di Rosetta Cavallo*
Carissimi colleghi,
sento ripetere spesso che l’anzianità non è un merito, ma sopravvivere in una scuola ridotta in queste condizioni lo diventerà sicuramente.
Sento ripetere ormai da anni che la società è cambiata, si è evoluta e che anche la scuola deve adeguarsi e stare al passo con i tempi. Ma di quali tempi stiamo parlando? E soprattutto, dove ci stanno portando questi tempi?
Se stare al passo con i tempi vuol dire abbandonare il gessetto e la lavagna in ardesia per utilizzare la Lim e convincersi di essere una scuola all’avanguardia…
Se stare al passo con i tempi vuol dire fornire gli studenti di tablet già a sei anni e non incrociare più nemmeno il loro sguardo.
Se stare al passo con i tempi vuol dire partecipare a concorsi e progetti inutili spesso privi di qualsiasi ricaduta significativa sugli alunni.
Se stare al passo con i tempi vuol dire correre, velocizzare tutto e buttare all’aria anche quello che di buono c’era fino a poco tempo fa nella scuola.
Se stare al passo con i tempi vuol dire riempirsi di sigle o relazionare, rendicontare persino l’aria che respiriamo.
Se stare al passo con i tempi vuol dire verificare, misurare ogni cosa.
Ecco, se stare al passo con i tempi vuol dire tutto questo, io non riesco ma soprattutto non voglio starci. Non voglio entrare in un’aula con l’ansia di dover misurare tutto. Mi rifiuto.
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Ho sempre pensato che la scuola fosse un posto prezioso dove poter gettare semi di buone prassi, di speranze. Un posto dove non si lascia indietro nessuno. Un posto dove le gare, le competizioni non ci dovrebbero stare. Un posto dove la velocità dovrebbe essere bandita.
Invece nella scuola di oggi c’è troppa velocità e poco spazio per ascoltarsi e ascoltare l’altro. E questo principio dovrebbe essere la regola fondamentale di ogni azione educativa. Mi dispiace ma io non mi adeguo. Non mi adeguo a questi tempi.
E non sono affatto preoccupata se alla fine della prima i miei bambini e le mie bambine non hanno capito come si scrivono le parole capricciose o se sbagliano a scrivere le parole con i digrammi. Sarei molto più preoccupata se non avessi fatto capire loro quanto importante sia stare bene a scuola, stare insieme, collaborare, aiutarsi. Sarei molto più preoccupata se non fossi in grado di costruire relazioni umane dove ciascuno si senta compreso, amato, considerato.
Sento parlare tanto di abilità, di competenze, ma esistono competenze e abilità che non possono essere misurate. Non si possono misurare certo la capacità di esporre il pensiero, la partecipazione, la sensibilità, l’empatia, l’altruismo, le emozioni, il punto di partenza, il punto di arrivo, le conquiste e i progressi.
Mi rifiuto di “allenare” i bambini in futuro per risolvere dei test. Io voglio aiutarli a superare gli ostacoli da cui erano partiti, voglio allenarli ad affrontare la vita in un modo più sensato. A rendere questo mondo un posto migliore. Di tutti quei dati “oggettivi”, della loro misurazione, non saprei cosa farmene.
Non credo servirebbe molto neanche conoscere alla perfezione le regole grammaticali o tutta la nomenclatura se non si comprendono le regole basilari del vivere umano. E servirebbe a poco anche avere ottime conoscenze su ciò che ci circonda se poi non si è grado di ascoltarsi e ascoltare, di vedere il mondo attorno a noi, di emozionarsi di fronte ad una rondine che si posa sul davanzale della finestra o allo schiudersi di un fiore. La vita è fatta di tante sfumature e non accorgersene sarebbe davvero un peccato.
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Sono un genitore, un po’ anzianotto rispetto ai miei figli gemelli di quasi 7 anni. Condivido quel che dice la maestra, ma vorrei sottolineare una difficoltà: io, a volte, non ho l’energia, la capacità di reggere il confronto, di accettare e vivere le manifestazioni di rabbia dei miei bimbi per un tablet negato, una TV negata od altro. Vivono raramente la “noia” del non far nulla che stimolava la nostra fantasia, o l’ esigenza d’inventare un gioco dal nulla di quando eravamo piccoli….. Non so se questa carenza sia solo mia o di altri genitori. Le sollecitazioni consumistiche esterne sono, peraltro, aumentate esponenzialmente.
Buona giornata.
Franco Paolinelli
Ringrazio anch’io la collega, sono d’accordo. I bambini/ragazzi hanno bisogno di cose sensate e vicine ai loro interessi, di spazi per il dialogo e per fare esperienze che comprendano e valorizzino i loro talenti. Tutti ne hanno! Rispondendo al signor Franco, comprendo le sue difficoltà, sono comuni a tantissimi genitori. A volte le forze sembrano abbandonarci, perchè il compito educativo è molto delicato e impegnativo. La cosa che mi viene in mente è riflettere su se stessi e sul progetto di vita che dovremmo condividere con i nostri figli. Quale progetto di vita? I conflitti non sono facili da sostenere. Dovremmo prepararci e dobbiamo essere preparati. Saper “stare” nel conflitto serenamente, senza ansia, aiutando a risolvere insieme con il dialogo costruttivo è fondamentale. A volte cediamo al primo: NO! Ci blocchiamo davanti all’insistenza nei momenti oppositivi. Accogliamoli come una conquista e non come una sfida nei nostri confronti. Fanno parte della crescita e bisogna trattarli come momenti di un percorso lungo (personale) verso l’autonomia. Stimoliamo i bambini a pensare e riflettere, aiutiamoli a imparare a scegliere e a prendere decisioni (anche faticose). Se crediamo in loro e in noi è possibile. Antonella
La complessità è lo sfondo del nostro tempo, l’esperienza è la bussola. Intendo dire che proprio per la grande quantità di informazioni veicolate dalla rete è necessario orientarsi e questo lo si può fare in due modi implementati:
– conoscere la rete, cioè avere strumenti, ad esempio, su come navigare, come scegliere
– fare esperienze emotivamente significative
Ricordo, forse l’ho già scritto su comune-info, quanto io insegnante abbia sperimentato il fascino del metodo globale. Una collega lo insegnò a me ed io alle bambine e ai bambini che ne fecero esperienza di grande spessore cognitivo, emotivo e strumentale.
Certo, avevamo a disposizione il meraviglioso parco della scuola statale all’aperto Casa del Sole (exTrotter) di Milano, le ginko biloba con il fascino della loro antica storia all’epoca dei dinosauri e quindi “fare esperienze” nel parco era semplice.
Dalle esperienze nel parco nascevano in classe le FRASI frutto di scambi, aggiustamenti, mediazioni. Bene queste FRASI erano la banca di conoscenza a cui attingere per individuare le PAROLE ricorrenti e poi le singole LETTERE.
Come ben si comprende imparare a leggere e a scrivere è una cosa straordinaria, nulla a che fare con demenziali test *_*
Già, complessità, fare esperienze, il parco…
Grazie Fiorella.