Il momento della nascita di un essere umano è talmente complesso che raccontarlo è un dono. Per le mamme e per le nuove generazioni. Eppure sono tante le donne che restano in silenzio. Uno dei motivi? Negli ultimi quarant’anni in Italia si sono accumulate esperienze traumatiche per come le donne si sono sentite trattate negli ospedali. Nel mondo occidentale in particolare l’esperienza del parto resta rinchiusa tra le mura dell’ospedale. La società non prepara ad affrontare questo evento nella sua complessità. Ma finora è mancata prima di tutto la volontà politica di ascoltare le madri: per questa ragione nascono sempre più spesso reti di auto mutuo aiuto, cerchi di mamme, che si autogestiscono, raccontano le esperienze del parto, creano legami di sorellanza. È tempo di nascere e partorire con piacere
di Giulia Giordano*
Il 29 novembre alla Casa Internazionale delle Donne si è tenuto l’incontro “Raccontare la violenza ostetrica: Economia del Dono e il ruolo delle madri attiviste”. È stato il I incontro di cinque che si terranno alla casa Internazionale delle Donne entro marzo 2018* Mi interessa condividere e diffondere questi contenuti che reputo assai preziosi per tutt*, non solo per le madri.
Ha introdotto Francesca Lulli per il centro studi femminista sull’economia del dono, che insieme a Genevieve Vaughan vogliono promuovere la conoscenza di lavori di studiose, attiviste, artiste che nel loro percorso hanno incontrato l’economia del dono; si vuole mettere in luce una trama nascente di esperienze che producono benessere.
Ha inaugurato questo ciclo di incontri l’autrice, mamma attivista, cantante, poetessa, Elena Skoko con Michela Cericco (presidente della onlus “la goccia magica”) con cui condividono il percorso di OVO Italia, osservatorio sulla violenza ostetrica, fondato da Elena che è anche l’ideatrice della campagna #bastatacere.
Elena ci ha raccontato come il lavoro di Genevieve Vaughan sia stato fondamentale per capire quello che stava facendo: valorizzare il dono delle madri è un pensiero rivoluzionario; in particolare si è soffermata sul potere del racconto. Non è stato affatto facile per lei e la sua rete di madri attiviste portare “a cospetto delle istituzioni” le storie di donne che raccontano come nascono i bambini, in che contesti di violenza. Il momento della nascita di un essere umano è talmente complesso che raccontarlo è un dono. Per le future mamme e per le nuove generazioni. Eppure sono tante le mamme che hanno taciuto. Uno dei motivi di questo silenzio – ci riporta Elena – è stato che negli ultimi quarant’anni in Italia si sono accumulate esperienze traumatiche per come le donne si sono sentite trattate negli ospedali. Nonostante le numerose iniziative legislative rispetto alle domande aperte già dalle femministe quarant’anni fa. Nonostante nel 2014 l’OMS abbia pubblicato un documento in cui sollecitava governi, istituzioni, professionisti e società civile ad ascoltare i punti di vista delle madri le istituzioni hanno scelto di non impegnarsi in questo ambito.
A livello personale la scelta di non raccontare il proprio parto di solito è una forma di protezione per i figli, (oltre che per se stesse, a volte si preferisce rimuovere la violenza per autodifesa). Si sceglie di non rovinare il bel ricordo della nascita, anche perché se i figli nascono con una modalità violenta, spesso si sentono responsabili della sofferenza subita dalla madre. È così si è persa una catena di saperi.
Nel mondo occidentale in particolare l’esperienza del parto resta rinchiusa tra le mura dell’Ospedale. La società non ci prepara ad affrontare questo evento nella sua complessità. “È vero che un racconto di parto violento traumatizza anche l’ascoltatore, però crediamo che sia fondamentale. Come raccontare il parto rispettato” aggiunge Elena: raccontare le esperienze, tutte, può aiutare altre donne a capire dove e come stiamo, e imparare a chiamare le cose con il loro vero nome. Dall’intercettazione di questo bisogno è nato l’OVO e l’associazione di volontariato “La goccia magica” e si adoperano, insieme ad altri gruppi, per creare reti sociali ed essere interlocutori validi per le istituzioni. È mancata la volontà politica di ascoltare le madri – denuncia Elena – e per questo nascono reti di auto mutuo aiuto, cerchi di mamme per raccontare le esperienze di parto, eventi e percorsi che favoriscono la creazione di una sensazione di “sorellanza”. “Sia per gli uomini che per le donne la prima esperienza umana è la nascita, il recupero della memoria attraverso il racconto di questo evento fa di noi una vera comunità”.
