Il nuovo esame di stato rafforza la didattica per competenze come unica e legittima religione da venerare, contrapponendola a quella per contenuti. Lo scenario di fondo resta la modernità fondata su competizione e individualismo, consumo e obbedienza, mercato e la tecnologia. Agli insegnanti non resta che trasformarsi in somministratori di test, agli studenti in passivi spettatori di un grigio presente. “I docenti-intrattenitori modello Amadeus faranno le domande agli studenti-concorrenti della nuova maturità modello L’Eredità… – scrive Matteo Saudino, insegnante di filosofia – Serve un sussulto… per dire che la scuola deve essere una comunità circolare, aperta e inclusiva, nella quale insegnanti e studenti, ognuno con le proprie specifiche responsabilità, crescono insieme come persone e cittadini…”

di Matteo Saudino*
Il nuovo esame di stato varato dal governo del cambiamento si inserisce pienamente nelle logiche di trasformazione della scuola pubblica italiana in una mostruosa creatura a tre teste: copia opaca dei talent show e dei quiz televisivi preserali, luogo di costruzione di mansueta manodopera flessibile e precaria, parcheggio a basso costo per controllare il disagio sociale e in cui stimolare in modo acritico e compulsivo il consumo di tecnologia.
Dalla riforma dell’autonomia di Berlinguer alla buona scuola di Renzi, passando per Moratti, Gelmini e Profumo, ogni cambiamento è stato finalizzato al lento, ma inesorabile, superamento della scuola del Novecento, considerata con i suoi capisaldi costituzionali, un vero e proprio ostacolo nei confronti di una modernità fondata sulla competizione e sull’individualismo. Meno materie, meno laboratori, meno investimenti, meno ore scolastiche, meno sapere teorico, meno compresenze, meno storia, meno arte, meno italiano: il tutto presentato nella prospettiva salvifica e appagante di più futuro, più opportunità, più dinamismo, più lavoro, più benessere, più successo privato.
Per realizzare una scuola al servizio di tale asettica modernità, devota alla ideologia della post-ideologia, ovvero a quel sistema di idee che auto-rappresentandosi come oggettivo assume come valori assoluti il presente come unica realtà possibile e il mercato e la tecnologia come mezzi neutrali di progresso, attraverso cui le persone possono realizzare se stesse e la propria idea di felicità, era indispensabile svuotare la scuola di tutti quei contenuti e di tutte quelle pratiche che la rendevano legata ad una pedagogia e ad una organizzazione dell’istruzione fondate, almeno formalmente, sui principi di una società democratica, fatta solidarietà, libertà e uguaglianza. In un mondo in cui la mercificazione della vita e la ricerca spasmodica ed egoistica del profitto sono i nuovi tiranni a cui gli uomini devono volontariamente assoggettarsi, serviva una scuola azienda, che allenasse ad obbedire e non a pensare in autonomia.
La new school, pertanto, deve essere luccicante, vuota e innocua come un prodotto televisivo per famiglie, deve far fare tante cose senza però condurre a riflettere sul perché farle, deve essere intellettualmente ipocalorica, ma grassa e zuccherosa di eventi social da condividere, deve premiare gli yes students ma sanzionare e isolare gli allievi autenticamente anticonformisti, deve esaltare gli esecutori degli ordini e al contempo soffocare sul nascere ogni forma di pensiero critico e divergente.
Per fare della scuola un luogo asettico, in cui educare al consumo e all’obbedienza, si è deciso di operare una vera e propria mistificazione della didattica per competenze, trasformandola nell’unica e legittima religione da praticare e venerare e contrapponendola alla vetusta e inadeguata didattica per contenuti, i quali stanno via via sparendo o entrando in clandestinità, come se fossero culti per eretici impenitenti o residui di guerriglia per romantici rivoluzionari. La faida tra conoscenze e competenze se è tramutata in uno scontro senza quartiere tra presunti progressisti e conservatori della didattica, tra innovatori e difensori dello status quo, che ha finito per accecare i docenti, i quali sembrano aver smarrito l’umanistica lezione della crescita educativa come equilibrio tra studio teorico e pratico, tra discipline umanistiche, scientifiche e laboratoriali. Nella scuola-fabbrica di replicanti i contenuti sono destinati ad evaporare per lasciare spazio ad utilitaristiche esercitazioni standardizzate, finalizzate ad allenare le competenze: per comprendere un testo, fare un riassunto, esporre, fare una relazione, risolvere un problema i contenuti non sono fondamentali e si riducono a semplici e relativi mezzi. Ad esempio, per esercitare la lingua spagnola si può lavorare su articoli di moda e di calcio oppure su brani tratti dal Don Chisciotte di Cervantes. I contenuti sono funzionali al potenziamento di competenze e sono equiparabili, all’interno di un circuito workout, agli attrezzi da usare per rassodare i glutei o scolpire gli addominali: l’importante è il risultato finale. Perché imparare ad argomentare a partire da Platone o Kant quando puoi esercitarti con le discussioni innescate dai principali blog influencer o dai cuochi di Masterchef? Perché imparare a riassumere leggendo inchieste sulle tragedie dei migranti morti in mare quando puoi farlo leggendo articoli su mete turistiche o sui matrimoni tra casate reali?
