
di Emilia De Rienzo*
Non si perde e non si vince mai nulla, si può perdere e non essere sconfitti, si può vincere e essere perdenti. Il metro di misura è quanto acquistiamo o perdiamo in umanità, in sensibilità, nella capacità o meno di diventare anticorpi in una società in cui il virus del male cerca sempre di espandersi.
Diciamo basta alle generalizzazioni, che chiudono noi e gli altri in una gabbia. Diciamo basta a quel linguaggio che divide, che non sa mettersi in dialogo, che vuole prevalere sull’altro, che non sa mettersi in discussione. Diciamo basta a chi crede di avere la verità in tasca. Non esistono parole definitive sulle cose, né tanto meno sulle persone.
Ricominciamo là dove siamo. Ricominciamo dalla gentilezza. Ricominciamo dal sospendere i giudizi e apriamoci all’ascolto. Ricominciamo dal sorriso. Ricominciamo dall’attenzione. Ricominciamo dall’avere la capacità di scegliere ciò che ci sembra giusto anche se non sempre è conveniente. Ricominciamo dal prenderci cura l’uno dell’altro.
Cerchiamo di guardare i nostri errori, invece di sottolineare solo quello degli altri. Cerchiamo di esercitare la pazienza, di ricordare che la speranza non è illusione, ma un antidoto contro chi vorrebbe che smettessimo di lottare. Cerchiamo di partire dalle piccole cose, dai nostri più piccoli atteggiamenti, cerchiamo di coltivare con molta cura la nostra umanità.
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Cerchiamo di essere madri, padri che dialogano con i loro figli. Non trasmettiamo loro la paura del futuro, aiutiamoli a credere nel cambiamento, educhiamoli al rispetto dell’altro, lasciamoli attraversare la vita con fiducia, rispettiamo i loro tempi, anche quando sono lenti, anche quando rallentano la nostra vita. Cerchiamo ovunque siamo di creare comunità, di aprire le porte delle nostre case, di rompere le isole di solitudine che questa società è stata così brava a creare. Ricordiamoci che non siamo giovani, adulti o vecchi, ma siamo tutti esseri umani e abbiamo bisogno uno dell’altro.
Rompiamo le barriere della diffidenza, spezziamo la gabbia della paura, dividiamo quello che abbiamo, accettiamo l’aiuto di chi ce lo vuol dare. Ricordiamoci che la terra non è nostra, che in qualche modo c’è stata donata, che dobbiamo rispettarla e averne cura.
Cerchiamo di trasformare ogni nostra sconfitta in un risveglio. Come dice Marìa Zambrano:
L’unico rimedio a tutte le condanne e gli errori del passato è il futuro, se si fa in modo che questo futuro non sia una ripetizione del passato, una replica del passato, se si fa in modo che sia futuro davvero… Perché l’uomo può avere un posto nella storia in varie maniere: passivamente o in forma attiva. Il che si realizza pienamente solo quando si accetta la responsabilità o quando la si vive moralmente.
Smettiamo di pensare che tutto succeda senza che noi possiamo fare nulla, scivolando sugli eventi come se noi non esistessimo. Cerchiamo di vivere “in stato di allerta”, sentendoci parte della storia che viviamo,
di tutto ciò che accade intorno a noi e diventiamo anche solo minuscoli attori nella trama della storia così come nella trama della vita di tutti gli uomini. Non è il destino, ma semplicemente la comunità, la convivenza, quello in cui ci sentiamo avvolti: sappiamo di convivere con tutti gli uomini che vivono qui, e anche con tutti gli uomini che qui vissero un tempo. Il pianeta intero è la nostra casa.
Ci vogliono chiudere dentro una fortezza chiusa, ci dicono che così saremo al sicuro. Ci dicono che pensano a noi, che non lasceranno che altri ci rubino quello che abbiamo.
In realtà ci stanno chiudendo nella gabbia della Solitudine, ma dentro di noi lo sappiamo:
Sappiamo che esistono altri “qualcuno” come noi, altri “uno” come noi. la perdita di questa coscienza di vivere in analogia con gli altri, di essere un’unità in una dimensione in cui ne esistono altre, porta alla follia.
La storia ci dovrebbe insegnare cosa succede quando ci chiudono dentro la gabbia del timore dell’altro, cercando di dare risposte certe a quella confusione e inquietudine che a volte ci fa paura. Scrive Rainer Maria Rilke: “Conviene tenere caro quel disordine che costringe a fermarci, intrattenerci con nuove domande e a cercare risposte che non intravediamo ancora…”.
*Insegnante. Qui altri suoi articoli. Ha aderito alla campagna Un mondo nuovo comincia da qui. Cura questo blog e, insieme ad altri e altre, il sito dell’associazione ArsDiapason.
Una richiesta. Chiedo gentilmente se è possibile conoscere la fonte della citazione da Rilke: “Conviene tenere caro quel disordine che costringe a fermarci, intrattenerci con nuove domande e a cercare risposte che non intravediamo ancora…”.
… per poterla citare!
Grazie