Per capire ciò che accade in Turchia occorre guardare soprattutto dietro le urne, ad esempio nei villaggi curdi dove si sono diffusi principi e pratiche di democrazia assembleare, grazie anche all’influenza del pensiero di Murray Bookchin su Abdullah Ocalan e sulle comunità curde. Lo ha raccontato, tra gli altri, Janeth Biel, compagna di Bookchin, in questo articolo (scelto e tradotto da Maurizio Acerbo, della segreteria nazionale del Prc) pubblicato alcuni mesi fa su New compass: un modo interessante anche per riscoprire il pensiero di Bookchin, poco noto in Italia se non in alcuni ambiti anarchici, anche se al tempo della sua morte Murray non identificava più se stesso come un anarchico. Dal municipalismo libertario di Bookchin alla società curda: la lotta per la libertà è più profonda di qualsiasi riforma dello Stato
di Janeth Biel
Nel febbraio 1999, nel momento in cui Abdullah Ocalan veniva arrestato in Kenia, Murray Bookchin e io vivevamo a Burlington, nel Vermont. Seguimmo l’arresto di Ocalan sui notiziari. Bookchin provava simpatia per il dramma dei curdi – lo diceva ogni qualvolta l’argomento veniva fuori – ma considerava Ocalan l’ennesimo leader guerrigliero marxista-leninista, uno stalinista dei nostri giorni. Murray aveva criticato questa gente per decenni, per aver fuorviato gli impulsi popolari per la libertà, verso l’autorità, il dogma, lo statalismo e persino – nonostante l’apparenza contraria – verso l’accettazione del capitalismo.
Bookchin stesso era stato uno stalinista negli anni trenta, quando era adolescente; si allontanò alla fine del decennio e si unì ai trotskisti. A quell’epoca i trotskisti pensavano che la seconda guerra mondiale si sarebbe conclusa con rivoluzioni proletarie socialiste in Europa e negli Stati Uniti, allo stesso modo con cui la Prima Guerra Mondiale aveva dato origine alla Rivoluzione Russa. Durante la guerra Bookchin lavorò sodo in una fonderia per tentare di organizzare i lavoratori per ribellarsi e per fare quella rivoluzione. Ma nel 1945 non la fecero. Il movimento trotskista, la cui ferma previsione non si era realizzata, collassò. Molti, anche se non tutti i suoi adepti, abbandonarono il marxismo e in genere la politica rivoluzionaria; diventarono accademici o editarono riviste, lavorando più o meno all’interno del sistema.
Anche Bookchin abbandonò il marxismo, dato che il proletariato si era chiaramente rivelato non essere rivoluzionario in fin dei conti. Però, invece di seguire l’opinione corrente, lui e i suoi amici fecero qualcosa di insolito: continuarono a essere dei rivoluzionari sociali. Si ricordarono che Trotsky, prima di essere assassinato nel 1940, aveva detto che se dovesse accadere l’impensabile – cioè che la guerra non si concludesse con la rivoluzione – allora sarebbe necessario rivedere la dottrina marxista stessa. Bookchin e i suoi amici insieme, incontrandosi settimanalmente durante gli anni ’50, cercarono di identificare nuove vie per rinnovare il progetto rivoluzionario, nelle nuove circostanze.
Una società ecologica
Il capitalismo, ne rimasero certi, era un sistema di per sé difettoso in maniera autodistruttiva. Ma, se non il proletariato, allora qual’era il suo punto debole? Bookchin comprese, agli inizi degli anni ’50, che il suo difetto mortale era il fatto che esso era in conflitto con l’ambiente naturale; distruttivo sia della natura che della salute umana. Esso industrializzava l’agricoltura, contaminando i raccolti e di conseguenza la gente, con sostanze chimiche tossiche; gonfiava le città a insopportabilmente grandi dimensioni da megalopoli, tagliate fuori dalla natura; trasformava le persone in automi e danneggiava i loro corpi e la loro psiche. Li spingeva, attraverso la pubblicità, a spendere i loro soldi in merci inutili, la cui produzione danneggiava ulteriormente l’ambiente. La crisi del capitalismo allora deriverebbe non dallo sfruttamento delle classi lavoratrici ma dalla intollerabile disumanizzazione della persone e dalla distruzione della natura.
Per creare una società ecologica, le città dovrebbero essere decentrate, così la gente potrebbe vivere in una scala più piccola e autogovernarsi, produrre il cibo localmente e usare energia rinnovabile. La nuova società sarebbe guidata non dai dettami del mercato, o dagli imperativi di un’autorità statale, ma dalle decisioni del popolo. Le loro decisioni sarebbero guidate dall’etica su scala comunale.