Il nuovo esame di stato istituto dalla maggioranza giallo-verde si inserisce a pieno titolo nella prospettiva, già berlusconiana e renziana, dell’istruzione come frenetico supermercato delle competenze utili al mercato e come innocuo quiz delle conoscenze. Vediamo nel dettaglio alcune delle principali e desolanti novità.
La prima prova è stata depurata dall’ormai inutile tema di storia ed è stata semplificata nella parte dell’analisi del testo letterario; tanto a cosa servono tali discipline in un percorso scolastico finalizzato, non alla crescita e riflessione umana, ma alla costruzione di un lavoratore efficacemente precario.
Le seconde prove scritte sono state trasformate in verifiche miste (matematica-fisica, latino-greco, ad esempio), secondo la logica del pago uno e prendo due, in quanto è meglio sommergere gli studenti di innumerevoli e frazionati esercizi distanti dal programma svolto dai docenti, anziché proporre testi o problemi da comprendere, approfondire, rielaborare e risolvere.
La terza prova, che, nonostante molti limiti, valorizzava comunque le conoscenze degli allievi a partire dagli argomenti trattati da ogni singolo consiglio di classe, è stata mandata in soffitta, presentando il tutto come una liberazione per gli studenti, non più ostaggi di uno studio troppo contenutistico.
Infine, il pezzo forte del nuovo esame di stato, il vero fiore all’occhiello del ministro Bussetti: il colloquio. La prova orale inizierà con l’esposizione da parte dello studente del percorso di Alternanza Scuola Lavoro, momento in cui il candidato si guarderà bene dal criticare tale esperienza, dopo anni di educazione all’obbedienza e all’accettazione di tutto ciò che gli è stato imposto dall’alto. Il colloquio proseguirà poi con la scelta del candidato di una busta (la A, la B o la C?), in cui ci saranno i documenti e gli argomenti di partenza dell’interrogazione. A questo punto, i docenti-intrattenitori modello Amadeus faranno le domande agli studenti-concorrenti della nuova maturità modello L’Eredità. Troppo svilente per essere vero, ma troppo improvvisato all’italiana per essere falso. Tale esame non lascio spazio alle inclinazioni e agli approfondimenti personali. Tutti gli studenti svaniscono in un grigiore mortifero. L’esame finale dovrebbe valorizzare un percorso di crescita individuale e collettivo, sia su un piano culturale sia su un piano umano, invece siamo di fronte ad una serie di prove calate dall’alto paragonabili alla notte, di hegeliana memoria, in cui tutte le vacche sono nere. A tutto ciò si deve aggiungere che la prova Invalsi, diventata obbligatoria per accedere all’esame, sebbene per ora non contribuisca alla valutazione finale, sarà inserita nel fascicolo finale dello studente. Non serve essere delle argute Cassandre per prevedere che, nel giro di pochi anni, le valutazioni invalsi sostituiranno il diploma nello stabilire il valore di un percorso formativo e dunque l’accesso agli studi universitari.
Ancora una volta il mondo della scuola è umiliato nella sua intelligenza, da troppo tempo sopita e anche un po’ indolente. Nel nuovo esame di stato, figlio di una scuola azienda-intrattenimento, i contenuti si equivalgono e dunque si annullano; gli insegnati si trasformano in somministratori di test e in allenatori di tecniche; gli studenti diventano ancor più passivi spettatori e consumatori di un percorso formativo in cui dovrebbero essere, invece, gli assoluti protagonisti attivi e critici.
Ancora una volta, però, non vi è altra soluzione che fare appello alla ribellione dei soggetti che subiscono tali politiche miopi.
Serve un sussulto per dire che la scuola non è un luogo in cui si allevano polli, non è una caserma dove far crescere soldatini, non è un supermercato dove forgiare il consumatore, non è una azienda in cui formare e anestetizzare i lavoratori precari, non è un show televisivo o una piattaforma social in cui produrre immagini di uomini e di donne. La scuola deve essere una comunità circolare, aperta e inclusiva, in cui insegnanti e studenti, ognuno con le proprie specifiche responsabilità, crescono insieme come persone e cittadini. Solo così l’istruzione sarà un percorso di emancipazione e non una via di bieco servilismo o di reiterazione dei privilegi e delle disuguaglianze esistenti. La scuola in democrazia serve per migliorare e abbellire la società, non a renderla più ingiusta e brutta.
*Insegnante di filosofia a Torino
COMPLIMENTI!
COMPLIMENTI!
