Un vaccino per l’ansia e i disturbi della salute mentale, alcuni dei quali possono avere anche conseguenze gravissime, naturalmente non c’è. Utilizziamo questa piccola provocazione per segnalare il fatto che il benessere della mente continua a interessare poco, quasi niente se si parla di agende mediatiche e politiche. Il disinteresse, poi, si mostra in maniera eclatante se la mente in questione è quella di bambini e adolescenti, gruppi di persone abitualmente dimenticati o considerati gli ultimi della fila quando si ragiona sulle conseguenze meno immediate del dilagare del Covid. Eppure, malgrado la domanda di servizi di salute mentale sia stata molto ridotta nelle prime fasi della pandemia per paura del contagio, le ragazze e i ragazzi hanno subito in modo evidente l’incalzare di sintomi emotivi: ansia, depressione, disturbi del sonno e dell’alimentazione, insicurezza, stress, tristezza, impotenza, perdita di concentrazione, paura, stanchezza emotiva, sentimenti di sopraffazione e sconforto, bassa autostima, irritabilità, drastici sbalzi d’umore…In Spagna, paese in cui l’impatto e il percorso della pandemia è stato per molti versi e più volte accomunato a quello italiano, si calcola che ben il 70 per cento degli studenti, tra scuole primarie e secondarie, abbia manifestato problemi del genere. Un dato da non prendere certo sottogamba, soprattutto se unito a quello segnalato dalla Fondazione ANAR: i tentativi di suicidio negli adolescenti sono aumentati del 7,1% dopo il lockdown e il suicidio, tra i giovani spagnoli, era la seconda causa di morte

Oltre dodici mesi dopo la comparsa del coronavirus, i servizi pubblici di salute mentale continuano a non essere in grado di fornire un’adeguata assistenza completa. I bambini e gli adolescenti sono i più colpiti. Ansia, depressione, disturbi del sonno e dell’alimentazione, insicurezza, stress, tristezza, impotenza, perdita di concentrazione, paura, stanchezza emotiva, sentimenti di sopraffazione e sconforto, bassa autostima, irritabilità, drastici sbalzi d’umore…
Una lista di condizioni e disturbi sempre più comuni, tanto ampia quanto preoccupante, che va oltre il fisico per entrare nella sfera emotiva e che è la causa scatenante degli scandalosi tassi di suicidio in Spagna: più di 3.500 l’anno (la situazione italiana, però, non è affatto migliore, ndt). Si tratta della seconda causa di morte tra i giovani e la prima causa esterna di morte innaturale nella popolazione totale, molto al di sopra degli incidenti stradali. Una tendenza che, lungi dal rallentare, è diventata ancora più acuta dall’arrivo del coronavirus.
La prova di ciò è che, come ha notato la Fondazione ANAR, i tentativi di suicidio negli adolescenti sono aumentati del 7,1% dopo il confinamento. Oltre un anno dopo l’inizio della pandemia, della crisi sanitaria che, alla fine, ha portato ad una crisi economica e sociale altrettanto profonda, tutto sembra essere cambiato per cui, in realtà, nulla è cambiato. La salute mentale continua ad essere, ancora oggi e nonostante i timidi tentativi di visibilizzazione da parte di alcuni gruppi, un problema minore nell’agenda politica e mediatica.
È per questo che i professionisti del settore (psichiatri, psicologi, insegnanti, pedagogisti…) insistono nel reclamare più mezzi per far fronte alle accresciute necessità degli utenti del servizio pubblico. Lo fanno, però, anche alcuni partiti politici come, per esempio, “Más País”, che, attraverso Iñigo Errejón, ha sollevato la questione solo pochi giorni fa nel Congresso dei Deputati. In un contesto così mutevole, dove la certezza è scarsa e l’incertezza abbonda, i bambini e gli adolescenti continuano ad essere gruppi particolarmente vulnerabili a questo riguardo. I grandi dimenticati. Gli ultimi della fila.

“Alla salute mentale non è mai stata data l’importanza che merita. Ancora meno dall’arrivo del Covid-19 nelle nostre vite. I servizi pubblici sono stati gravemente colpiti da allora. Nel nostro paese, solo il 2% del bilancio sanitario è speso per la salute mentale“, dice Amanda Abin, psicologa e consulente educativa.
Nonostante il fatto che nelle prime fasi della pandemia la domanda di servizi di salute mentale sia stata ridotta a causa della paura di un possibile contagio, “circa il 70% degli studenti, tra la scuola primaria e secondaria, hanno presentato o attualmente presentano qualche tipo di sintomi emotivi, il più comune è l’ansia. Non ci sono risorse, né dal punto di vista medico né da quello psicologico per affrontare questa realtà. Ancora meno ora che la domanda è salita alle stelle“, aggiunge.
Lo psichiatra infantile e adolescenziale, professore all’Università di Valladolid e portavoce della Piattaforma di Associazioni di Professionisti per la Salute Mentale di Bambini e Adolescenti, Carlos Imaz, è d’accordo sulla “evidente necessità di maggiori e migliori risorse”, pur assicurando che “non è sufficiente che ogni professionista si concentri sulla propria area.
È necessario un coordinamento molto maggiore tra le cure primarie, le cure ospedaliere, l’ambiente scolastico e le famiglie, se l’obiettivo è quello di fornire la cura completa di cui hanno bisogno gli utenti dei servizi di salute mentale”.

