Ci vorranno un bel po’ di tempo e moltissima pazienza per riuscire a interpretare, al di là dell’insopportabile retorica sulla “democrazia” statunitense (e occidentale) da difendere, la portata e il sigificato di quanto accaduto il 6 gennaio con l’assalto a Capitol Hill. Nel caos generato da un impero – ma ancor più da un sistema che per parecchi decenni si è spacciato per eterno – che cade da tempo a pezzi, si tratta certamente di un evento importante e molto significativo. Principalmente, forse, per la sua valenza simbolica. Sandro Moiso, su Carmilla, comincia a guardarci dentro mettendo a fuoco soprattutto il ruolo delle classi medie e liberando il campo da alcune delle semplificazioni più farsesche circolate in questi giorni. Come quelle che ascrivono al solo Trump e ai suoi più fotogenici sostenitori la responsabilità di processi complessi e profondi covati da tempo o quelle che rifiutano di vedere il rancore e la rabbia profondi che dilagano proprio tra alcuni di coloro che si pensava potessero essere ancora garanti di stabilità per i governi e i poteri di turno alla guida del treno nel terzo decennio del nuovo secolo. Forse la sola cosa che pare certa, oggi, è che le sorprese non mancheranno

E’ certamente difficile scrivere nell’immediato per spiegare quanto è accaduto il 6 gennaio al centro dell’impero occidentale. Ma alcune considerazioni si possono trarre fin da ora, naturalmente cercando di andare oltre le vuote formule democraticistiche espresse dai media internazionali e nazionali e, soprattutto, andando oltre la parziale spiegazione dei fatti attribuiti ad un unico deus ex machina: il presidente ancora in carica, anche se è ormai difficile capire per quanto tempo, Donald Trump.
Certamente il piagnisteo democratico, espresso sia da Joe Biden che dai suoi colleghi stranieri, non serve a spiegare i fatti, piuttosto tende ad intorbidirli, rivendicando per gli Stati Uniti un primato nella difesa dell’ordinamento democratico che dimentica il ruolo apertamente controrivoluzionario e reazionario che la capitale dell’impero e i suoi massimi rappresentanti hanno svolto a livello internazionale e interno.
Elencare le decine di azioni militari, poliziesche e golpiste condotte dall’intelligence e dalle armi statunitensi in ogni angolo del globo e del paese sarebbe qui troppo lungo, ma almeno alcuni fatti vanno ricordati: dall’intrusione di inizio Novecento, armi alla mano, negli affari interni del Messico e del Nicaragua per impedire o stravolgere le rivoluzioni in atto alla rimozione golpista di Mohammed Mossadeq in Iran nel 1953 per impedirgli di nazionalizzare il petrolio e rinsaldare sul trono la fedele dinastia Pahlavi oppure dal rovesciamento violentissimo del governo Allende in Cile nel 1973 al colpo di Stato in Brasile del 1° aprile 1964, che instaurò una dittatura militare filo-statunitense che durò ben 21 anni, fino ai più recenti tentativi di rovesciamento del governo venezuelano, solo per fare alcuni esempi.
Quindi ascoltare i commentatori e il neo-eletto presidente degli Stati Uniti piangere per il pericolo corso dalla democrazia statunitense con l’attacco a Capitol Hill è perlomeno insopportabile, se non disgustoso. Quella democrazia, che all’interno per due secoli e mezzo almeno, si è basata sull’eliminazione dei nativi americani, sullo sfruttamento schiavistico degli schiavi africani e sull’emarginazione razziale di afro-americani, latinos, asiatici e, un tempo, anche degli immigrati italiani e dell’Europa dell’Est e del Sud, ha potuto vantare la propria forza proprio in nome di una rigida divisione di ruoli: all’America bianca la ricchezza estorta in patria e nel resto del mondo, con la forza e il ricatto, al proletariato multinazionale, alle etnie di diverso colore e agli stati dipendenti dalla colonizzazione occidentale (al cui vertice gli Stati Uniti si sono posti dalla fine della prima guerra mondiale in poi). A tutti gli altri gli avanzi e, in taluni casi, nemmeno quelli.
