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di centro sociale di Sans Papiers e Scup (Sport e cultura popolare)
Benvenuti a San Giovanni. Vogliamo accompagnarvi in una passeggiata lungo viale Castrense, a due passi dalla Basilica Lateranense.
Il nostro percorso inizia con il Castro occupato, l’edificio di via Caltagirone di proprietà del principe Vaselli. Dal 2003 era sede di alloggi per l’emergenza abitativa, dopo l’occupazione dei movimenti per l’abitare e la sua trasformazione in residence durante l’amministrazione Veltroni. Da qualche giorno lo stabile è chiuso e controllato da sorveglianti, un luogo svuotato delle famiglie che ci abitavano e delle relazioni sociali che aveva accumulato nel territorio in oltre dieci anni di esistenza.
Abbiamo iniziato da qui perché dallo stabile di via Caltagirone, all’uscita della Tangenziale est, si ha un nitido panorama di quel pezzo di città che vi vogliamo raccontare: dalla Chiesa di Santa Croce di Gerusalemme alle statue della Basilica più antica di Roma, lungo il serpente delle Mura Aureliane, mentre su viale Castrense scorre l’interminabile e frastornante flusso di auto. Si tratta di un fazzoletto di territorio, tra il primo e il settimo municipio. Una sorta di periferia del centro, suo malgrado emblematico della mala gestione del territorio romano. Immagine viva di come un territorio possa essere desertificato dalla connivenza tra amministratori e speculatori, e allo stesso tempo essere terreno di esperienze di contrasto alla speculazione e sperimentazioni di gestione e valorizzazione dal basso.
Scup: da via Nola a via della Stazione Tuscolana, passando per Best House Rom
All’angolo con via Nola 5, troviamo un primo esempio di furia speculativa. Il 19 novembre 2015 sono terminati i lavori di messa in inagibilità dell’immobile, ora ridotto a uno scheletro, iniziati il 7 maggio con lo sgombero di Scup, con tanto di ruspe e spiegamento di forze dell’ordine (a Scup c’era pura una stanzetta messa a disposizione delle redazione di Comune).
Tra il 2012 e il 2015 con il progetto di Scup (Sport e cultura popolare), cittadini, istruttori sportivi, attivisti e operatori culturali avevano trasformato in un centro polifunzionale di servizi sportivi e culturale uno stabile abbandonato, una volta sede della Motorizzazione civile. Lo stabile era di proprietà pubblica fino a qualche anno fa, quando il Fip (Fondo Immobili Pubblici) decise di svenderlo insieme a molti altri pezzi di patrimonio romano. Finì nelle mani della F&F immobiliare, i cui titolari risultano proprietari anche del controverso stabile conosciuto come Best House Rom: un centro d’accoglienza, chiuso il 1 dicembre 2015 dopo numerose denunce ed esposti tra cui anche quello della Commissione Diritti Umani del senato, che ha denunciato le disastrose condizioni di vita nella struttura.
Viale Castrense 48: gli spazi per i giovani dell’ex IX Municipio
Restiamo su viale Castrense, perché a pochi passi da ciò che rimane di Scup, c’è un posto che ha avuto anch’esso una storia controversa: i due fabbricati al civico 48. A sentire il Municipio, dovrebbe essere di sua proprietà, tant’è che ci fu indicato anni or sono come possibile risposta alla richiesta formale di spazi di aggregazione per i giovani del territorio. Purtroppo la situazione di allora non consentiva questo passaggio. I due prefabbricati in questione erano infatti un cumulo di macerie: un incendio li aveva distrutti quando erano sede delle attività di Porte Aperte, punto di ritrovo di gruppi di estrema destra, a cui poi fu trovata, nuova sede, e da allora sono state in stato di abbandono.
Nel corso degli anni il Municipio ha avuto modo di risistemare quegli spazi. Ormai ristrutturato, lo stabile è stato dunque assegnato, ma non c’è traccia del bando. Una parte dell’edificio risulta essere sede di varie associazioni. Un secondo padiglione, invece, forse ispirandosi a Scup, tanto difeso in campagna elettorale, diventerà sede dei corsi di Bartender’s Italia, che alla cifra di 300 euro a settimana daranno l’opportunità ai giovani del quartiere di diventare bravi barman. Un’interpretazione dell’uso sociale di quegli spazi, ventilato anni prima dal Municipio.
