Naturalmente, non ne ha parlato quasi nessuno – tutti presi come siamo dalla guerra alle bollette e le schermaglie tra la famiglia Berlusconi e la signora Meloni, ma sabato 15 ottobre in molte decine di piazze in Italia e in Europa, c’è chi ha manifestato contro l’accordo criminale conosciuto come Memorandum Italia-Libia, firmato nel febbraio del 2017 dai governi Gentiloni e Al Sarraj, che a inizio novembre si rinnoverà automaticamente per tre anni. Serve a dare sostegno politico ed economico alla detenzione nei campi lager, gestiti o tollerati dalle autorità libiche, malgrado le denunce delle Nazioni Unite. L’appello perché venga sospeso l’accordo della vergogna che ha dato vita alla protesta del 15 ottobre era promosso da Abolish Frontex, Diritto di Migrare, diritto di restare e Solidarity with Refugees in Libya. Negli ultimi cinque anni – ricorda Mediterranea – l’Unione Europea attraverso l’Italia, ha speso quasi 1 miliardo di euro per costituire la cosiddetta Guardia costiera libica, addestrarla, dotarla di uniformi e motovedette con l’obiettivo di intercettare e catturare le persone in mare e riportarle nei centri di detenzione. Secondo le stime, almeno 80.000 persone sono state catturate e rinchiuse nuovamente nei lager dove ha inizio il “ciclo infernale” fatto di torture, stupri, estorsioni e morti
1. Cambiano le maggioranze di governo, ma si rinnovano gli accordi con la “Libia”, che non esiste come Stato unitario e proseguono le prassi di abbandono in mare e di supporto alle milizie che detengono, torturano, colludono con i trafficanti, o deportano verso i paesi di origine. In Libia gli scontri armati sono all’ordine del giorno e sempre più spesso ne rimangono vittima anche i migranti più vulnerabili.
Ancora una volta, come già successo in passato, le Nazioni Unite denunciano in un Rapporto abusi sistematici ai danni delle migliaia di migranti intrappolati in Libia, e riconoscono finalmente che dietro le pratiche di rimpatrio “assistito”, supportate anche dall’Unione Europea, si celano violenze sistematiche che fanno preferire alle persone migranti il ritorno nel loro paese di origine, anche se non si tratta di un paese sicuro, alla prosecuzione delle torture quotidiane alle quali rimangono esposte in Libia.
Secondo il Rapporto, ““Qualsiasi migrante che viene rimpatriato in un Paese che sta vivendo fattori negativi e strutturali che costringono le persone a lasciare il proprio Paese di origine, comprese violazioni e abusi dei diritti umani, gli effetti negativi dei cambiamenti climatici e del degrado ambientale, conflitti armati, persecuzioni o una combinazione di questi motivi potrebbe finire in una situazione ancora più vulnerabile di prima”,
L’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Nada al-Nashif ha così affermato che “la Libia e gli Stati coinvolti dovrebbero adottare misure immediate per affrontare urgentemente questa situazione insostenibile e inconcepibile. Le autorità libiche dovrebbero porre fine immediatamente a tutte le violazioni e abusi dei diritti dei migranti. Anche altri Stati hanno responsabilità qui: devono intensificare e fornire maggiore protezione ai migranti intrappolati in Libia aumentando percorsi di ammissione sicuri e regolari nei loro territori”. “Questa situazione disperata richiede a tutti gli interessati di garantire che nessun migrante sia costretto ad accettare il ritorno assistito in una situazione insicura o insostenibile nel proprio Paese di origine”.
Si tratta del resto di abusi già denunciati nel 2017 e nel 2018, prima e dopo che il governo Gentiloni stipulasse il Memorandum d’intesa con il governo di Tripoli, per contrastare le partenze dalla Libia e chiudere tutte le vie di fuga da quel paese. Un accordo finalizzato anche al tentativo di impedire le attività di soccorso nel Mediterraneo centrale, oggetto di una criminalizzazione che ha spostato gli equilibri politici in Italia, senza incidere nel lungo periodo sul numero delle persone che comunque tentavano di fuggire da quel paese, contribuendo a determinare però un aumento incommensurabile del numero delle vittime.
Una recente sentenza della Corte di Cassazione, con motivazioni depositate ad aprile di quest’anno, ribaltando una precedente decisione della Corte di Appello di Palermo sul caso Vos Thalassa, ha riconosciuto il diritto di fuga dei migranti intrappolati in Libia, paese che secondo questa giurisprudenza non può essere qualificato come” paese terzi sicuro”. Una decisione importante che rende evidente la illegittimità degli accordi con i libici e che dovrebbe impedire il rinnovo del Memorandum d’intesa Gentiloni del 2017, se l’Italia fosse ancora uno “Stato di diritto”. Ma ormai la decisione politica prevale sul rispetto delle norme internazionali ed interne che proteggono i diritti fondamentali delle persone, e questo si sta verificando ben oltre il settore, forse ritenuto meno strategico che in passato, delle politiche migratorie.