Fermiamoci qui e cogliamo però, nei fatti del 6 gennaio, una protesta delle classi medie statunitensi, prevalentemente bianche, per la perdita delle garanzie accumulate in passato proprio attraverso quel modello democratico di spartizione della rappresentanza politica e della ricchezza. In un altro articolo, apparso su Carmilla nel novembre 2020, si è già cercato di cogliere gli elementi economico-politici profondi che preludevano agli ultimi eventi e a quello, per necessità di sintesi, si rimandano i lettori (qui).
Non è pertanto così paradossale notare che, in fin dei conti, le manifestazioni a Washington dei Proud Boys e di tutti gli altri sostenitori di Trump in realtà rappresentavano proprio la difesa estrema e rabbiosa di quella “democrazia”. Non vi può essere alcun dubbio sul fatto che il presidente uscente abbia contribuito ad infiammare ancor di più gli animi con le sue parole, ma allo stesso tempo occorre riconoscere che quella rabbia e quel desiderio di rivincita, almeno formale, covavano e crescevano nell’animo bianco dell’America profonda da ben più tempo. Anche da molto prima dell’ascesa al trono imperiale di The Donald.
In questo senso è facile comprendere come l’imperatore dal bizzarro taglio di capelli più che il creatore dello scontento bianco ne sia invece stato il prodotto. Make America Great Again (MAGA) è stato qualcosa di più un’intuizione psicologica trasformatasi in slogan. E’ diventato programma politico ed economico difficilmente realizzabile nel mondo globalizzato che gli stessi Stati Uniti avevano contribuito a realizzare, in cui le legioni bianche hanno, però, fermamente voluto credere.
Si parla qui di legioni e impero non a caso. Infatti, secondo lo storico inglese Adrian Keith Goldsworthy 1 per comprendere la crisi e la caduta di Roma come centro dell’impero occidentale è necessario ripercorrere quanto accaduto nei trecento anni precedenti, a partire dalla morte di Marco Aurelio, quando si verificò “una lunga serie di guerre civili, durante le quali gli imperatori rinunciarono alla res publica per concentrarsi solo sulla propria sopravvivenza”. A partire dal 180 d.C., lo storico inglese descrive dettagliatamente come le violente ribellioni locali finirono per danneggiare la struttura amministrativa e logistica dell’esercito, alimentando un clima generale d’insicurezza in cui chiunque fosse al servizio dell’impero poteva essere ucciso, torturato o imprigionato per ordine di altri Romani.
Ad alcuni potrà sembrare eccessivo il paragone in questi termini, ma è chiaro che la rivolta, la protesta oppure le semi-insurrezione, qual dir si voglia, di Capitol Hill porta violentemente alla luce le linee di faglia, fino ad ora in gran parte sotterranee, che dividono non solo bianchi da neri, ma anche le classi medie dal neo-proletariato non garantito, gli elettori dalla loro rappresentanza politica e gli interessi di una larga fascia di popolazione da quelli dello Stato e delle imprese più all’avanguardia.
Si potrebbe parlare di Americani bianchi contro un’America ancora sostanzialmente bianca nelle sue logiche di dominio e spartizione delle ricchezze. Soltanto che questo dominio e questa spartizione non può più essere diviso con tutti. Nemmeno con tutti i bianchi della middle class. E ciò costituisce un fatto realmente epocale, rilevabile ormai, soprattutto alla luce delle conseguenze politiche ed economiche della pandemia, in tutte le democrazie occidentali: la rottura del patto tra Stato e classi medie.
Classi medie che, dalle seconda metà dell’Ottocento alla fine del Novecento, hanno rappresentato il vero punto d’appoggio degli Stati, sia durante i governi democratici che autoritari o dittatoriali. Classi medie che hanno sempre richiesto e prodotto allo stesso tempo stabilità. Una stabilità economica, politica e di governo che oggi viene in gran parte a mancare e in cui anche l’autoritarismo rischia di rivolgere i propri provvedimenti contro coloro che più lo richiedevano (considerate tutte le possibili ricadute economiche dei lockdown e delle altre decisioni prese in materia di pandemia).