ARTICOLI CORRELATI
- Violenza ostetrica in sala parto
- Chi decide come e dove partorire?
- Hanno fatto nascere la creatura Irene Ausiello
- Il mutualismo delle donne
- Università popolari di medicina
- Non siamo uno spot, allattiamo al seno
- Ripensare insieme la medicina
- La cultura di far star meglio la gente Marco Calabria
- La salute non si compra, si fa insieme Paolo Cacciari
Il racconto del parto fa parte di quell’economia del dono di cui parla Genevieve Vaughan, è una forma di economia tangibile che si crea ogni volta che emerge un bisogno e si trova un modo per soddisfarlo non fondato su logiche di scambio: quello che accade solitamente alle madri quando soddisfano il bisogno di accudimento del figlio; le madri creano “capitale umano”, generano ricchezza, che volendo si può anche calcolare in termini monetari. Elena ci fa l’esempio del valore del latte materno sul mercato: corrisponde circa a 130 euro a litro! si può calcolare il tempo dedicato alla cura, per valorizzarlo.
Tutta la campagna #bastatacere, e i lavori di OVO sono fondati sull’economia del dono e addirittura dopo aver raccolto tante storie, giudicate poco autorevoli dalle istituzioni, ma prese in considerazione come “letteratura grigia” dall’OMS, in quanto “voci di madri”; le madri-attiviste hanno allora commissionato a spese loro a un istituto di ricerca, la Doxa, un’indagine e hanno offerto i risultati alle istituzioni. Anche in questo caso non hanno avuto grandi risposte.
Una donna su tre in Italia non si è sentita coinvolta nelle decisioni che riguardavano il suo parto. Gli Istituti sanitari appaiono come delle fortezze in cui i cittadini entrano in punta di piedi. Elena desidera “che la società si prenda cura delle madri in mondo rispettoso e competente e autorevole”. Ci racconta come in alcuni posti gli istituti sanitari tengono conto dei bisogni degli utenti: l’Università di Oxford paga le donne per insegnare ai medici come effettuare visite ginecologiche rispettose.
Le madri attiviste dell’OVO sono pronte anche a formare il personale sanitario.
Elena Skoko sente il bisogno di aiutare le altre donne anche per migliorare il futuro delle nostre figlie, lo manifesta e mette in pratica attraverso strategie resilienti per favorire il cambiamento. L’economia del dono si fonda sui bisogni della comunità, sulla sorellanza, non ha niente a che vedere con il sacrificio, l’abnegazione, specifica Elena: “Nessuna madre deve sacrificarsi, In Italia il 12 per cento di morti materne è dovuto al suicidio. Condividere l’idea che le cose possono cambiare rende le madri attive e non più vittime: “avere un’esperienza “positiva” del parto e della gravidanza è fondamentale, è possibile ed è un ideale al quale dobbiamo aspirare”. Elena ha concluso il suo intervento citando Genevieve Vaughan: ”Nella nostra epoca dire la verità in faccia al potere è diventato uno dei doni più preziosi che possa essere praticato, date le bugie usate dai governi, dalle corporazioni e dai media nella modalità di scambio, per manipolare l’attenzione del pubblico alterando i beni comuni percettivi e concettuali”.
