Nel 2022, il numero di persone in fuga ha superato la soglia dei cento milioni in tutto il mondo, ma oltre il 70 per cento cerca rifugio in uno paese confinante e solo una piccola parte arriva in Europa. Le due rotte principali sono quella del Mediterraneo centrale e quella Balcanica, ma negli ultimi anni è cresciuta anche la pericolosissima rotta dell’Atlantico occidentale verso le Canarie. Per quanto riguarda l’Italia, secondo la Fondazione Migrantes, il 2022 ha visto un’importante novità: l’accoglienza dei rifugiati ha preso il volto non del sistema SAI, ma quello della generosa “auto‐accoglienza” messa in atto dalla comunità ucraina, con la collaborazione di tanti cittadini italiani
Tra fine settembre‐inizio ottobre 2022, la Polonia accoglieva più di 1,4 milioni rifugiati dall’Ucraina (primo Paese UE), ma oltre un milione si trovavano in Germania. Molto più ridotti i numeri dell’Italia, 171 mila circa. In meno di sei mesi, da marzo ad agosto 2022, i soli 27 Paesi membri dell’UE hanno riconosciuto almeno 2.842.000 protezioni temporanee.
Nella prima sezione del rapporto, Dal mondo con lo sguardo rivolto all’Europa (Fondazione Migrantes) si evidenzia come nel periodo 2021‐22 siano aumentate le persone in fuga a causa della pandemia, dei conflitti e delle crisi climatiche. Nel 2022, il numero di persone in fuga ha superato la soglia dei cento milioni in tutto il mondo ma oltre il 70 per cento cerca rifugio in uno Stato confinante e solo una piccola parte arriva in Europa. Quelli che si avventurano, in mancanza di canali d’ingresso legali e sicuri sono costretti, anche se protetti dal diritto internazionale, ad affidarsi ai trafficanti e a mettere a rischio la propria vita affrontando viaggi estenuanti e pericolosi: le due rotte principali sono state quella del Mediterraneo centrale e quella Balcanica. Alla fine di ottobre 2022 la stima (minima) dei rifugiati e migranti morti e dispersi nel Mediterraneo è poco inferiore alle 1.800 unità ma solo sulla rotta che porta verso l’Italia e Malta si sono contati 1.295 morti e dispersi, contro i 172 del settore occidentale e i 295 di quello orientale. In quest’ultimo, alcuni gravi incidenti negli ultimi mesi hanno già portato il valore provvisorio del ’22 quasi al triplo di quello totale del 2021 (“solo” 111 fra morti e dispersi). Il 2021, invece, aveva visto crescere le vittime rispetto all’anno precedente in tutti e tre i settori, con un drammatico più 57 per cento nel Mediterraneo centrale. In questo tragico quadro si inserisce una nuova rotta pericolosissima che nel 2021 ha visto un aumento impressionante di morti e dispersi: la rotta dell’Atlantico occidentale verso le Canarie dove, dalle 877 vittime stimate nel ’20 si è passati alle 1.126 del ’21 (+ 28 per cento).
Negli ultimi tre anni, per morti e dispersi la rotta verso l’arcipelago spagnolo si è rivelata più pericolosa anche di quella del Mediterraneo centrale per numero di morti dispersi in rapporto agli arrivi: una vittima ogni 20‐30 migranti sbarcati. Il 2021 verrà anche ricordato per il triste “record” del numero di migranti intercettati dalla cosiddetta “Guardia costiera” libica: 32.400 persone contro le 11.900 del 2020. Persone riportate, o forse faremmo meglio a dire deportate, nei lager dove regnano miseria, sfruttamento, abusi, taglieggiamenti e violenze. A partire dal 2017, anno del “memorandum Roma‐Tripoli”, i “deportati di Libia” sono ormai 104.500 e dal 2016, 118 mila. Negli ultimi anni sono aumentati considerevolmente gli attraversamenti “irregolari” delle frontiere esterne dell’UE dai Balcani occidentali: dai 5.900 del 2018 ai 106.400 dei primi nove mesi del 2022, anche se la cifra, nel complesso, riflette i ripetuti, faticosi tentativi compiuti spesso da singole persone che rendono difficile un calcolo preciso visto che è praticamente impossibile passare i confini al primo tentativo e le persone sono costrette a ripete più volte (anche 10, 20 volte) il “game”.
Pushback, respingimenti illegittimi, rimpatri forzati e le barriere anti‐migranti ‐ ben 19 – che delimitano tratti di confine esterni ma anche interni alla “zona Schengen”, tutte erette negli ultimi vent’anni, non fermano comunque l’onda migratoria e la politica UE sembra essere sempre più incapace di affrontare questo fenomeno e lancia dei segnali a dir poco inquietanti.
