La prima differenza tra quelli che sono in alto e gli altri è che i primi non sanno e non vogliono ascoltare. E se la chiave per un buon ascolto non è il mezzo ma il desiderio allora dovremmo essere in tanti e tante a seguire lo sforzo del gruppo Apriti scuola (nato a Roma durante la pandemia) e metterci sul serio in ascolto degli studenti e delle studentesse che in questi giorni in modi diversi hanno ripreso parola. Scopriremmo la profonda consapevolezza del loro ruolo nella scuola e nella società, il muro di silenzio che li circonda, la loro determinazione ad andare avanti senza rappresentanti o sindacati pronti a trattare per tutti, ma prima di tutto il loro disagio nella vita di ogni giorno, il loro rifiuto delle discriminazioni e del dominio del lavoro sulla scuola, la capacità di tirare le fila tra lotte diverse, dalla tematica transfemminista alla questione ambientale, dall’Afghanistan fino alle mobilitazioni dei lavoratori della GKN a Firenze e della Whirpool a Napoli. Scopriremmo anche che non mirano al futuro, vogliono coinvolgere i propri coetanei qui e adesso. E che in questo contesto, le sbandierate aperture del ministero sull’esame di maturità restano una triste barzelletta. In fondo si tratta di coltivare il desiderio di ascoltarli
Assemblea al Brancaleone 5 febbraio (foto Rita Coco)
Che Lorenzo non sia morto invano. È il grido che si leva dall’assemblea degli studenti medi che si è tenuta sabato 5 febbraio 2022 negli ampi spazi all’aperto del centro Brancaleone, terzo Municipio di Roma. Sono arrivati da tutta Italia per incontrarsi e raccontare le azioni dei vari collettivi studenteschi. Abbiamo partecipato in ascolto, con l’orecchio di genitori e cittadini attivi nelle reti che si battono per una scuola pubblica di qualità e che vogliono trovare un filo per annodare percorsi.
L’ascolto ci ha restituito una realtà varia nelle forme, ma omogenea negli obiettivi, fatta di giovani cittadini consapevoli del proprio ruolo nella scuola e nella società, della necessità e dell’urgenza di trovare terreni e strumenti comuni di lotta intersezionale per rivendicare il diritto a studiare in scuole sicure e adatte ai tempi, ma anche il diritto a un lavoro dignitoso che non spezzi vite umane. Come quella del loro coetaneo, Lorenzo Parelli, morto in fabbrica a diciotto anni durante un tirocinio, parte del suo percorso di studio, come i 1.300 lavoratori morti sul lavoro l’anno scorso, tre al giorno.
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Prendono parola uno alla volta e sono racconti di occupazioni, soffitti crollati durante la notte, quando non in pieno giorno, scuole attente ai numeri ma poco o nulla alle persone. Raccontano di azioni – manifestazioni, assemblee, occupazioni – fatte per rompere il muro del silenzio in cui li vorrebbe il sistema: studenti obbedienti che diventino lavoratori obbedienti. La loro protesta non cerca mediazione, non vuole sindacati a trattare per tutti, vuole dare voce a tutti, portare alla luce ogni disagio, dalla lotta alle discriminazioni alla scuola-lavoro, dalla protesta ambientale al disagio psicologico e all’abbandono scolastico.
S. da Roma ricorda le cinquanta occupazioni della Capitale, a partire dal Rossellini nell’ottobre 2021: rivendica fondi per la scuola, non per la digitalizzazione e l’aziendalizzazione. P. da Roma denuncia le azioni intimidatorie dell’Ufficio scolastico regionale del Lazio, la distanza e l’impreparazione delle istituzioni e della classe politica: gli studenti sono considerati come pacchi dentro e fuori casa, dentro e fuori dalla classe. La morte di Lorenzo ha generato la risposta in piazza, ma il conflitto era già nato prima, sul paradosso di una scuola offerta come un servizio commerciale, che esclude chi non ce la fa. N. da Venezia parla di trasporto locale insufficiente, personale insufficiente, una monocoltura della valutazione, un taglio continuo dei fondi e misure sanitarie inadeguate. Mancano tamponi, mascherine a norma e decenti, un sistema reale di tracciamento. In mezzo a tutte queste mancanze, aumenta la dispersione e l’abbandono scolastico. È tutto un catalogo dell’assenza.

Queste voci non si alzano solo contro le carenze del sistema: segnalano la necessità di recuperare spazi abbandonati da mettere a servizio della situazioni di fragilità (anche consultori); chiedono il diritto all’autodeterminazione dei corpi e dell’identità, a un’assistenza psicologica; tirano le fila tra la tematica transfemminista e la questione ambientale.
A. da Catania chiede perché invece che fare la DAD nessuno ha studiato soluzioni per fare in maniera generalizzata lezioni all’aperto, ricorda che a ottobre 2021 un’alluvione ha devastato le scuole, che già prima non erano spazi sicuri, chi ha amministrato devastando i territori, lasciando avanzare il degrado, è diretto responsabile delle condizioni di vita fatiscenti della scuola e di chi la vive.