Per creare una società razionale ed ecologica di questo genere noi avremmo bisogno di istituzioni vitali – quelle che Bookchin chiamò “forme della libertà”. Sia l’organizzazione rivoluzionaria che le istituzioni per la nuova società avrebbero dovuto essere realmente liberatorie, in modo da non condurre a un nuovo Stalin, a nuove forme di tirannia nel nome del socialismo. Tuttavia dovrebbero essere abbastanza forti per sopprimere il capitalismo. Tali istituzioni, si rese conto, potevano essere solo assemblee democratiche. Lo stato-nazione esistente dovrebbe essere eliminato e i suoi poteri trasferiti ai cittadini nelle assemblee. Essi, piuttosto che i padroni dell’industria potrebbero prendere decisioni, ad esempio sull’ambiente. E, dato che le assemblee funzionerebbero solo localmente, perchè il tutto funzioni su aree geografiche più ampie, esse dovrebbero connettersi insieme- confederarsi.
Trascorse i successivi decenni elaborando queste idee per una società ecologica democratica. Negli anni ‘80, per esempio, egli affermò che la confederazione delle assemblee dei cittadini avrebbe costituito un contropotere o un doppio potere contro lo stato-nazione. Egli chiamò questo programma “municipalismo libertario”, successivamente utilizzando la parola comunalismo.
La critica allo stato di Bookchin
Durante quei decenni cercò di convincere gli altri esponenti della sinistra americana ed europea dell’importanza di questo progetto. Ma in quei giorni la maggior parte di loro erano troppo occupati nell’ammirare Mao, Ho Chi Minh, Fidel Castro. Bookchin sottolineava che erano dittatori; la sinistra non voleva sentire tali critiche. L’ecologia e la democrazia sono solo idee piccolo-borghesi, gli dissero. Le uniche persone che ascoltavano Bookchin erano gli anarchici, perché le sue idee erano anti-stataliste. Era diventato, infatti, un anarchico di alto profilo. Egli disse agli anarchici che il suo programma per il municipalismo libertario costituiva la loro politica naturale, la loro ovvia teoria rivoluzionaria. Essi lo ascoltavano con molto rispetto, ma gli dicevano che non apprezzavano i governi locali più di quanto non gli piacesse qualsiasi altra forma di governo; e erano contrari anche alla regola del voto a maggioranza, perché significava che le minoranze non avrebbero potuto prendere la propria strada. Gli anarchici preferivano gruppi comunitari non politici, cooperative, librerie radicali, le comuni; Bookchin pensava che queste istituzioni erano accettabili ma che, per fare una seria rivoluzione, avevi bisogno di un modo per ottenere potere politico attivo, concreto, acquisito, strutturale e legale. Il municipalismo libertario era un modo per fare questo, per avere un punto d’appoggio solido contro lo stato-nazione.
Lui amoreggiò con gli anarchici. Li corteggiò, implorò, blandì, pregò, intonò e rimproverò. Fece di tutto per convincerli che il municipalismo libertario era il modo per rendere l’anarchismo politicamente rilevante. Ma verso il 1999, nel periodo dell’arresto di Ocalan, stava finalmente ammettendo che aveva fallito, ed era in procinto di svincolarsi dall’anarchismo.
Con tutto quello che sta succedendo, non leggemmo molto sulla difesa di Ocalan al suo processo per l’accusa di tradimento: non sapevamo, per esempio, che stava subendo una trasformazione simile a quella che Bookchin aveva subito mezzo secolo prima, che stava respingendo il marxismo-leninismo in favore della democrazia. Aveva concluso che il marxismo era autoritario e dogmatico e incapace di avvicinarsi in modo creativo ai problemi attuali.[1] Noi “dobbiamo rispondere alle esigenze del momento storico”, disse ai pubblici ministeri. Per andare avanti, era necessario “rivalutare i principi, il programma e le modalità di azione”.[2] Era qualcosa che Bookchin potrebbe aver detto nel 1946. Oggi, Ocalan disse ai suoi accusatori turchi, i sistemi rigidi sono al collasso, e “i problemi nazionali, culturali, etnici, religiosi, linguistici, e in effetti regionali vengono risolti garantendo e applicando i più ampi standard democratici.” [3] Il Pkk, disse, deve rinunciare al suo obiettivo di realizzare uno stato curdo indipendente e adottare un programma democratico per la Turchia nel suo insieme. La democrazia, disse è la chiave per la questione curda, perché in un sistema democratico, ogni cittadino ha diritti e il voto, e tutti partecipano egualmente a prescindere dall’etnia. Lo Stato turco potrebbe essere democratizzato, per riconoscere l’esistenza del popolo curdo e il suo diritto a lingua e cultura. [4] Non era la democrazia assembleare, del tipo che Bookchin stava sostenendo, si trattava di un approccio dall’alto al basso. Piuttosto, “l’obiettivo è una repubblica democratica.” [5]
La democrazia, fece notare, era anche la chiave per il futuro della Turchia, dato che la Turchia non potrebbe realmente essere una democrazia senza i curdi. Altre nazioni democratiche risolsero i loro problemi etnici mediante l’inclusione di gruppi che erano stati un tempo marginalizzati – e l’inclusione e la diversità li ha rafforzati. Gli Stati Uniti, l’India e molte altre nazioni con problemi etnici più complessi di quelli della Turchia hanno fatto progressi nel campo dell’inclusione etnica e si sono tutti rafforzati nel processo. In tutto il mondo l’accettazione ha trasformato le differenze in punti di forza.