Michela Cericco insieme a 11 madri peer to peer ha costituito un’associazione di volontariato, un’identificazione istituzionale che nel linguaggio burocratico dei giorni nostri è ciò che più si indentifica con la filosofia dell’economia del dono. Prima di conoscere Elena dicevano di essere “cittadine attive” poi si sono identificate nel ruolo delle madri attiviste. Il suo intervento si è concentrato in particolare sulla “cultura del non allattamento”, a partire dal danno quantificato dalle ricerche dell’OMS e dalle raccomandazioni agli Stati membri che hanno recepito e attivato attraverso la collaborazione dell’Unicef delle strategie di intervento che prevedono il coinvolgimento anche delle madri attiviste.
I gruppi di auto mutuo aiuto alla pari sono da subito stati riconosciuti come una risorsa, anche a stimolare i lenti processi di cambiamento all’interno delle istituzionali. Senza il loro contributo attivo di cittadine/utenti è stato dimostrato che non si ottengono risultati attesi e duraturi. Alle donne viene sottratta la competenza dei gesti dell’allattamento con mirate strategie di marketing violento che fidelizza le ignare future madri ma anche ignari operatori sanitari e medici a diventare degli obbedienti consumatori in un sistema certamente non fondato sullo scambio e sull’economia del dono. E dunque si crea profitto a mortificare, demotivare, dissuadere con false informazioni le donne che allattano e le multinazionali lo sanno bene e fanno calcoli ben precisi, questo sistema consolidato è stato ampiamente studiato con metodi scientifici e da organismi governativi autorizzati e certificati come ad esempio l’Istituto Superiore di Sanità. In questo sistema che mortifica, scredita l’economia del dono, ci sono tanti interessi in gioco, quindi agire sulle insicurezze delle madri, sulle paure, crea profitto. Secondo Michela “per invertire questa tendenza dobbiamo cominciare a eliminare lo scambio di denaro, a partire dai gruppi di madri”.
Michela con le sue compagne hanno esse stesse sperimentato esperienze di allattamento fallimentari, cercando di inseguire i lontani consigli dell’OMS sull’allattamento, ci sono riuscite con le seconde terze esperienze di parto e allattamento inserite in una rete di sostegno alla pari ma anche di servizi sanitari preposti così l’azienda sanitaria locale le ha ritenute capaci e idonee per essere candidate a frequentare un corso per qualificarsi mamme peer to peer.. Hanno dimostrato che si poteva arrivare a seguire le raccomandazioni OMS con una corretta informazione trasmessa con un sostegno alla pari. Attraverso un processo organico, fuori da ogni logica di mercato, le donne hanno riscoperto le loro antiche competenze.
Michela si sofferma in particolare sulle conseguenze ecologiche dell’allattamento, e su come esse siano poco diffuse: per esempio è chiaro che il latte artificiale impatta fortemente sull’ambiente con i rifiuti ad esso connessi (biberon, contenitori e attrezzi per scaldare, ciucci. ecc); meno noto è che una madre che allatta può anche entrare in una sintonia tale col bimbo da scegliere di svezzare dal pannolino prima, perché essendo sempre a contatto con il bambino è più in ascolto dei suoi reali bisogni fisiologici e questo comporta un notevole risparmio in termini di impatto ambientale. Il latte materno è a KM0! “Il passo successivo è capire come le madri possono cambiare le politiche della comunità”. Attraverso la trasmissione di informazioni si crea benessere per la comunità intera. Del parto, come dell’allattamento, si parla proprio per creare comunità, per essere attive nella fondazione del mondo in cui cresceranno i nostri figli. Michela aggiunge anche che le istituzioni sanitarie hanno prodotto dei dati sui danni per la mancanza di allattamento ed in primis tra i tanti danni nell’ottica del bambino c’è l’obesità in età pediatrica, piaga di questa epoca che genera tantissimi altri danni alla salute pubblica nel nostro paese. La tentazione di trarre profitto da tutto questo, la possibilità di chiedere consulenze a pagamento per la trasmissione di queste informazioni, non crea la stessa sinergia tra donne e oggi Michela con la sua associazione, attiva soprattutto ai Castelli Romani, è diventata interlocutrice delle Istituzioni con contributi tangibili prodotti dalle madri con l’economia del dono. L’allattamento è stato inserito negli Obbiettivi di sviluppo del Millennio, (ONU) ma non è sufficiente, è la partecipazione attiva delle madri e delle associazioni che può generare azioni più mirate e diffuse per poter effettivamente cambiare paradigma.