Il mondo della scuola è “umiliato nella sua intelligenza”…ma perchè, quando mai ne ha avuta una? c’è davvero qualcosa da difendere nella scuola? un luogo dove le persone devono entrare obbligate per legge,il luogo principale dove si trasmettono le mistificazioni più fondanti per ogni fascista in potenza: nazionalismo in primis,ma poi c’è la sistematica invisibilizzazione di tutte le classi popolari in tutte le “materie” lungo tutto il programma, salvo poi saltar fuori come il coniglio dal cappello,giusto alla Rivoluzione francese e ai moti del 48,per le origini proletarie di Plauto,insomma quando non se ne può fare a meno, per non parlare della continua forclusione delle donne dal discorso culturale, del sistematico sbiancamento razzista di ogni singolo autore, filosofo,artista, che non sia nato, appunto, bianco come una statua di canova. Ecco, tutto questo viene spacciato per sapere, un sapere disciplinare, in un gioco dell’oca in cui ciascun insegnante è garante solo del suo pezzettino. Il tocco del genio è che questi pezzettini presentano delle menzogne crasse e delle mistificazioni, MA convergono,dando l’llusione di verità. Ma è una verità senza fondo, una verità campata in aria con la forza dell’autorità. Questo è un altro grande insegnamento della scuola, nonostante le sue rituali esibizioni democratiche: nascondi ciò che non torna o che non capisci, sei osservato, valutato, e poi, non importa niente a nessuno dei tuoi compagni (sei in un pollaio industriale,non dimenticarlo) e non c’è tempo, c’è da “finire il programma”. E’ il bispensiero la più grande lezione, oltre ovviamente all’obbedienza a un’autorità che può decidere della qualità della tua vita in quel posto di permanenza coatta da cui non si può scappare.E questa autorità ne ha mandato, legale sì, ma anche sociale: sta svolgendo una “missione”. Obbedienza cieca, puntualità,una buona memoria, spirito di corpo, curiosità solo se inerente al Programma Ministeriale,una certa dose di creduloneria (indotta, perchè sei sanzionato fin dall’infanzia se non la professi, quindi impari presto…) senso critico ma innocuo, quel poco che basta per risolvere un problema imprevisto… questi sono gli attributi di un automa buono a lavorare senza creare problemi… casualità,sono anche le caratteristiche di uno studente modello. D’altronde, chi trasmette loro questa conoscenza? dei conformisti, ricattati a loro volta, che prendono ordini da un’altra autorità e rispondono sissignore, spesso scaricando le loro nevrosi sui più bassi in grado. “Fanno il loro lavoro”.
Per fare esempi più autoevidenti, non ho visto levate di scudi contro l’imposizione di mettere voti e gerarchizzare dei bambini di 5 anni tra loro, ad esempio, nè contro lo strapotere della chiesa cattolica, per dire…contro gli sbirri e i blitz elle scuole? contro il va vai di politici e militari che reclutano in modo più o meno indiretto ogni volta che se ne presenta l’occasione? contro i cd presidi sceriffo? eh, no, hanno troppo da perdere, meglio una sana criminalizzazione della gioventù, non senza prima aver traumatizzato l’infanzia,è chiaro.
Il “mondo della scuola” umilia la sua stessa intelligenza dalla legge casati. Se così non fosse avrebbe già provveduto alla sua autodistruzione.
Non credo che ci sarà un “sussulto”, credo piuttosto che le riforme della scuola, immancabili ad ogni legislatura, interpretino benissimo l’aria che si respira tra quei corridoi, o, nel migliore dei casi, suscitino un’opaca indignazione moraleggiante. Proprio quello che proprio lì ti insegnano che è il più alto grado di critica accettabile.
Perché contrapporre conoscenze a competenze? Le conoscenze servono se ci fanno diventare colte e non solo pronte per rischiatutto. Ma perché ciò accada debbono trasformarsi in competenze. Dopo di che va discusso quali competenze possono essere attivate a scuola, attraverso quali contenuti, per mezzo di quali attività, come possono essere valutate.
D’accordo. Serve un sussulto! Ma trovo curioso che non si dica che l’impianto del nuovo esame è stato definito dalle ministre Giannini e Fedeli e che ormai comandano i funzionari MIUR che sono lì da almeno 20 anni. Chi ha fatto fuori il tema di storia? la Commissione Serianni istituita dalla Fedeli. Da dove nasce l’idea delle seconde prove plurime? Dal DM 62/107 applicativo della delega della legge 107/15. Per avere un sussulto bisogna prima di tutto riprendere autonomia di pensiero.
Proviamoci laicamente!
Bruno
Ho provato con alcuni insegnanti ad avviare la riflessione immaginando di trovarci dalla stessa parte… invece un vuoto cosmico. Che cosa li trattiene lì? Cosa non è chiaro? Aiutatemi a capire, non posso rassegnarmi all’idea che gli adulti a cui consegniamo i nostri figli per otto ore, otto, al giorno siano orientati dal premietto per i migliori risultati Invalsi. Se sono motivati da quello, come faranno a motivare i bambini/ragazzi alla bellezza del sapere? Se così, frequentiamo mondi semantici e valoriali (troppo) diversi. Scusate se non mi riferisco esattamente alla maturità, ma il senso mi pare lo stesso.