L’ansia per il destino di Silvia Romano è tremendamente alta. È stata rapita in Kenya da oltre cinque mesi e in tutto questo tempo, al di là delle inevitabili dichiarazioni di circostanza, non è affatto chiaro se si stia facendo tutto il possibile per cercare di salvarle la vita. Il silenzio e le voci contraddittorie che si sono susseguite mostrano un profilo reticente o opaco anche da parte delle autorità competenti italiane. Per continuare a sperare in una soluzione positiva, è invece assolutamente indispensabile che l’attenzione sul suo caso non si affievolisca
di Dale Zaccaria
La sera del 20 novembre dello scorso anno, Silvia Romano, giovane originaria di Milano, è stata rapita a Chakama, un villaggio isolato a 80 chilometri da Malindi, meta prediletta da decenni del turismo italiano in Kenya. Sono già trascorsi cinque lunghi, interminabili mesi. Silvia si trovava in Africa come volontaria per due organizzazioni non-profit che si occupano dei bambini in condizioni di indigenza sociale, la Onlus Africa Milele di Fano, e l’Orphans’s Dreams. Perché Silvia ha cuore gli ultimi, come per esempio i bambini orfani di un continente saccheggiato e sempre più dimenticato, quando non si tratta di preoccuparsi dei suoi abitanti che migrano.
Il Kenya è stato una colonia portoghese prima, e britannica poi, una terra di tremenda povertà, enormi conflitti e grande amarezza. Come amarissimi sono oggi i silenzi intorno alla vicenda di Silvia, rapita da un commando ancora non bene identificato che ha cominciato a sparare sul villaggio, ha picchiato e legato le mani di Silvia, prima di portarla via. Al momento del rapimento, il governo non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali, poi si sono susseguite notizie contraddittorie e incerte. A dicembre il ministro italiano degli affari esteri e della cooperazione Internazionale, Enzo Moavero Milanesi, ha ricevuto il vice presidente della Repubblica del Kenya, William Ruto, e si è augurato una “rapida liberazione” della ragazza, un po’ poco. Poi più nulla, oppure dichiarazioni di circostanza che alimentano speranze e delusioni senza soluzione di continuità.
Oggi restiamo dunque sospesi in una sorta di bolla di ansia. Possiamo solo chiederci dov’è Silvia? Cosa si sta facendo per liberarla, per riportarla a casa?
Sulla dinamica del rapimento, abbiamo la testimonianza di James, un giovane africano che riesce a studiare grazie all’aiuto della Onlus di Fano per cui Silvia Romano prestava servizio e che ha assistito ai drammatici momenti del rapimento. Poco o nulla sappiamo dei rapitori, alcuni quotidiani locali del Kenya hanno parlato di un gruppo di estremisti islamici, Shabaab somali, ma James esclude che possano essere loro.
Dalla stampa abbiamo appreso di alcuni arresti effettuati ma anche che Silvia poteva essere stata uccisa. Le notizie circolate sono state poi puntualmente smentite. Insieme ad altre notizie, che tendevano ad alimentare illazioni e maldicenze assurde su una ragazza che non ha ancora 24 anni, si è laureata a Milano, ed è piena solo di entusiasmo e di voglia di vivere. Una ragazza che, tra le altre cose, ha scritto parole semplici quanto chiare perché, chi ne avesse davvero voglia, potesse farsi un’idea del perché sia arrivata in Africa: “Amo piangere commuovendomi per emozioni forti, sia belle sia brutte, ma soprattutto amo reagire alle avversità. Amo stringere i denti ed essere una testa più dura della durezza della vita. Amo con profonda gratitudine l’aver avuto l’opportunità di vivere.”
In questi giorni si è svolto in rete un social bombing per riportare (e tenere alta) l’attenzione sul caso, per chiedere notizie certe, verità. L’iniziativa è stata promossa dall’illustratrice Anarkikka, insieme a Il Salto, il network di giornalismo cooperativo e informazione indipendente. Le dichiarazioni del governo italiano e del presidente Mattarella che confermano l’impegno istituzionale perché Silvia possa tornare a casa sono certamente utili ma il tempo continua a passare e la preoccupazione non può che crescere. Il silenzio, sollecitato forse ragionevolmente all’inizio della vicenda anche per favorire eventuali azioni diplomatiche, comincia a farsi assordante. E nel giorno della festa della Liberazione il desiderio di vedere Silvia restituita alla sua libertà e alle persone che la amano è più impellente che mai.
che venga fatto il possibile per questa ritrovare questa ragazza, soprattutto dal governo italiano.
Anche noi lo speriamo..sembra assurdo