“Il mestiere più antico del mondo è l’ostetrica” ha dichiarato a conclusione dell’incontro Laura De Micheli della Casa Internazionale Delle Donne, che ci ha riportato anche gli ultimi aggiornamenti sul rischio di sfratto della casa da parte del Comune di Roma. Prima ancora delle operatrici sanitarie c’erano le madri che aiutavano altre madri ad esprimere le proprie competenze e le competenze della comunità nel rispetto e nell’amore.
Certo è che di questi mestieri antichi, che oggi si traducono in professioni come la doula, le consulenti per l’allattamento, le educatrici perinatali, poco si parla e troppo poco spazio si dà nelle istituzioni alle voci delle mamme che si sono autorganizzate per parlare di diritto a un parto felice e raccontare le loro storie di violenze ostetriche subite negli ospedali. Poco o per nulla viene valorizzata l’economia del dono e le narrazioni dominanti ostacolano l’emersione di queste reti di auto mutuo aiuto, eppure ci sono, ce n’è bisogno e sempre più ne nasceranno. Forse sarebbe il caso, anche in questo ambito (questo è il mio punto di vista personale) di generare nuove istituzioni autogovernate per riappropriarsi del diritto a un parto felice: non c’è più tempo di attendere l’ostinato ritardo delle vecchie istituzioni che hanno tradito ogni patto di fiducia con la società intera. È tempo di nascere e partorire con piacere, lontani dalle grinfie dell’ipermedicalizzazione, ri-nascere in un mondo fondato sull’economia del dono, nutrirsi e offrire nutrimento consapevolmente, non solo in un’ottica ecologica, di benessere, ma anche per attuare un piano politico rivoluzionario in ascolto dei bisogni del pianeta e delle generazioni future.
*Attrice e autrice (cinema e teatro), organizzatrice culturale, vive a Roma. Ha aderito alla campagna 2017 di Comune “Un mondo nuovo comincia da qui”:
**Gli incontri con ricercatrici e autrici organizzati alla Casa Internazionale delle Donne dal Centro Studi femministi per l’economia del dono continuano fino a marzo, il calendario non è ancora disponibile. Condivideranno la loro esperienza:
- Francesca Colombini autrice di “Matriarchè, per una società egualitaria”
- Daniela Falcioni docente filosofia morale dell’Università della Calabria che si occupa di economia del dono dal punto di vista etico e politico e si confronta col pensiero di Genevieve Laughan;
- Daniela Degan, nota esponente del movimento per la Decrescita, nonché studiosa del matriarcato e della mitologia delle donne;
- Laura De Micheli, ricercatrice indipendente nell’ambito della metodologia celtica e femminile, attivista nel movimento delle donne LGBTQ; scrittrice del romanzo fantasy “Le radici del compimento”;
- Francesca Lulli, ricercatrice indipendente si occupa di economia popolare, dono e reciprocità, associazionismo femminile in Africa, e adesso si sta occupando di tematiche di educazione comunitaria, salute riproduttiva e questione sociale in relazione alla centralità delle donne anziane, le nonne, in Senegal.
DA VEDERE
Paola Ciocci dice
Il parto non è una malattia, non andrebbe medicalizzato… si dovrebbe ritornare al parto in casa. La mia mamma mi ha fatto nascere in casa, cinquantadue anni fa con un parto naturale. E dire che alla nascita pesavo quasi cinque chilogrammi: attorno c’erano, oltre l’ostetrica, la nonna e la zia.
Rosanna Caraglia dice
Grazie Comune: proprio l’anno scorso era possibile raccontare in rete le proprie esperienze legate al parto, ovviamente negative, e io l’ho fatto…
Nicoletta Salvi dice
Io sono l’esempio vivente: tre figlie delle quali la prima ahimè in ospedale e le altre in casa. non ho dubbi!
Tea Doula Rossa dice
Mi sono commossa.
Paola Scatena dice
Grazie Comune.