Il report riporta nella seconda parte, Tra l’Europa e l’Italia, i risultati di un focus group realizzato tra alcuni membri dell’associazione UNIRE (Unione nazionale italiana per rifugiati ed esuli) che attualmente vivono in Italia da cui si evidenziano diverse problematiche fra cui l’atteggiamento assunto da numerosi governi europei che si oppongono ai sistemi di ricollocazione dei rifugiati, il comportamento invece ben diverso con cui è stato accolto il massiccio esodo dall’Ucraina e la necessità di garantire pari accesso su vie sicure e legali alle persone in fuga dai conflitti. Un contesto che incoraggia i richiedenti asilo in transito a ricercare nuove vie di ingresso, più sicure e meno controllate e il report offre un approfondimento sulla nuova rotta albanese. Il Paese che dopo la caduta del muro di Berlino è stato terra di esodo, oggi è diventato Paese di transito e col fenomeno di esternalizzazione delle politiche migratorie da parte dell’UE può diventare un luogo di contenimento. L’Albania, infatti, è stato il primo Paese dei Balcani occidentali ad avere siglato nel 2018 un accordo con Frontex (l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera) per il coordinamento delle attività di contrasto all’immigrazione irregolare, la criminalità e il traffico degli esseri umani. Per quanto riguardo i “Minostri stranieri non accompagnati” MSNA richiedenti asilo nel territorio dell’UE, il loro numero rimane (per quanto in crescita anche rispetto al biennio pre‐pandemico) a livelli molto contenuti rispetto al 2015 e al 2016: poco più di 23 mila bambini e ragazzi nel 2021, contro i 92 mila registrati nel 2015 dell’“emergenza migranti” europea e i 60 mila dell’anno successivo.
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Particolare attenzione merita il caso dei minori stranieri non accompagnati rifugiati in Niger, che sono esclusi dai corridoi umanitari versi l’Italia e dagli canali legali, nei quali vengono inseriti solo adulti e nuclei familiari.
Nella terza parte, Guardando all’Italia, il focus del rapporto si sposta in Italia dove nel 2022 ricorre il ventennale del sistema Sprar diventato Siproimi nel 2018 e attualmente SAI dal 2020. Un anno che verrà ricordato per l’esplosione di tutte le contraddizioni e i nodi irrisolti che hanno delineato l’evolversi del nostro sistema di accoglienza. Un anno caratterizzato dal flusso di profughi che ha attraversato le frontiere italiane in fuga dall’Ucraina e che nonostante ciò ha avuto un impatto pari a zero sulla stabilità e sulla “sicurezza” del nostro Stato come nel resto dell’Europa. Vero è, tuttavia, fenomeno del tutto nuovo, che la generosa “auto‐accoglienza” messa in atto dalla comunità ucraina, con la collaborazione di tanti privati cittadini italiani, ha “salvato” un sistema di accoglienza ristretto e limitato: le 171.500 persone arrivate dall’Ucraina surclassano del 72 per cento la totalità dei rifugiati e richiedenti asilo di tutte le provenienze ospitati nel sistema pubblico alla fine di settembre fra SAI, CAS e centri di prima accoglienza. Il cosiddetto “sistema binario” elemento debole del sistema di accoglienza italiano, diviso tra accoglienza straordinaria (Cas – Centri di accoglienza straordinari) gestita dalle prefetture e SAI (Sistema accoglienza e integrazione) gestita dal servizio centrale, si è ulteriormente aggravato. L’accoglienza straordinaria è da sempre preponderante e copre circa il 70 per cento del servizio nazionale mentre i SAI, pur essendo un modello virtuoso e controllato, non raggiungono il 30 per cento. Se nel 2020 le strutture CAS erano 4.556, nel 2017 hanno toccato la cifra record di 9.132. Nel corso del 2021 la rete degli enti locali SAI ha toccato il “massimo storico” di persone accolte nei suoi progetti, 42.464. Ma alla fine dell’anno, le persone accolte nei progetti erano meno di 26 mila, appena un terzo del totale di quelle in accoglienza. Il rapporto Migrantes punta il dito sull’importanza della coesione sociale e il contatto interculturale e sulla necessità di attuare politiche mirate a favorire le relazioni tra comunità ospitanti e rifugiati.
A tal proposito, nel rapporto vengono riportate esperienze di costruzione di legami tra rifugiati e “autoctoni” che si stanno diffondendo in numerosi paesi europei.
La quarta sezione è dedicata interamente ad un approfondimento teologico, con il Messaggio per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato 2022 di papa Francesco e gli appelli per la pace che il Pontefice ha rivolto a seguito dello scoppio del conflitto in Ucraina. La costruzione di un mondo pacifico non può prescindere dall’accoglienza dei migranti e dei profughi, e pertanto sarà necessario collaborare con loro all’edificazione di un’umanità più fraterna e solidale.
Il diritto d’asilo. Report 2022. Costruire il futuro con i migranti e i rifugiati (Tau Editrice 2022, pp. 440, euro 20,00)
PER ORDINAZIONI E PRESENTAZIONI: Fondazione Migrantes – Via Aurelia 796 – 00165 Roma, Tel. 06.6617901 – Fax 06.66179070,
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