L’impero è oggi più debole, economicamente e politicamente, al suo centro e alla sua periferia su scala mondiale e, soprattutto, europea. Biden sarà il presidente più debole degli Stati Uniti, non solo per l’età ma anche perché il suo governo sarà sempre più stretto tra un malessere bianco armato2 ed un elettorato conquistato a suon di promesse che non potranno mai essere mantenute. La quasi emarginazione di Alexandria Ocasio-Cortez all’interno del Partito Democratico è, allo stesso tempo, sintomo e simbolo di tale contraddizione tra promesse e scelte possibili all’interno della logica capitalistica che regge ancora le sorti delle politiche statunitensi. Garantire a tutti un lavoro precario è sicuramente possibile, la stabilità dei diritti ed economica no.
Però se Atene piange, Sparta non ride, poiché anche il Grand Ole Party, il Partito Repubblicano, si trova a dover prendere le distanze non tanto dal solo Trump, quanto da una parte rilevante del proprio elettorato. E’ perciò significativo di ciò il fatto che nel Campidoglio siano state “oltraggiate” sia la poltrona del repubblicano e vice-presidente Mike Pence che della portavoce democratica Nancy Pelosi. E lo è altrettanto il fatto che due ordigni esplosivi siano stati ritrovati nei corridoi del palazzo del Congresso, dopo l’incursione, nelle vicinanze sia degli uffici di rappresentanza democratica che repubblicana.
Tremano anche i populisti e i sovranisti europei, con in testa Salvini e Meloni, poiché iniziano a rendersi conto del rischio che si corre nel suscitare allo stesso tempo rabbia inconsulta e speranze illusorie. Altrettanto le sinistre europee, e soprattutto italiane, poiché è chiaro che continuare a perseguire politiche europeiste ad ogni costo accompagnate da vuote promesse potrebbe contribuire, in un periodo non troppo lungo, a portare in piazza manifestazioni più vaste, arrabbiate e violente di quelle viste a Napoli, Torino e Milano alla fine di ottobre.
La cosa positiva è stata certamente quella della mancata presenza in piazza a Washington di manifestanti anti-Trump legati a Black Lives Matter e Antifa, poiché non sarebbe stata una battaglia loro quella di difendere il Parlamento e le istituzioni politiche ed economiche che rappresenta e quella “presunta” democrazia. Certamente se i Proud Boys e simili dovessero in futuro aggredire la comunità afro-americana o rappresentanti dei movimenti dal basso, questi avrebbero tutto il diritto di difendersi con la forza. Anche con le armi accumulate dai gun club. Ma accondiscendere alla discesa in campo in nome di quella democrazia “esaltata” da Biden o dai media comunque asserviti, contro il pericolo rappresentato dall’”anarchia” dei fatti di Washington, costituirebbe un errore gravissimo e forse irreparabile. Destinato a castrare il movimento antagonista e a renderlo succube degli interessi del grande capitale.
Il problema per gli Stati Uniti è ben più profondo delle immagini pop trasmesse da Capitol Hill, con sciamani, cappelli da cow-boy e costumi che sembravano rinviare alle immagini delle Civil War combattute dai supereroi Marvel nell’omonima serie di albi a fumetti e film. Quattro morti non sono pochi e nemmeno facili da rimuovere e dimenticare, considerato che la prima vittima del fuoco aperto dagli agenti del FBI per difendere l’aula del consesso è stata una manifestante pro-Trump, veterana dell’aviazione militare.