Qualunque cosa gli accusatori turchi abbiano pensato del messaggio di Ocalan, a loro comunque non importava del messaggero, lo giudicarono colpevole e lo condannarono a morte, una sentenza che fu commutata più tardi nella prigionia in isolamento.
Il cambiamento si nutre di contraddizioni
Bookchin diceva che i migliori anarchici sono quelli che precedentemente erano marxisti. Sapevano, diceva, come pensare, come tirare fuori la logica delle idee. E capivano la dialettica. Egli avrebbe sicuramente riconosciuto questa capacità in Ocalan, se si fossero mai incontrati. Entrambi condividevano un modo di pensare dialettico, ereditato dal loro comune passato marxista. Non che fossero materialisti dialettici, entrambi capivano che il concetto marxista era inadeguato, perché la causazione storica è multipla, non solo economica. Ma entrambi rimasero dialettici, innamorati dei processi di sviluppo della storia. La dialettica é un modo di descrivere il cambiamento – non il tipo di cambiamento cinetico che è la preoccupazione della fisica – ma il cambiamento evolutivo che avviene nella vita organica e nella storia sociale. Il cambiamento progredisce attraverso le contraddizioni. In qualsiasi sviluppo, un po’ del vecchio viene preservato mentre un po’ del nuovo viene aggiunto, determinando un Aughebung, o superamento.
Ambedue erano inclini a pensare in termini di sviluppo storico. Infatti, hanno scritto stupendi resoconti storici della civilizzazione, più d’una volta, parecchie volte, analizzando la dialettica di dominazione e resistenza, degli stati e delle tirannie contrapposte alle lotte per la libertà. A differenza dei marxisti, essi non usarono la dialettica per predire qualche inevitabile rivolta futura – sapevano che non si potevano prevedere. Invece la usarono per aumentare le possibilità, per identificare le potenzialità, per stabilire le fondamenta storiche per ciò che essi pensavano dovesse costituire la prossima fase politica. La usavano, consapevolmente o no, per l’etica – per trarre, da ciò che era accaduto nel passato, ciò che dovrebbe avvenire nel futuro.
Entrambi scrissero, separatamente, sulle origini della civilizzazione: sulle società primitive nel Paleolitico: sulla comparsa dell’agricoltura e della proprietà privata e delle società divise in classi; il sorgere della religione, dell’amministrazione, degli stati, degli eserciti e degli imperi, dei monarchi e della nobiltà e del feudalesimo. E hanno descritto la modernità, l’ascesa dell’Illuminismo, la scienza, la tecnologia, il capitalismo. Solo per comodità chiamerò questi resoconti storici Narrazioni della Civilizzazione. Bookchin ha scritto due grandi narrazioni della civilizzazione: The Ecology of Freedom (1981) e Urbanization Against Cities (1986) [6]. Ocalan ne ha scritte diverse, quali per esempio The Road to Civilization e parti di The PKK and the Kurdish Question e anche il più recente Road Map [7].
Essi hanno sfruttato le loro Narrazioni della Civilizzazione al servizio delle problematiche politiche presenti. The Ecology of Freedom costituisce, tra le altre cose, un argomento contro gli ecologisti riformisti mainstream a favore dell’ecologia sociale radicale. Bookchin voleva mostrare a questi prudenti liberals che che potrebbero aspirare a molto di più delle semplici riforme statali – che essi potrebbero e dovrebbero pensare in termini di raggiungimento di una società ecologica. La gente viveva in maniera comunitaria nel passato e potrebbe ritornare a farlo di nuovo. Così mise in evidenza le prime società prive di lingua scritta nella storia umana e che egli chiamò “societa’ organiche”, tribali, comunitarie e non gerarchiche nelle quali le persone vivevano cooperando gli uni con gli altri. Egli identificò le caratteristiche specifiche che le rendevano cooperative: i mezzi per vivere erano distribuiti secondo la tradizione dell’usufrutto (uso delle risorse in base alle esigenze), la complementarietà (mutualismo etico), e il minimo irriducibile (il diritto di tutti al cibo, al riparo e al vestiario). [8] “Da questo sentimento di unità tra l’individuo e la comunità emerge un sentimento di unità tra la comunità e il suo ambiente”, scrisse; queste società organiche vivevano in armonia con il mondo naturale. [9]
La gerarchia e i movimenti di resistenza
Quindi egli tracciò uno sviluppo dialettico: il sorgere della gerarchia, in modo immanente, dalla società organica; il patriarcato e la dominazione della donna; la gerontocrazia; gli sciamani e i preti; i guerrieri e i capi e gli stati; la società di classe. [10] Da allora in poi sorse l’idea di dominare la natura, ridefinendo la natura come un oggetto da sfruttare.