E poi emerge la voglia di urlare tutta la propria rabbia contro l’alternanza scuola-lavoro, specie dopo le cariche della polizia. F. da Torino ricorda: gli studenti della città si sono mobilitati in massa dopo la morte di Lorenzo e sono stati caricati cinque volte dalla polizia, in una sorta di guerriglia urbana unidirezionale da parte delle forze dell’ordine, con il risultato di quasi quaranta feriti, molti dei quali hanno addirittura preferito non andare in ospedale per non rischiare l’identificazione. Denuncia una gestione a dir poco discutibile da parte del questore, con convocazioni orali, vero e proprio tentativo di intimidazione, ma anche da parte delle altre istituzioni scolastiche. Il presunto attacco a opera di un furgone che trasportava la cassa durante la manifestazione era in realtà una manovra per parcheggiarlo.
Il tentativo di far passare le cariche della polizia come reazioni ad attacchi di un gruppo di facinorosi e violenti – persino nell’audizione della ministra Lamorgese – appare del tutto inventato: i manifestanti non sono stati violenti, hanno solo urlato la loro rabbia, per chiedere che non ci siano altre vittime come Lorenzo.
A Torino le proteste si sono allargate: gli studenti in piazza sono passati da 200 a 3.000, si sono uniti diversi gruppi per una piattaforma politica comune, che coinvolge la consulta degli studenti ma anche la val di Susa (leggi anche Finalmente noi).
Il 18 febbraio ci sarà una grande manifestazione per rilanciare le rivendicazioni.
Anche a Roma, a Napoli, appaiono gli stessi segnali di un allargamento e organizzazione della protesta: l’autunno intenso appena passato vede la nascita di nuovi collettivi, il convergere di quelli esistenti sotto nuove sigle. Il movimento degli studenti cresce e si pone la necessità di organizzare e unire le forze: la lotta deve essere per ogni persona sfruttata, per l’ambiente, per l’edilizia scolastica, per il trasporto, per la programmazione.
Si sentono ignorati e stanchi, chiedono di essere coinvolti nelle scelte che li riguardano, nella gestione dei fondi. Invocano momenti di autoformazione e collettività, di parlare di Palestina e Afghanistan, si sono uniti nelle lotte di realtà lavorative come GKN a Firenze e Whirpool a Napoli, alle esperienze di mutualismo dal basso. Rifiutano la scuola meritocratica e individualista, criticano il governo dei “migliori-padroni”, rifiutano l’alternanza scuola-lavoro. La valutazione come un numero appiccicato ad anni di non-scuola. Sono stati finora tante gocce che hanno formato un mare, vogliono diventare tempesta. E chiedono le dimissioni del ministro Bianchi.

Le voci si susseguono da Milano, Reggio Emilia, Palermo, Caserta.
Colpisce come molti si sollevino a parlare del bisogno di radicalizzare il presente: non mirano al futuro, non si può rinviare a progetti di là da venire, vogliono coinvolgere i propri coetanei nel qui e adesso, rompere questo velo di quiescenza che fa accettare qualsiasi cosa arrivi, dalle botte in piazza al lampadario in testa caduto dal tetto di una scuola fatiscente, all’abbandono di un compagno che va a ingrossare le fila di altri “numeri”.
In questo contesto, l’inserimento dell’esame scritto come fosse stata raggiunta la normalità è vissuto come una macabra mascherata.
Appuntamento per il giorno successivo ad Acrobax per decidere le prossime azioni: la sera si conclude con un presidio al Miur e un mini corteo fino a piazza San Cosimato a Trastevere, per ribadire le ragioni della protesta e lanciare i prossimi appuntamenti.
E noi li aspettiamo in piazza, per mettere la scuola e le tante rivendicazioni comuni al centro dell’agenda pubblica e politica.
RIVEDO SCENE DELLA MIA VITA. AFFIORANO RICORDI. COME UN FILM …CHE CONTINUA. Invito questi ragazzi a studiare cercare il filo rosso che viene dal 68 si impenna nel 77 e poi nella pantera nell’onda…come un’onda che può e deve diventare marea tempesta…CARI RAGAZZI vi invito a cercare e leggere LETTERA A UNA PROFESSORESSA di DON LORENZO MILANI E DELLA “SCUOLA DI BARBIANA” e IL PROGRAMMA-PROSPETTIVA di Franco GESUALDI pubblicato su questo sito. Qualche settimana fa. E poi vi invito a partecipare-organizzare LO SCIOPERO GLOBALE PER IL CLIMA (F/F/F) del 25 MARZO . Ci sono urgenze assolute che si intrecciano strettamente con le vostre lotte.
NOI GR gridavamo NO ALLA SCUOLA DI CLASSE, NO ALLA SCUOLA DEI PADRONI, OPERAI E STUDENTI UNITI NELLA LOTTA, NO ALLA SELEZIONE…e da PARIGI giungeva il grido universale “L’IMMAGINAZIONE AL POTERE…” …UN MOVIMENTO DI MOVIMENTI PER SCUOTERE IL MONDO. Perchè, come sempre, “I PADRONI HAN DECISO LA GUERRA…” ora la fanno alla VITA e ai VIVENTI. Bisogna FERMARLI!- Gaetano Stella- blog.gaetanostella.it