E tra quei manifestanti i veterani, cui Trump si è rivolto sempre più spesso, non dovevano essere pochi. Considerando poi che tra gli stessi militari e agenti di basso rango le simpatie pro-Trump oppure la rabbia per una perdita di garanzie socio-economiche non sono poche. Fattore che in uno scontro reale, allo stato delle cose oggi difficilmente immaginabile, potrebbe costituire un intoppo nell’esecuzione degli ordini e una minore affidabilità delle forze chiamate a difendere lo Stato. Così come già ieri si è constatato con il low profile delle forze dell’ordine per gran parte della giornata. Low profile certamente dovuto al rischio di una degenerazione dello scontro in carneficina, se la polizia avesse usato da subito l’armamento militare di cui è dotata, ma anche per non spingere una parte degli agenti a fraternizzare apertamente con i dimostranti. Come l’inchiesta sul comportamento della polizia e i selfie di un agente insieme ad alcuni dimostranti tenderebbe a confermare, sottolineando così la paura dei parlamentarii nei confronti di un possibile “tradimento” dei pretoriani
L’Occidente e la stessa Nato si sono risvegliati più deboli.
Riversare la responsabilità dei fatti soltanto su Trump di fatto significa nascondere la testa sotto la sabbia. Non vedere o rifiutare di vedere il malcontento che avanza proprio tra coloro che avrebbero dovuto continuare a rappresentare il maggiore elemento di stabilità per i governi e le economie pubbliche e private sarebbe un grave errore per gli stessi governi, partiti politici ed gli economisti che oggi brancolano, sostanzialmente, nel buio ad ogni emergenza. Non sapendo far altro che rispondere ogni volta con un autoritarismo privo di reale autorevolezza.
Nella politica statunitense sembra essersi creato uno stallo messicano di tarantiniana memoria: da una parte il tentativo di Trump, più conscio dell’attuale sconfitta di quanto sembrerebbe nella narrazione mediatica, che cerca di porre fin da ora le basi per nuovo soggetto politico, più radicale del Partito repubblicano, cui mettersi a capo. Dall’altra uno Stato che per una volta sembra convergere verso un governo di unità nazionale in cui, però, il partito repubblicano cercherà di rubare a quello democratico i voti dell’elettorato moderato. In tutti i casi, però, la possibilità di accontentare gli elettori sarà sempre più difficile, alla luce delle condizioni economiche e delle contraddizioni politiche attuali.
D’altra parte la fascistizzazione evidente della rabbia della middle class deriva proprio dalla sua incapacità storica, tipica delle classi medie, di esprimere una propria prospettiva politica, una propria organizzazione ed una visione univoca del divenire e del percorso da seguire. Prive di tattica e di strategia sono destinate dal proprio egoismo corporativo ad affidarsi alle promesse dell’uomo forte di turno. Strategia limitata e poco coraggiosa, nei fatti, che però risale al periodo del trapasso dal Comune alle Signorie nell’Italia tardo medievale, quando per evitare le lotte fratricide interne si preferì delegare il potere a qualche capitano di ventura o signore locale. Scegliendo così al posto di Machiavelli e della sua modernissima visione della politica e della funzione dello Stato, il perbenismo imbelle rappresentato dal Cortegiano di Baldassarre Castiglione e del Galateo di Giovanni Della Casa.
Nel film Il gladiatore di Ridley Scott, elemento pop, veniva messa in scena l’ascesa al trono imperiale di Commodo e la sua uccisione da parte di quegli stessi pretoriani che lo avevano portato al potere. Fatto che avrebbe dato inizio all’anno dei quattro imperatori e alla serie infinita di assassini e guerre interne destinate a indebolire sempre più l’impero, come si è ricordato poc’anzi.
Amadeo Bordiga, elemento politico, affermò, in uno dei suoi tanti scritti sulla grande crisi economica prevista per il 1975, che la rovina delle mezze classi avrebbe costituito un importante elemento di riconoscimento dell’avvento della Rivoluzione.
La crisi del 1975 non fu così devastante e certo meccanicismo economicistico oggi sarebbe fuori luogo. Eppure, eppure…la proletarizzazione e l’impoverimento delle classi medie, di qua e di là dell’Atlantico, potrebbe ancora riservarci delle sorprese. A patto di saperle anticipare e interpretare. Senza dormire sugli allori di un passato morto e sepolto come le vestigia di un sistema che avrebbe voluto sconfiggere e che invece ha contribuito, troppo spesso, a rafforzare.