Per Bookchin, l’eredità della gerachia della dominazione è contrastata da un’eredità di lunga data di libertà – movimenti di resistenza nel corso della storia che hanno incarnato i principi derivanti dalle società organiche – l’usufrutto, la complementarietà, il minimo indispensabile. Il potenziale rimane ancora per un superamento dialettico della dominazione in una società cooperativa libera che potrebbe rendere possibile una relazione cooperativa con la natura. Lui chiamava questo insieme di idee ecologia sociale.
Era il 1982. In una seconda Narrazione della Civilizzazione, Urbanization without Cities, lui cercò di stabilire le fondamenta storiche della democrazia assembleare. Scoprì una tradizione di assemblee dei cittadini nell’antica ecclesia ateniese; nelle prime città italiane e tedesche e nei Paesi Bassi; nelle veche russe di Pskov e Novograd; nelle assemble comunere della Spagna del sedicesimo secolo; nelle assemblee rivoluzionarie delle sezioni parigine del 1793; nella Comune di Parigi nel 1871, nei Soviets del 1905 e 1917; nei collettivi rivoluzionari in Spagna nel 1936-1929; e nei meeting dei cittadini del New England di oggi, fra gli altri. Mostrò come (contrariamene al marxismo) il luogo per la rivoluzione non era la fabbrica ma la municipalità. L’urbanizzazione pose le basi dialettiche per una rivolta municipalistica per la libertà contro lo stato-nazione.
Mesopotamia
Confinato nella solitudine della sua isola prigione, Ocalan si dedicò allo studio e alla scrittura, spesso Narrazioni della Civilizzazione. Una delle sue problematiche, in Roots of Civilization (2001), era mostrare la necessità per la repubblica democratica turca di includere i curdi. Anche lui descrisse un processo di evoluzione sociale, gli storici macro-processi di civilizzazione, le cui radici si trovano in Mesopotamia, a Sumer.
Nel suo racconto, la Ziggurat – un tempio, un centro amministrativo, e un sito di produzione – fu “il grembo delle istituzioni statali.” [11] Il piano più in alto si diceva che fosse la casa degli Dei ma il primo piano era per la produzione e lo stoccaggio delle merci. Il tempio, quindi, funzionava come un centro di produzione economica. I governanti erano elevati a uno status di divinità; il resto del popolo doveva faticare al loro servizio, come lavoratori in un’economia centrata attorno al tempio. Le ziggurat furono “ i laboratori per la codificazione dei modi di pensare della gente, le prima istituzioni totali (asylums nel testo) dove la creature sottomessa veniva creata”. Furono “le prime famiglie patriarcali e i primi bordelli”. I sacerdoti Sumeri che li costruirono divennero”i migliori architetti del potere politico centralizzato”. I loro templi divennero città, le città divennero stati e imperi e il tutto divenne civilizzazione. Ma la natura del fenomeno rimase lo stesso: “La storia della civilizzazione non è nient’ altro che la continuazione di una società Sumera cresciuta in estensione, ramificata e diversificata ma che ha mantenuto la stessa configurazione di base”. [12] Noi stiamo ancora vivendo a Sumer, ancora vivendo in “questa incredibile invenzione intellettuale” che” ha controllato tutta la nostra storia da allora in poi”. [13] Se la civiltà sumera è la tesi, egli disse in maniera dialettica, abbiamo bisogno di un’antitesi, in cui noi possiamo trovare, tra gli altri posti, nella questione Curda. [14] La resistenza etnica nei confronti della città sumera è antica come quella città stessa. Oggigiorno un superamento dello stato sumero si può trovare in una repubblica pienamente democratica, casa sia dei curdi che dei Turchi.
Non so niente delle altre influenze intellettuali di Ocalan – i nomi Wallerstein, Braudel e Foucalt sono spesso citati. Ma è chiaro che nel 2002 Ocalan iniziò a leggere Bookchin intensamente, specialmente L’Ecologia della Libertà e Urbanizzazione senza Città. Da allora in poi, tramite i suoi avvocati, egli cominciò a raccomandare a tutti i sindaci nel Kurdistan turco di leggere Urbanizzazione senza Città e L’Ecologia della Libertà a tutti i militanti. [15] Nella primavera del 2004, egli chiese ai suoi avvocati di mettersi in contatto con Murray, ed essi lo fecero tramite un intermediario che spiegò a Murray che Ocalan si considerava un suo studente, che aveva acquisito una buona comprensione del suo pensiero e che non vedeva l’ora di rendere quelle idee applicabili alle società del Medio Oriente. Chiese un dialogo con Murray e mandò uno dei suoi manoscritti.
Sarebbe stato fantastico se quel dialogo avesse avuto luogo. Purtroppo Murray a 83 anni era troppo malato per accettare l’invito e a malincuore con rispetto dovette declinare.
