati del fiume Magra a Spezia e Massa Carrara, del Calore in Irpinia, del fiume Secchia nel modenese, delle Terre Joniche, dell’Isola d’Elba, di Genova, della Sardegna, della Sicilia, dell’Emilia Romagna, del Veneto. Devono battersi per ottenere le opere di presidio più urgenti, per riscuotere qualche euro di risarcimento, per dare la sveglia a Comuni, Autorità di bacino, Regioni, Governo per la applicazione della Direttiva europea 2007/60 sui rischi idraulici. Ad essi si sono aggiunti anche i Cittadini per la memoria del Vajont. La più grande testimonianza di ciò a cui conduce l’avidità umana.
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