- Autore di La caduta di Roma. La lunga fine di una superpotenza dalla morte di Marco Aurelio fino al 476 d. C., Elliot, Roma 2011
- Come sottolinea Alec Ross, per quattro anni consigliere dell’amministrazione Obama: “L’assalto al Campidoglio non è opera di una minoranza insignificante. Ci sono 20 milioni di americani radicalizzati”, mentre una recentissima statistica dimostra che almeno altri 50 milioni hanno apprezzato il blitz. Vedi: F. Olivo, “Venti milioni di patrioti ancora radicalizzati”, La Stampa 8 gennaio 2021
Fonte: carmilla
A due giorni dai tafferugli e ben quattro morti, l’unico articolo di limpida e minuziosa analisi degno di essere letto. Grazie!
BISOGNA RACCONTARE LA VERITA’ STORICA AL MONDO INTERO. Alle giovani generazioni, ma non solo a loro. Perchè su quello che è stata l’America e sul ruolo che ha svolto nella storia dell’umanità si gioca il senso della REALTA’ e il futuro dell’UMANITA’, appunto. L’altra sera vedevo contemporaneamente tutte le TV collegate, e in modo particolare, la SETTE e il TG3…Le facce di MANNONI BOTTERI MENTANA…FREEDMAN ecc. erano qualcosa di indescrivibile. Interdetti esterefatti incapaci di profferir parole sensate…Tutta la loro vita la loro carriera…tutte le BUGIE le MENZOGNE che loro e i RIOTTA le ANNUNZIATE ..I VESPA ecc ecc..”il giornalismo italiano” (?!)hanno raccontato per anni…chi come chi scrive l’ha vissute tutte…dai tempi del VIETNAM era contemporaneamente preso da rabbia feroce e profondo disprezzo. Perchè molti di questi signori/e si sono formati al “manifesto” e poi hanno virato verso gli scranni dei padroni e dell’impero,appunto.
Quello che qui ho scritto nasce dalle viscere con sofferenza esistenziale indicibile. G.S.
TRUMP E’ UN CRIMINALE FASCISTA E LA DEMOCRAZIA USA E’ UNA STORICA BUGIA
HA VINTO LA “DEMOCRAZIA”? E’ l’ora della VERITA’ STORICA. Gli USA non sono mai stati UNA DEMOCRAZIA. Se per “democrazia” si intende ancora “governo del popolo”. Gli USA sono stati e sono il più grande STATO CRIMINALE DELLA STORIA . Gli USA sono stati storicamente e lo sono tuttora, nonostante siano ora inseguiti dalla CINA che ne ha seguito e segue il modello produttivo, i più grandi INQUINATORI per CO2 e climalteranti . I MILIARDARI USA sono 614 e dominano il loro paese direttamente e indirettamente . Quindi, al massimo si può parlare di PLUTOCRAZIA (il dominio dei ricchi) di OLIGARCHIA(il dominio di pochi). Ma certo non si può parlare di “democrazia”. E nella loro storia poche sono le volte in cui in un’ elezione ha votato più del 50%. Cioè circa metà della popolazione. Ed è assolutamente indubbio che tutti i governi democratici o repubblicani hanno sempre fatto e difeso l’interesse dei ricchi. TRUMP IL MILIARDARIO è solo l’ultimo anello di una catena che non si è mai interrotta.
-TRUMP E’ UN CRIMINALE ASSASSINO FASCISTA PARANOICO. Nessuna cancelleria occidentale l’ha ostacolato o contestato o criticato o chiamato per nome in tutto il periodo del suo “governo”. Tutti subalterni complici asserviliti. A cominciare dal nostro CONTE per finire con il nostro MATTARELLA. Lo stesso hanno fatto MERKEL MACRON ecc. Anche quando usciva dall’accordo sul clima o quando negava IL VIRUS, quando ne impediva la prevenzione la cura.Noi eravamo tempestati da distanze e mascherine igiene ecc. per contenere controllare il contagio lui si esibiva senza, faceva campagna elettorale, assembramenti..cioè contagiava il popolo americano e il mondo intero. E i nostri governanti tacevano. Come quando il FASCISTA padano andava in giro con la mascherina con scritto TRUMP sulla bocca. QUELLO TENTATO E’ UN GOLPE. Ma nessuno lo chiama per nome. Immaginate una cosa simile in un altro paese ? Questo criminale assassino va portato (con il compare BOLSONARO e magari JOHNSON..quello dell’immunità di gregge e i vecchi a morire nelle case) davanti a un tribunale come i nazisti a NORIMBERGA (facendo qualcosa di meglio possibilmente!).