Sulle ceneri di Mafia Capitale: il centro d’accoglienza di viale Castrense
Continuiamo con la nostra passeggiata. Proseguendo per questo camposanto dell’urbanistica romana, dove nulla sembra durare più di una tornata elettorale, arriviamo finalmente al capolavoro degli ultimi mesi, il luogo che di nuovo porterà le telecamere dei telegiornali nazionali ad interessarsi a viale Castrense: il centro d’accoglienza “Associazione il Ponte”.
È infatti uno dei luoghi in cui ha lavorato alacremente il sodalizio di Mafia Capitale, dove il business sull’accoglienza dei rifugiati fruttava meglio della droga (cit.). Al di là della favola raccontata da Salvini sui 20 euro al giorno che finivano nelle tasche dei rifugiati, i soldi andavano invece alla cooperativa, che offriva servizi pessimi agli ospiti del centro, e condizioni di lavoro altrettanto pessime per gli operatori.
I rifugiati, circa quaranta ragazzi africani, per mesi hanno trovato parte di quei servizi tra Scup e il Csoa Sans Papiers, oltre a un’accoglienza genuina e dei luoghi di ritrovo. A Scup i ragazzi del centro seguivano le lezioni di italiano e potevano usufruire del punto internet dell’aula computer, al Sans Papiers invece si recavano per avere accesso allo sportello migranti per un orientamento legale e sanitario. Spazi che non hanno più occasione di frequentare dopo lo scandalo di Mafia Capitale, essendo stati trasferiti in altri centri, in periferia – vista la buona risposta che territori come Tor Sapienza avevano dato.
Nel mentre, lo stabile rimaneva incustodito e sotto sequestro. Cosa che non gli ha affatto impedito di essere teatro di tre incendi devastanti, che lo hanno ridotto a un cumulo di macerie – l’ennesimo. Il tutto per coprire chissà che prove e distruggere qualche libro contabile compromettente, insieme a un edificio storico, tra i più interessanti della storia recente del territorio.
La Polisportiva G. Castello: come gli storici impianti sportivi di via Sannio sono stati abbandonati.
Proseguendo questa passeggiata lungo le mura, attraversiamo piazzale Appio e superata la Coin, scopriamo infine che un altro luogo pubblico, del Comune, esperienza quarantennale di sport popolare e pietra miliare dell’occupazione per fini sociali, la sede della Polisportiva G. Castello, è passata ad altri assegnatari nella trasparente gestione Alemanno, e ora, ovviamente, è sede del nulla assoluto.
Ed è chiusa. Non che la cittadinanza attiva, gli sportivi della Polisportiva G. Castello, Scup, il Sans Papiers e le altre realtà territoriali non ci abbiano provato ad impedire la cancellazione di un pezzo di storia territoriale: presidi, sit-in, lettere, manifestazioni sportive in piazza gratuite con centinaia di persone… Ma l’assegnazione è legale , e così l’impianto è chiuso,tutte le sue attività sportive interrotte, e ad oggi il luogo è abbandonato.
I cantieri della Metro C
Più avanti ancora, i cittadini si sono addirittura incatenati, hanno invaso i cantieri, per una mattinata una boccata d’aria valsusina, contro una grande opera, la Metro C, la più dispendiosa di Italia, che decideva proprio di scavare là dove qualche anno prima avevamo strappato all’incuria qualche spazio verde. Il tutto abbattendo alberi secolari nel progetto folle del chilometro più costoso della storia delle metropolitane, quello da San Giovanni a Piazza Venezia. Non è finita. C’è da aggiungere a questo affresco qualche altro particolare. Ci sono i depositi dell’Ama, che ancora attendono il trasferimento previsto all’indomani del Giubileo del 2000, e tutt’ora utilizzati; sarebbe interessante capire perchè. Questo il quadro da cui partiamo, dopo una breve passeggiata lungo le mura.
Ma c’è anche tanto di buono. Scup, che ha trovato una nuova casa a via della Stazione Tuscolana, e il centro sociale Sans Papiers rimangono sponda e riferimento per comitati, cittadini, associazioni che vogliono costruire piccole e grandi risposte a questo quadro desolante. Continuiamo a camminare nella direzione di una gestione dal basso dei territori, pensando che l’antidoto al degrado sta nell’interesse per il proprio territorio da parte di chi lo vive. Un territorio che va sì presidiato, ma non dall’esercito, ma dal buon senso, dal mutualismo, dalla solidarietà; che va presidiato in maniera sostanziale, non limitandosi a scope e raschietti. Questo il valore che va riconosciuto all’autogestione e all’autogoverno: quello di essere pratiche che nei fatti contrastano, denunciano, elaborano soluzioni, e talvolta risultano più efficienti per la gestione dei territori sia del privato che del pubblico.
Frakk dice
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