L’influenza del pensiero di Bookchin su Ocalan
Gli scritti successivi di Ocalan mostrano l’influenza del suo studio del pensiero di Bookchin. Il suo lavoro del 2004 In Defense of the People è una Narrazione della Civilizzazione che include un resoconto di forme sociali comunalistiche primitive, come le “società organiche” di Murray; la forma comunitaria di vita che Ocalan ribattezzò “società naturale”. Nella società naturale, egli scrisse, la gente viveva “come parte della natura” e “ le comunità umane erano parte dell’ecologia naturale”. Egli presentò un resoconto dell’origine della gerarchia che ricordava molto quella di Bookchin: lo stato “faceva rispettare la gerarchia permanentemente e legittimava l’accumulazione di valori e beni”. Inoltre, egli disse, il sorgere della gerarchia introdusse l’idea della dominazione sulla natura: ”Invece di essere parte della natura”, la società gerarchica vide la “natura sempre più come una risorsa”. Ocalan richiamò anche l’attenzione sulla natura dialettica del processo: ”la società naturale all’inizio della storia dell’umanità costituisce la tesi contrastata dall’antitesi delle susseguenti forme di società gerarchiche basate sullo stato”. [16]
Le loro rispettive narrazioni della civilizzazione hanno molti punti di sovrapposizione e differenza che sarebbe affascinante esplorare, ma ai fini della sinteticità, mi limiterò a uno, i diversi modi in cui hanno scritto sulla Mesopotamia.
Ocalan, come ho detto, enfatizzò il fatto che la Mesopotamia rappresenta il luogo dove la civilizzazione ebbe inizio. Bookchin era d’accordo e fece notare che la scrittura iniziò propio lì: “la scrittura cuneiforme… ebbe le sue origini nelle meticolose registrazioni tenute dagli impiegati del tempio dei prodotti ricevuti e di quelli distribuiti”. Più tardi “questi segni sulle tavolette di argilla” diventarono “forme narrative di scrittura”, uno sviluppo progressivo. [17] Egli conveniva che le gerarchie, il clero e gli stati videro la luce, tutti quanti, a Sumer; era però anche convinto che le antiche civiltà Mesoamericane hanno subito uno sviluppo parallelo. Ma ciò che per lui sembra sia stato più avvincente erano le tracce della resistenza: a Sumer “le prime ‘città-stato’ erano amministrate da ‘assemblee egualitarie’ che possedevano ‘libertà ad un livello non comune’”. [18] Dopo la comparsa della regalità, ci sono evidenze di rivolte popolari, probabilmente per restaurare le vecchie regole sociali o per diminuire l’autorità del bala (re). Anche “il governatore ensi, o i signori militari erano costantemente sotto il controllo delle assemblee popolari”. [19]
E lo affascinò fatto che fu a Sumer che la parola libertà (amargi) apparve per la prima volta nella storia documentata: in una tavoletta cuneiforme sumera che fa un resoconto di una rivolta popolare di successo contro una tirannia regale [20].
Ocalan, dopo aver letto Bookchin, si accorse dell’uso della parola amargi; fino per il resto non riprese questo punto. Ma fece risalire i tratti della società curda già al Neolitico: scrisse ”molte caratteristiche e tratti della società curda, specialmente il modo di pensare e le basi materiali… somigliano a quelle di certe comunità del Neolitico”. [21] Ancora oggi la società curda mantiene quelle caratteristiche di cooperazione tipiche della società organica:
”In tutta la loro storia i curdi hanno preferito i sistemi di clan e confederazioni tribali e lottato per resistere ai governi centralizzati”. [22]
Essi sono potenzialmente messaggeri di libertà.
Come Marxisti, Bookchin e Ocalan avevano ambedue imparato che i processi dialettico-materialistici della stora sono inesorabili e funzionano come leggi, con risultati inevitabili, come il sorgere dello stato-nazione e del capitalismo. In The Ecology of Freedom, però l’ex-marxista Bookchin si preoccupò di screditare “queste nozioni di legge e teleologia sociali”. Non solo erano stati usati “per ottenere una sottomissione spietata dell’individuo a sovrumane forze al di là controllo umano” – come nello Stalinismo; ma negavano “la capacità della volontà umana e della scelta individuale di plasmare il corso degli eventi sociali.” [23] Esse ci rendono prigionieri di una fede “nell’inesorabilità economia e tecnica”. In realtà, lui sosteneva, anche il sorgere della gerarchia non era inevitabile e, se mettiamo da parte per un attimo l’idea che lo fosse, noi potremmo ottenere “una visione che altera in modo significativo la nostra immagine di un futuro liberato”. [24] Questo vuole anche dire che vivevamo comunitariamente una volta e potremmo vivere in maniera comunitaria di nuovo. La memoria sepolta della società organica ”funziona inconsciamente con un impegno implicito per la libertà”. [25] Io credo che questa sia la visione sottostante, liberatoria di The Ecology of Freedom.