2. Mentre gli Stati europei e l’Italia hanno ritirato gli assetti navali prima presenti nelle acque internazionali del Mediterraneo centrale, con l’invenzione di una zona di ricerca e salvataggio (SAR) “libica”. L’Unione Europea ha sostenuto le operazioni di “rimpatrio assistito volontario” con le quali alcune migliaia di migranti già intrappolati da tempo nei campi di detenzione hanno potuto fare rientro nei loro paesi di origine,
Adesso il Rapporto delle Nazioni Unite riconferma come in molti casi queste operazioni siano frutto di scelte necessitate per evitare la prosecuzione di torture e abusi di ogni genere, noti a tutti, meno che ai governi che per ragioni politiche continuano a propagandare gli accordi con i libici come un metodo efficace per contrastare l’immigrazione “clandestina” e ridurre il numero degli arrivi in Italia e negli altri paesi europei. Si cancella così qualsiasi rispetto per i diritti umani e per il diritto di asilo. La Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati impedisce di criminalizzare il tentativo di ingresso irregolare di chi chiede protezione e stabilisce il principio di non respingimento verso paesi terzi non sicuri. Un principio cogente in base al diritto internazionale ed europeo, che però gli Stati, l’Italia e Malta in prima linea, eludono, delegando i respingimenti collettivi in mare alla sedicente Guardia costiera libica, e sostenendo i governi e le milizie che in Libia detengono e deportano persone innocenti, colpevoli soltanto di avere esercitato il loro diritto innato a cercare protezione in un paese sicuro. Anche l’Unione Europea, con il ritiro dei mezzi navali e con le attività di segnalazione aerea operate dall’agenzia Frontex in collaborazione con le autorità libiche, si è assunta una pesante responsabilità, che, anche in base a quanto accertato dall’Agenzia europea antifrode OLAF, prima o poi verrà sanzionata a livello internazionale.
Come denunciato da Amnesty International, ” Nel 2021 i guardacoste libici, col sostegno di Italia e Unione europea, hanno catturato in mare 32.425 rifugiati e migranti e li hanno riportati in Libia: di gran lunga il più alto numero finora registrato, tre volte superiore a quello dell’anno precedente. Sempre durante il 2021, 1553 persone sono morte o sono scomparse in mare nel Mediterraneo centrale.
In un rapporto del 17 gennaio 2022 il segretario generale delle Nazioni Unite si è dichiarato “gravemente preoccupato” per le continue violazioni dei diritti umani contro i migranti e i rifugiati in Libia, tra cui violenze sessuali, traffico di esseri umani ed espulsioni collettive. Come riporta Amnesty International, “Il rapporto ha ribadito che “la Libia non è un porto sicuro per lo sbarco di migranti e rifugiati” e ha ribadito la richiesta agli stati membri coinvolti di “rivedere le politiche che favoriscono gli intercettamenti in mare e il ritorno dei migranti e dei rifugiati in Libia”. Il rapporto ha anche confermato che i guardacoste libici continuano a operare con modalità che pongono in grave pericolo le vite e la salute dei migranti e dei rifugiati che cercano di attraversare il mar Mediterraneo”.
3. Con il rinnovo del Memorandum d’intesa con Tripoli e con il sostegno politico ed economico alla detenzione nei campi lager, gestiti o tollerati dalle autorità libiche, i governi europei ed i governi italiani, secondo una precisa linea di continuità, rimangono complici di crimini contro l’Umanità, denunciati da anni, anche dal Tribunale permanente dei Popoli, ma che evidentemente sono di fatto condivisi dai cittadini europei, anche italiani, che votano per governi nazionalisti e per partiti che hanno al centro dei loro programmi la guerra alle migrazioni, anche se si tratta di migrazioni forzate. Sulla base delle informazioni diffuse da anni sugli abusi subiti dai migranti in Libia, nessuno potrà dire: “Io non sapevo”. Presto, questi cittadini europei, ormai assuefatti o rassegnati alle violazioni quotidiane dei diritti umani sulla pelle dei migranti, scopriranno quale può essere il costo di queste violazioni anche nella loro sfera personale. E adesso che i nuovi governanti italiani, magari con il non voto di chi li ha preceduti, rinnovino pure gli accordi di morte con il governo di Tripoli. Dietro la proposta della Meloni di un impossibile blocco navale si cela soltanto la volontà di inasprire ulteriormente gli accordi con i libici. Gli stessi accordi e protocolli operativi attivati nel 2007 dal governo Prodi e poi confermati dal governo Monti (Memorandum Cancellieri nel 2012) e quindi dal governo Gentiloni e dai governi più recenti che si sono avvicendati in questi ultimi anni.
Nessuno in Europa si potrà salvare da solo, escludendo le richieste di aiuto che arrivano dai più deboli, dagli esclusi, da coloro che vengono privati dei loro diritti fondamentali. Ci saranno sempre persone migranti con le loro famiglie, non soltanto numeri da conteggiare nei respingimenti, che continueranno ad esercitare il diritto di fuga arrivando comunque nei paesi dove possono trovare una qualsiasi possibilità di sopravvivenza.
Chiara bianchi dice
È una vergogna
Irma Losno dice
Se questo è un uomo…