Imaz, inoltre, ritiene che ci si debba concentrare su programmi di prevenzione sempre efficaci e sullo sviluppo di tecniche di adattamento e, man mano che la vaccinazione avanza, sulla creazione di spazi sicuri per il tempo libero e il divertimento dei bambini.
“I bambini hanno indubbiamente bisogno di uno sfogo e i messaggi così spesso ripetuti dai media e dai politici come, per esempio, ‘resta in casa e non uscire per nessun motivo‘ o ‘se un membro della tua famiglia è infetto sarà colpa tua‘ non contribuiscono affatto a raggiungere l’equilibrio desiderato”, aggiunge il docente.
Un 70% degli esperti, secondo il rapporto “La salute mentale nell’infanzia e nell’adolescenza nell’era del Covid-19”, preparato dall’Associazione Nazionale degli Psicologi Clinici e Residenti, la Società Spagnola di Psichiatria, l’Associazione Spagnola di Psichiatria e Psicoterapia dei Bambini e degli Adolescenti, la sezione Infanzia e Adolescenza dell’Associazione Spagnola di Psicologia Clinica e Psicopatologia e l’Associazione Spagnola di Psichiatria del Bambino e dell’Adolescente, coincidono nel bollare come inefficiente l’attenzione telematica che è stata portata avanti negli ultimi mesi e che, progressivamente, si sta abbandonando.
Questa è un’altra ragione per pensare all’urgente necessità di continuare a fare passi avanti nella cosiddetta “nuova normalità” e al ritorno alla presenza.
Anche se sia i bambini che gli adolescenti possono essere colpiti in misura differenze dalle conseguenze educative, sociali e psicologiche del coronavirus, all’interno della vasta gamma di bambini e adolescenti, dobbiamo ricordare che ci sono gruppi particolarmente vulnerabili. È il caso degli studenti con bisogni educativi speciali, disabilità o malattie rare che richiedono adattamenti curricolari, quelli con problemi comportamentali o le vittime di violenza domestica, fenomeno aggravato non solo durante la reclusione ma anche dopo con misure restrittive come il coprifuoco.
“Tutti loro soffrono in modo speciale per il virus. Non solo fisicamente, ma anche mentalmente. È molto probabile che, alle difficoltà intrinseche, se ne aggiungano altre, come l’aumento del ritardo nell’apprendimento delle abilità sociali e, quindi, delle relazioni interpersonali”, dice Abin.
Come sembra logico, ai gruppi vulnerabili già descritti, dobbiamo aggiungere quei bambini e quegli adolescenti che crescono in un ambiente sociale e familiare segnato dalla mancanza di risorse economiche e materiali.
Tanto che, secondo lo studio “Impact of the Crisis di Covid-19” sui bambini più vulnerabili, pubblicato dall’UNICEF, un bambino spagnolo su tre vive sotto la soglia di povertà. Oltre al noto “digital divide”, che si riferisce all’impossibilità di accedere a Internet e alle nuove tecnologie, in questi casi si aggiungono difficoltà come l’assenza di routine, un luogo fisso di studio e poco tempo libero.
Su scala globale, la situazione non è molto diversa. Nei 12 mesi dall’inizio della pandemia, tutti i principali indicatori per i bambini sono stati gravemente colpiti. Il coronavirus ha portato alla chiusura di innumerevoli scuole in tutto il mondo per lunghi periodi di tempo.
Anche i servizi di protezione e di salute sono stati interrotti o cancellati. Il tempo libero e il gioco hanno lasciato il posto a un isolamento che può aumentare l’incidenza della violenza sui bambini.
Tutto questo, combinato con l’aumento dei tassi di povertà, soprattutto nei paesi “in via di sviluppo”, si traduce in un cocktail esplosivo, i cui ingredienti principali sono ansia, depressione e stress.
Insomma, un problema preesistente che viene aggravato dalle regole del gioco imposte dal coronavirus. Tuttavia, anche se non è ancora possibile determinare con completa precisione le conseguenze psicologiche della pandemia nei bambini e nei giovani a medio e lungo termine, c’è ancora spazio per la speranza, e sia i medici che gli psicologi sono d’accordo che “gli effetti psicologici di questi mesi non sono affatto irreversibili”.
Per fortuna si può lavorare su tutto, ma non dobbiamo perdere altro tempo. Dobbiamo iniziare ora”, conclude Imaz.
Fonte originale: EL DIARIO de la EDUCACIÓN
Traduzione per Comune-info: Marco Bettinelli
Lascia un commento