Speranza e libertà
Leggendo In Defense of the People di Ocalan, sentivo un’euforia che mi ha ricordato come mi sentivo quando per la prima volta ho letto The Ecology of Freedom nel 1985 – lieta della consapevolezza che una volta la gente viveva nella solidarietà comunitaria e che il potenziale per essa rimane e ispirata dalla prospettiva che potremmo averla di nuovo, se scegliessimo di cambiare i nostri assetti sociali. Il concetto del “minimo irriducibile” ha semplicemente acquisito nuovi nomi, come socialismo. The Ecology of Freedom offre ai suoi lettori ciò che Murray chiamava un “principio di speranza”, e questo deve aver significato qualcosa per l’imprigionato Ocalan.
“La vittoria del capitalismo non era semplicemente destino”, scrisse Ocalan nel 2004. “Ci poteva essere uno sviluppo diverso”. Pensare il capitalismo e lo stato-nazione come inevitabili ”lascia la storia a quelli che sono al potere”. Piuttosto, “”non vi è sempre e solo una determinata probabilità per le cose di accadere … c’è sempre un’opzione per la libertà”. [26]
Gli aspetti comunitari della “società naturale” persistono nei gruppi etnici, nei movimenti di classe e nei gruppi religiosi e filosofici che si battono per la libertà”. “La società naturale non ha mai cessato di esistere”, egli scrisse. Un conflitto dialettico tra libertà e dominazione è persistito attraverso la storia occidentale, “una battaglia costante tra gli elementi democratici che fanno riferimento alle strutture comunitarie e quelli i cui strumenti sono il potere e la guerra”. “La società comunitaria (communal nel testo) è in conflitto permanente con quella gerarchica”. [27]
Alla fine Ocalan abbracciò l’ecologia sociale. Nel 2004 egli scrisse “la questione dell’ecologia sociale inizia con la civilizzazione” perchè “le radici della civiltà sono dove troviamo anche “gli inizi della distruzione dell’ambiente naturale”. La società naturale era in un certo senso una società ecologica. Le stesse forze che distruggono la società dall’interno tagliano anche il legame significativo con la natura. Il capitalismo, lui dice, è anti-ecologico, e noi abbiamo bisogno di una rivolta specificamente etica contro di esso, “un cosciente sforzo etico”, una “nuova etica sociale che sia in armonia con i valori tradizionali”. La liberazione delle donne è fondamentale. E invocò una “società democratico-ecologica” che definì come “un sistema basato sulla morale che implica relazioni dialettiche sostenibili con la natura… in cui il benessere comune viene raggiunto con mezzi di democrazia diretta”. [28]
La questione curda e la libertà per tutti
Come si applica tutto questo alla questione curda? Ancora una volta, Ocalan enfatizzò che il raggiungimento della libertà del popolo curdo significa raggiungere la libertà per tutti. “Qualsiasi soluzione dovrà comprendere opzioni valide non solo per il popolo curdo ma per tutte le persone. Il che vuol dire che sto affrontando questi problemi sulla base di un solo umanesimo, una sola umanità, una sola natura e un solo universo“. [29] Tuttavia ora, invece che attraverso la repubblica democratica, lo si deve ottenere attraverso la democrazia assembleare.
“ Il nostro primo compito”, lui scrisse,”consiste nello spingere il più possibile per la democratizzazione, per le strutture non statali e l’organizzazione comunitaria (communal)”. Invece di concentrarsi esclusivamente sul cambiare la Costituzione Turca, lui esortava i curdi a creare organizzazioni a livello locale: consigli comunali locali, amministrazioni municipali, fino ai distretti urbani, le borgate e i villaggi. Dovrebbero fondare nuovi partiti politici locali e cooperative economiche, organizzazioni della società civile e quelle che si occupano dei diritti umani, dei diritti delle donne, dei diritti dei bambini, dei diritti degli animali e tutte le altre questioni da affrontare. Sono necessarie “associazioni regionali delle amministrazioni municipali”, così queste organizzazioni e istituzioni locali formarebbero un network. Al livello superiore, essi devono essere rappresentati in un “Congresso Generale del Popolo”, che affronterà le questioni di “politica, auto-difesa, diritto, morale, economia, scienza, arti, e welfare per mezzo di istituzionalizzazione, regole e meccanismi di controllo“.
A poco a poco, come le istituzioni democratiche si diffondono, tutta la Turchia sarebbe sottoposta a un processo di democratizzazione. Farebbero rete oltre i confini nazionali esistenti, per accelerare l’avvento della civiltà democratica in tutta la regione e produrre libertà non solo per i curdi, ma un rinnovamento geopolitico e culturale. In definitiva un’unione confederale democratica abbraccerebbe tutto il Medio Oriente. Chiamò questa versione curda del municipalismo libertario “confederalismo democratico”.
Il condederalismo democratico
Nel marzo 2005 Ocalan diffuse una Dichiarazione per il Confederalismo Democratico nel Kurdistan. Auspicava una
“democrazia dal basso… basata sulle strutture democratiche comunitarie della società naturale… (Essa) istituirà assemblee nei villaggi, nelle città e nei paesi e ai loro delegati sarà affidato il processo decisionale reale che in effetti significa che il popolo e la comunità decideranno…”.