LA VERITA’ STORICA – GLI USA sono nati e cresciuti sul più grande OLOCAUSTO mai realizzato. Superiore a quello della SHOAH. LO STERMINIO DEGLI INDIGENI , E DEI NATIVI AFRICANI schiavizzati e trasportati nelle piantagioni di cotone caffè canna da zucchero…il computo va dagli 80 ai 100 MILIONI DI MORTI. E sulla “CONQUISTA DEL WEST” (?!) è stata scritta un’epopea. La cinematografia ha rovesciato il senso e la verità storica…e intere generazioni sono state manipolate formate devastate dal racconto di UNA BUGIA IMMENSA. Sul suolo americano non c’è mai stata una guerra vera. La prima e la seconda sono state in EUROPA. LA STORIA raccontata che ogni anno si rinnova è che “ci hanno liberati”. In realtà la seconda guerra mondiale ha avuto il suo momento FONDAMENTALE a STALINGRADO. E i russi MORTI SONO 26,5 MILIONI (dati ufficiali) 16,5 MILIONI se vogliamo contarli all’occidentale. I RUSSI HANNO SALVATO L’UMANITA’. I morti americani sono stati 297000. MENO DI QUELLI DA CORONA-VIRUS che, grazie a TRUMP sono già più di 375000. Gli USA sono responsabili del più grande CRIMINE DELLA STORIA. A guerra finita, con i giapponesi che si stavano arrendendo, hanno lanciato L’ATOMICA su HIROSHIMA e NAGASACHI (più di 200000 morti più tutte le conseguenze future ancora in atto). E poi ? IL VIETNAM . IL VIETNAM LA CAMBOGIA E IL LAOS bombardate con i B52 24 ore su 24 per TRE MESI. 3 milioni e mezzo di morti vietnamiti…57000 americani. Da una parte i B52 il NAPALM e l’agente ORANGE dall’altra i fucili e l’eroismo di un popolo di contadini. E poi c’è il capitolo dei colpi di stato. NEL 67 ERANO DIETRO E ACCANTO AI COLONNELLI GRECI nel loro golpe. NEL 1973 in UN ALTRO 11 SETTEMBRE erano (con il criminale KISSINGER segretario di stato e la CIA) ACCANTO E DIETRO A PINOCHET che assaltava LA MONEDA e uccideva SALVADOR ALLENDE e il legittimo governo di sinistra eletto democraticamente. Ieri sera sembrava di vedere scene simili. Gli USA hanno più di 800 basi in tutto il mondo e la loro spesa per armamenti è metà di quella complessiva del mondo intero. Hanno foraggiato e sostenuto tutte le dittature dell’AMERICA LATINA negli anni 70. E la guerra all’IRAQ è costata agli iracheni 500000 morti. Per difendere LO STILE DI VITA AMERICANO che hanno diffuso in tutto il mondo..fondato sui fossili e prima di tutto sul petrolio. Come disse BUSH il giorno dopo l’11 settembre . Quello stile di vita e quel modo di produzione che ci ha portato alla CATASTROFE che stiamo vivendo.
Gaetano Stella – Lago di Chiusi -7/01/2021
-passaparola!-http://blog.gaetanostella.it
Bravissimo Gaetano Stella!!!
un concentrato di verità incontestabile, anch’io sostengo in questi giorni che la tanto sbandierata democrazia americana, anzi STATUNITENSE (l’America è dall’Alaska alla Patagonia!), non esiste, quì hai reso benissimo l’idea di tutte le nefandezze compiute dagli EURO AMERICANI, si perché se si sottolinea sempre, quando si tratta di AFROAMERICANI, questo sono i bianchi! immigrati come tutti gli altri!!!