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Piantava fagiolini in un campo imputridito

Marco Boschini
18 Agosto 2015

Si chiamava Ioan Puscasu. E’ morto d’infarto, cioè di fatica e di caldo, cioè di lavoro. Si è sentito male mentre piantava fagiolini per quattro euro e mezzo l’ora sotto una serra di nylon alle porte di Carmagnola, a due passi da Torino. A Botosani, la città rumena da cui veniva ogni anno in Italia, di lavoro non ce n’è. Qui, come bracciante stagionale, sperava di poter guadagnare qualcosa in più per vivere meglio 

Campesino_2
foto: pulsoslp

di Marco Boschini

Piantava fagiolini. Per quattro euro l’ora. Senza contratto, senza tutele, senza diritti. A due passi da una delle città più importanti d’Italia, Torino. Più simboliche, anche. Di un certo modello decaduto di sviluppo.

Piantava fagiolini con turni di lavoro di 12, 14 ore al giorno. Per quattro euro e mezzo l’ora. E’ l’Italia, bellezza, e in quest’Italia senza diritto di cittadinanza, per l’uguaglianza, si muore di schiavitù. Nel silenzio e nell’ignavia di chi non vuol vedere.

E’ il Paese che lascia inabissare uomini a mare, che grida all’invasione di stranieri che poi spreme, fino al midollo, affittando loro buchi di stanze in nero, scopando le loro donne agli angoli delle strade, mandando ragazzini a spacciare la loro merda bianca.

E’ il Paese idiota, senza memoria, che vota sempre gli stessi razzisti da vent’anni, come fossero l’unica prospettiva possibile di un cambiamento che non arriva mai.

Piantava fagiolini, e tutto il resto che i nostri campi stanchi di pesticidi accolgo ogni anno, da febbraio a novembre. Poi tornava in Romania, dalla famiglia. E’ morto d’infarto, per il caldo, in una delle tante serre che incorniciano un modo di essere mondo che fa schifo.

Un mondo che imputridisce nei diritti negati. Che muore, lentamente, in una società al collasso. In deficit di umanità.

Fonte: il blog di Marco Boschini

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