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Memorie collettive in cerca di riconciliazione

Johan Galtung
04 Maggio 2012

Stralci di un articolo tradotto e pubblicato dal Centro Studi Sereno Regis di Torino.

Guernica-Paese Basco, Spagna, 28 aprile 2012. Settantacinque anni fa Germania e Italia bombardavano questa città sacra basco-spagnola, aggiungendo il terrorismo di stato alla distruzione delle fabbriche d’armi. Picasso fece sì che tale atrocità entrasse per sempre nella memoria collettiva mondiale. Quale testimonianza del potere dell’arte e della memoria, il dipinto fu fatto coprire quando, al Consiglio di Sicurezza Onu, gli Usa cercarono di costruire un caso sulla presunta produzione di armi di distruzione di massa da parte dell’Iraq.

Due generi di ricordi servono alla politica: le glorie e i traumi. Le glorie – vittorie, liberazioni, costituzioni – si celebrano come nascita della nazione. I traumi – sconfitte, invasioni-occupazioni, declino e caduta – vengono circondati con il giuramento mau più! (…) È meglio conoscere le ferite che hanno marchiato l’anima collettiva. Così, quelle di Baghdad erano colossali: il massacro del 1258 da parte del nipote di Genghis Khan, Mongoli su cavalli veloci, cristiani armeni benedetti dal papa; un milione di uccisi, ma i cristiani salvati. Ci risiaiamo: aeroplani e missili invece di cavalli, Bush invece di Hulagu, e i cristiani. Ma papa Giovanni Paolo II sosteneva il dialogo; e fu messo a tacere dai media mainstream occidentali. (…)

Ecco quattro regole prossime a norme sociali riguardo ai traumi, che spesso sospingono i traumi inflitti in profondità nel subconscio collettivo:

Regola I: Il perpetratore dimentica facilmente; la vittima non dimentica mai.

Regola II: La vittima può usare un trauma per coprire traumi inflitti ad altri.

Regola III: Essere sia perpetratore che vittima è difficile da trattare.

Regola IV: Una fonte nodale di trauma è l’aver traumatizzato altri.

Dunque, quanti italiani erano consci del primo atto di terrorismo di stato in assoluto dall’aria, il loro bombardamento e massacro di donne e bambini del 1911 nelle oasi della Libia, per farne una colonia? Quanti spagnoli sono consapevoli dei bombardamenti di Franco, usando aerei Usa e francesi, della città sacra di Xauen nel Marocco “spagnolo” nel 1925? Germania-Italia-Spagna-Francia-Usa attaccarono tutti l’Iraq finché Zapatero ritirò la Spagna nel 2004.

Il Giappone soffrì un terribile trauma a Hiroshima-Nagasaki; e il 6 agosto è un giorno d’infamia alla pari del 7 dicembre 1941, Pearl Harbor. Ma può anche servire, consciamente o meno, a dimenticare le malefatte del Giappone in Cina e Corea. Taluni in Israele agiscono come se orrori inenarrabili come i pogrom russi e la shoah fossero una carta bianca per la naqba. (…)

Tutto questo per illustrare le quattro regole. Stiamo trattando con un ingrediente basilare della violenza: i traumi che non sono stati affrontati. Qualche altro caso. C’è stato un altro 11 settembre: Cile-Pinochet-USA, 1973. Non trattato. C’era un retroscena per l’11 settembre 2001: i traumi patiti dalle nazioni arabe che combatterono l’impero turco allorché la libertà promessa si mutò in colonizzazione dai successori imperiali (Italia)-Inghilterra-Francia: il tradimento Sykes-Picot. E la patria ebraica: la dichiarazione Balfour. Inoltre per la Turchia: Istanbul occupata.

Russia: traumatizzata da Napoleone e Hitler, traumatizzante l’Europa orientale con zar e bolscevichi. Enormità. Non trattate. (…)

Africa: schiavitù-colonialismo-neocolonialismo fanno impallidire gli altri; la distruzione di un continente. Non trattata: i colpevoli se ne escono beati dalle conferenze.

America latina: genocidio-colonialismo-neocolonialismo. Distruzione di un continente. Non trattata; i colpevoli celebrano tuttora Colombo e relative “scoperte” ogni 12 ottobre, dimenticando che la propria gloria può ben essere un trauma per innumerevoli altri. (…)

C’è dell’altro, molto altro, tutto quanto in attesa di esplodere. La via d’uscita? La riconciliazione. Facile a dirsi, difficile a farsi. Spiccano due paesi. Il SudAfrica: Verità e Riconciliazione, di Tutu, Mandela e de Klerk. La Germania: che riconosce quel che ha fatto, lo trasmette nei testi scolastici, ha abbracciato la democrazia e i diritti umani; Gustav Heinemann. E Roman Herzog, un altro presidente tedesco, che ha chiesto scusa per Guernica e giustamente ha ricevuto il premio omonimo nell’anniversario. E Guernica stessa, il centro ricerche per la pace di Gogoratuz, e il museo, e il lavoro per portare alla luce il passato, e ora l’intento di chiedere scusa per le armi prodotte da quella fabbrica (alcune usate nel massacro di Nanchino). Volgendo il trauma in azione positiva. Possano essercene tanti altri.

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