Dalla fine di marzo grandi proteste di massa sono esplose nello Sri Lanka, dove una popolazione di oltre 20 milioni di persone non riesce più a comprare nemmeno il cibo e le medicine necessarie almeno alle prime cure dei malati. Sono proteste spontanee, non convocate da alcuna organizzazione e senza distinzione tra le zone della maggioranza cingalese o della minoranza Tamil, dirette contro il governo e le istituzioni finanziarie internazionali che, almeno dal 2016, costringono l’isola situata a sud dell’India a pagare interessi da usura sul credito ricevuto dal Fondo Monetario Internazionale nel 2016, un miliardo e 600 milioni di dollari, in cambio delle solite misure draconiane neoliberiste. Il risultato, anche questa volta, è il fallimento dell’economia nazionale che oggi ha spinto il governo a dichiarare in modo manifesto l’impossibilità di pagare ancora

La Banca Centrale dello Sri Lanka ha annunciato martedì la sospensione temporanea dei pagamenti del debito estero dopo un mese di massicce proteste nelle principali città del Paese asiatico contro la carenza di cibo e l’inflazione. Il provvedimento è stato preceduto da una serie di colloqui con il Fondo Monetario Internazionale (FMI) per la riduzione del debito, colloqui che entrano in una nuova fase con quello che sarebbe il primo default del Paese dalla sua indipendenza, conquistata nel 1948.
A tre giorni dall’annuncio del nuovo governatore della Banca Centrale, Nandalal Weerasinghe, una nuova grande manifestazione è scesa nelle strade di Colombo, capitale esecutiva del Paese, per chiedere le dimissioni del governo del presidente Gotabaya Rajapaksa e di suo fratello, il primo ministro Mahinda Rajapaksa. Il tasso di inflazione ha raggiunto il 20% e la popolazione non riesce più ad acquistare i beni di prima necessità, come cibo e medicine. A questa situazione si aggiungono le interruzioni della corrente elettrica che arrivano fino a 13 ore al giorno. Il governo ha promulgato lo stato di emergenza a causa dell’intensità delle proteste, che hanno compreso anche un tentativo di assalto di massa alla residenza del presidente avvenuto il 31 marzo.
La temporanea cancellazione del debito annunciata dal governatore della banca centrale, insediatosi la scorsa settimana, mira a preparare i colloqui con il Fmi e a privilegiare l’utilizzo delle scarse riserve valutarie per l’acquisto di beni di prima necessità. Lo Sri Lanka deve affrontare, solo quest’anno, il pagamento di 4 miliardi di dollari di debito estero con riserve che non raggiungono i 2 miliardi.
Due delle principali agenzie di rating del credito del mondo danno già per certo che lo Sri Lanka andrà in default su parte dei suoi impegni di pagamento del debito e hanno annunciato che abbasseranno il rating del paese non appena si sarà verificata la prima inadempienza. Sia Fitch che S&P non hanno più dubbi sul fatto che ciò accadrà. Lunedì prossimo, 18 aprile, scade il termine per il pagamento di 78 milioni di dollari di interessi, con un periodo di ritardo concesso di 30 giorni. Lo Sri Lanka è il Paese che emitte più obbligazioni ad alto rendimento nell’intero mercato asiatico.
In caso di default, il Paese di 22 milioni di abitanti si unirà all’elenco dei governi del sud del mondo che hanno sospeso i pagamenti con la pandemia: Suriname, Belize, Zambia ed Ecuador. Altri Paesi in difficoltà sono il Pakistan, il cui merito creditizio è già stato declassato per il rischio di default, e l’Egitto.
Fonte: El Salto
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