Dagli Stati uniti a Parigi, i supermercati collaborativi diventano realtà. Si tratta di cooperative autogestite: dalla cassa alle pulizie, passando per lo scarico merci, ogni socio contribuisce alla vita del negozio mettendo a disposizione circa tre ore al mese. Gli anziani e le persone con disabilità sono dispensati. In questo modo viene garantito a tutti l’accesso ai prodotti il cui prezzo è ridotto e il ricavato dell’attività commerciale viene condiviso fra cooperanti e produttori. Uno dei comitati costituito tra i soci, per altro, si occupa degli approvvigionamenti per favorire la scelta di prodotti di agricoltura biologica, locali e provenienti da un lavoro che è stato eticamente retribuito
È a immagine del Park Slope Food di Brooklyn (foto in alto), che Tom Boothe e Brian Horihan hanno deciso di lanciare a Parigi il supermercato collaborativo de La Louve. Nato negli anni Settanta e oggi forte di 16mila membri, l’indirizzo americano (foto in alto) propone un modello cooperativo volontario basato su 2 ore e 45 minuti mensili di lavoro e in grado di abbassare la bilancia dei prezzi fino al 40%. Sostenuto da Park Slope, dal Comune di Parigi e da un finanziamento partecipativo Kisskissbankbank, il supermercato aprirà le porte l’anno prossimo nel 18simo arrondissement.
Tom, come vi state organizzando?
Ci siamo costituiti come associazione, Les Amis de la Louve, e abbiamo formato una centrale d’acquisto. Negli ultimi due anni abbiamo raccolto molte adesioni e collaboriamo a stretto giro con il Park Slope Food di New York, dove ora hanno potuto acquistare i locali e reinvestono sul nostro progetto. La campagna di crowfunding – terminata a dicembre al 132% dell’obiettivo ndr. – ci ha lanciati: ora gestiamo alla Goutte d’Or un locale di stoccaggio per i prodotti non deperibili in attesa dell’inaugurazione dello spazio che accoglierà il supermercato. Se tutto va bene (il gruppo attende la firma del contratto) apriremo l’anno prossimo verso Porte de la Chapelle, in zona Simplon.
Come funziona una «working cooperative»?
È una cooperativa autogestita dai suoi membri. Negli anni Settanta a New York esistevano numerosi indirizzi su questo modello: la forza di Park Slope Food è di aver continuato ad esistere anche dopo la chiusura della maggior parte, nel Novanta. La prima condizione per fare la spesa in cooperativa è di lavorarci. Dalla cassa alle pulizie, allo scarico merci delle cinque del mattino, ogni membro del Park Slope è attivo e contribuisce al profitto di tutti. A Parigi come centrale d’acquisto ora stiamo lavorando ciascuno 3 ore ogni 3 mesi, all’apertura del supermercato saranno 2 ore e 45 minuti ogni quattro settimane. Gli anziani e i portatori di handicap sono dispensati. Il supermercato della Louve garantisce a tutti l’accesso ai prodotti perché ne abbassa il prezzo riducendo il margine commerciale. Al Park Slope questo passa dal 65% dei supermercati tradizionali o bio al 21%, con un profitto che viene condiviso fra cooperanti e produttori.
Come scegliete i vostri prodotti?
Dei 10 comitati di lavoro che abbiamo creato, uno si occupa degli approvvigionamenti. Vogliamo proporre il meglio: di preferenza se biologico, locale e proveniente da un lavoro che è stato eticamente retribuito. Con Brian – che sta per aprire una fattoria agro-ecologica nel Berry del sud, ndr. – ci definiamo dei militanti biologici, ma il bio non sarà la nostra unica offerta. Avremo una politica eterogenea perché in una cooperativa la scelta dei prodotti è di tutti e perché il biologico non ha sempre il miglior gusto. Al Park Slope Food durante l’estate vendono l’80% di frutta e verdura locali, ma in inverno importano prodotti da lontano perché le persone lo desiderano. Soprattutto non vogliamo che La Louve determini un processo di gentrificazione del quartiere in cui ci installeremo. Il 18simo arrondissement parigino è una zona popolare e bohème, e di questa molteplice composizione dobbiamo tener conto: il 100% dei nostri aderenti ha dichiarato di volere il beneficio del quartiere, che è una zona “food desert”, mal servita dal punto di vista alimentare. In un contesto simile proporre nel reparto dentifrici solo un prodotto bio che costa 4 euro è follia.
Quindi come farete?
Ci sarà una scelta che risponderà alle esigenze dei nostri membri, che non sono i semplici clienti di un supermercato. Sarà la cooperativa a scegliere i suoi prodotti, tutti devono aver diritto di richiedere qualcosa, esattamente come a Park Slope, che riunisce sotto lo stesso tetto il milionario e chi non arriva a fine mese, con un effetto comunitario e conviviale che è la cosa più bella di questo progetto. È fondamentale che ognuno possa fare la scelta che vuole: organizzeremo un sistema di etichette dove i nostri aderenti potranno trovare tutte le informazioni sul prodotto, la sua provenienza, le sue caratteristiche. Ci sarà il burro bio e il burro industriale, il formaggio locale e il Philadelphia. Non siamo qui a dettare le scelte alimentari delle persone ma a garantire a tutti l’accesso ai prodotti: è un progetto educativo e non moralizzatore.
Tom, hai una formazione in enologia e gastronomia. Cosa pensi del biologico?
Penso che non bisogna rompere con la propria tradizione gastronomica per mangiare sano. Le persone amano mangiare e mangiare bene: quello che dobbiamo fare è prendere in mano la nostra alimentazione. Per la Louve selezionerò personalmente i vini, ci sono prodotti eccellenti che nei supermercati bio non si trovano mai. Non siamo qui per diventare degli hippy che mangiano solo riso integrale “perché fa bene”! Non vogliamo un decalage fra qualità e piacere, ma prodotti di qualità, etici e che abbiano un buon gusto. Non saremo una “farmacia” come Naturalia: il cibo crea convivialità ed è quest’atmosfera festiva che cerchiamo. Un’atmosfera che dia voglia di mettersi a tavola. La cultura alimentare è qualcosa di vitale: che tutti mangino bene, è vitale.
Che prospettive ci sono? Funzionerà a Parigi?
Il supermercato è una scommessa. Siamo fiduciosi perché fino ad ora non abbiamo dovuto mettere in atto nessuna procedura di assunzione: siamo stati inondati di partecipazioni spontanee, 600 persone che si sono presentate non per fare la spesa ma per lanciare il progetto.
Ora bisogna vedere se tutte le adesioni tengono sul lungo termine: dobbiamo arrivare a quota 3000. È importante essere grandi perché l’azione sia consistente: in questo modo è possibile ottenere dei prezzi ancora più bassi – in particolare sui prodotti agricoli – e garantire un sostegno redditizio ai produttori. È fondamentale riuscire ad avere una fonte di reddito come supermercato per poterli sostenere, e anche per servire al meglio i nostri membri. Una volta aperti creeremo degli spazi comunitari: ripeteremo l’area di custodia bambini di Park Slope – è importante per le famiglie che vengono a fare la spesa! – e apriremo un bar per il dopolavoro. Non siamo dei clienti: partecipiamo ad una collettività.
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Fonte: uncomag.com
corrado dice
Sono scettico come tutte quelle cose dove chi lavora non viene retribuito-fino a quando si è una nicchia potrebbe funzionare,ma quando si massifica credo “non sono certo” che potrebbe nascere dei problemi