Il confederalismo democratico di Ocalan mantiene la sua idea brillante di legare la liberazione dei curdi alla liberazione dell’umanità. Afferma i diritti individuali e la libertà di espressione per ognuno, senza distinzione di religione, etnia o di classe. Esso “promuove un modello ecologico di società“ e supporta la liberazione femminile. Esortò il suo popolo a realizzare questo programma:
”Invito tutti i settori della società, in particolare le donne e i giovani, a formare le loro proprie organizzazioni democratiche e a governarle essi stessi”.
Quando visitai Diyarbakir nell’autunno del 2011, scoprii che i curdi nel Sud-Est della Turchia, nell’Anatolia, stavano davvero mettendo in pratica questo programma. [30]
“Non dobbiamo mai focalizzare i nostri sforzi sullo Stato”
Dal 2004-5 Ocalan aveva o rinunciato o spostato l’attenzione dai suoi sforzi per persuadere lo stato a autoriformarsi, democratizzandosi dall’alto in basso. “L’idea della democratizzazione dello stato”, scrisse nel 2005, “è completamente fuori luogo”. Egli aveva concluso che lo stato costituisce un meccanismo di oppressione – “la forma organizzativa della classe dominante” e come tale “uno dei fenomeni più pericolosi nella storia umana”. È tossico per il progetto democratico, una “malattia” , e mentre è presente “noi non potremo costruire un sistema democratico”. Quindi, i curdi e i loro simpatizzanti “non dobbiamo mai focalizzare i nostri sforzi sullo Stato” o sul divenire uno stato, perché questo significherebbe la perdita della democrazia e giocare “nelle mani del sistema capitalistico”. [31]
Questo sembra abbastanza inequivocabile e certamente in accordo con il progetto rivoluzionario di Bookchin. Bookchin postulava che, una volta che le assemblee dei cittadini si erano formate e confederate, esse sarebbero diventate un dualismo di potere (dual power nel testo) che potrebbe essere contrapposto allo stato-nazione e potrebbe rovesciarlo e rimpiazzarlo. Lui enfatizzò ripetutamente il concetto di dualismo di potere, devo dire, accreditandolo a Trotsky che scrisse, nella sua Storia della Rivoluzione Russa, che dopo il Febbraio 1917, quando diversi governi liberali provvisori si occupavano dello stato, il soviet dei deputati dei lavoratori e dei soldati di Pietrogrado divenne un doppio potere (dual power) contro quei governi; più tardi divenne una guida per la rivoluzione d’Ottobre. In modo simile la confederazione comunalista sarebbe un contropotere, un doppio potere (dual power), in una situazione rivoluzionaria.
Tuttavia Ocalan, nello stesso libro del 2004, In Defense of the People, invia anche un messaggio contraddittorio circa lo stato: ”Non è vero, io penso, che lo stato debba essere spezzato e rimpiazzato da qualcos’altro. Pensare di raggiungere la democrazia abbattendo lo stato è un’illusione”. Piuttosto lo stato può e deve diventare più piccolo, portata più limitata. Alcune delle sue funzioni sono necessarie: per esempio, la sicurezza pubblica, lo stato sociale e la difesa nazionale. I congressi della democrazia confederale dovrebbero risolvere problemi “che lo stato non può risolvere da solo”. Uno stato limitato puo’ coesistere con la democrazia “ in parallelo”. [32] Questa contraddizione sembra aver tormentato Ocalan stesso, che ammette in apparente esasperazione, “Lo stato rimane un fenomeno a doppia faccia come Giano”. Ho la sensazione che la questione rimane ambigua per lui ed è comprensibile. Acutamente, lui osserva che “il nostro tempo attuale è un’epoca di transizione dallo stato alla democrazia. In tempi di transizione, il vecchio e il nuovo spesso coesistono“. [33]
Il movimento comunalista di Bookchin non è mai andato tanto lontano, in termini pratici, quanto Ocalan ha fatto, ma se lo avesse fatto, avrebbe sicuramente dovuto affrontare lo stesso problema. Il concetto di un programma di transizione, che Bookchin invocava in queste occasioni, potrebbe tornare utile a questo punto. Egli era solito distinguere tra il programma minimo (riforme su temi specifici), il programma di transizione (come quello di Ocalan) e il programma massimo (il socialismo, una democrazia assembleare senza stato). Questa distinzione ha un pedigree rivoluzionario – Murray la attribuiva a Trotsky. È un modo di mantenere l’adesione ai vostri obiettivi e principi a lungo termine mentre, allo stesso tempo si ha a che fare con il mondo reale non rivoluzionario.
Omaggio a Bookchin
Nel maggio del 2004 Bookchin mandò un messaggio a Ocalan: “La mia speranza è che il popolo curdo possa, un giorno, essere capace di instaurare una società libera e razionale che darà la possibilità nuovamente al loro ingegno di fiorire. Sono davvero fortunati ad avere un leader di talento come il signor Ocalan a guidarli”. [34] Più tardi abbiamo appreso che il messaggio era stato letto pubblicamente alla seconda Assemblea Generale del Congresso del Popolo Curdo, nelle montagne, nell’estate del 2004. Quando Bookchin morì, nel luglio del 2006, l’assemblea del Pkk salutò ”uno dei più grandi scienziati sociali del XX secolo”. Lui “ci ha introdotto al pensiero della ecologia sociale” e “aiutato a sviluppare la teoria socialista affinché possa avanzare su una più solida base “. “Ci ha mostrato come far diventare un nuovo sistema democratico una realtà”. “Ha proposto il concetto di confederalismo”, un modello che noi crediamo sia creativo e realizzabile”. L’assemblea continuò: “Le tesi di Bookchin sullo stato, il potere e la gerarchia sarà attuata e realizzata attraverso la nostra lotta… Noi metteremo questa promessa in pratica affinchè questa divenga la prima società che istaura un confederalismo democratico tangibile”.
Nessun omaggio lo avrebbe reso più felice. Avrei solo voluto che l’avesse potuto sentire. Forse egli li avrebbe salutati a sua volta con quella parola incisa per la prima volta per libertà a Sumer: “Amargi!”.
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Note:
* Intervento alla conferenza “Challenging Capitalist Modernity: Alternative concepts and the Kurdish Question,” Amburgo, Germania, 3-5 Febbraio 2012: http://www.networkaq.net/. Potete ascoltare l’intervento in inglese qui.
[1] Abdullah Öcalan, Declaration on the Democratic Solution of the Kurdish Question, 1999; d’ora in avanti, Defense; p. 106.
[2] Ibid., p. 44.
[3] Ibid., p. 55.
[4] Ibid., p. 89-90.
[5] Ibid., p. 114.
[6] Murray Bookchin, The Ecology of Freedom: The Rise and Dissolution of Hierarchy (Palo Alto, Calif.: Cheshire Books, 1982), edizione italiana L’ecologia della libertà, Eleuthera ; e The Rise of Urbanization and the Decline of Citizenship [successivamente reintitolato Urbanization Against Cities] (San Francisco: Sierra Club, 1986).
[7] Abdullah Öcalan, Prison Writings: The Roots of Civilization, (London: Pluto Press, 2007); e Prison Writings: The PKK and the Kurdish Question in the 21st Century(London: Transmedia, 2011). Né Bookchin nè Ocalan erano archeologi o antropologi; piuttosto, nei loro racconti della preistoria e della storia più antica, usano le scoperte pubblicate di tali professionisti.
[8] Bookchin, Ecology of Freedom, chap. 2.
[9] Ibid., pp. 46, 43.
[10] Ibid., Ecology of Freedom, chap. 3.
[11] Öcalan, Roots, p. 6.
[12] Ibid., p. 53, 25, 98.
[13] Öcalan, PKK and Kurdish Question, p. 96
[14] A differenza di Öcalan, Bookchin ha scelto di non utilizzare i termini tesi, antitesi, e sintesi, considerandoli una semplificazione eccessiva della triade hegeliana an sich, für sich, e an und für sich.
[15] Così mi è stato detto dall’ intermediario tra gli avvocati di Ocalan e Bookchin che desidera rimanere anonimo qui.
[16] Abdullah Öcalan, In Defense of the People chap. 1.2, “The Natural Society
[17] Bookchin, Ecology of Freedom, p. 144.
[18] Ibid., p. 129. Egli sta elaborando sul lavoro di Henri Frankfort e Samuel Noah Kramer.
[19] Ibid., p. 95.
[20] Ibid., p. 168.
[21] Öcalan, PKK and Kurdish Question, p. 22
[22] Öcalan, The Declaration of Democratic Confederalism, February 4, 2005, qui online.
[23] Bookchin, Ecology of Freedom, pp. 23-24.
[24] Ibid., p. 67.
[25] Ibid., p. 143.
[26] Öcalan, Defense of People, p. 41.
[27] Ibid., pp. 51, 65, 60.
[28] Ibid., chap. III.4.
[29] Ibid., p. 52.
[30] Kurdish Communalism, intervista con Ercan Ayboga, New Compass (Sept. 2011).
[31] Ocalan, Defense of People, pp. 177, 24, 104, 177.
[32] Ibid., pp. 24, 106, 111, 106,
[33] Ibid., pp. 27, 178.
[34] Copia in possesso dell’autrice dell’articolo.
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Traduzione di Maurizio Acerbo.
Testo originale: http://new-compass.net/articles/bookchin-%C3%B6calan-and-dialectics-democracy. Titolo originale Bookchin, Ocalan e le dialettiche della democrazia.
Su Bookchin è possibile leggere il saggio di Karl Ludwig Schiebel, “L’ecologia sociale di Murray Bookchin”.
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