E’ accaduto soltanto tre anni fa, allora l’alluvione travolse un grosso centro in provincia di Cagliari, Capoterra. “Quel giorno le precipitazioni furono eccezionali, caddero 461 mm di pioggia in poche ore (…) ma, a causare il disastro, furono più ondate di piena causate da ostacoli di vario tipo incontrati dai corsi fluviali. (…) Diversi ponti sono stati costruiti in zone ad elevato rischio idraulico”, strade ed edifici non potevano essere posti lì. Le rivelazioni sulle indagini della Forestale al processo di Capoterra rimbalzano sulla tragedia di questi giorni
di Arrèxini*
Triste casualità o vero e proprio segno del destino? Sta di fatto che il processo sull’alluvione che nel 2008 mise in ginocchio Capoterra inizia proprio il giorno successivo al disastro causato dal passaggio del ciclone Cleopatra sulla Sardegna.
Oltre 400 testimoni ammessi, insieme a centinaia di memorie e prove documentali, 160 parti civili, 8 imputati con accuse che vanno dall’omicidio colposo all’inondazione colposa. Sono questi i numeri del processo entrato oggi nella fase dibattimentale con la presentazione delle indagini svolte dal commissario del Corpo Forestale Fabrizio Madeddu.
Spiega Madeddu: «Quel giorno le precipitazioni furono eccezionali, la stazione pluviometrica di Santa Lucia rilevò in quell’area 461 mm di pioggia caduta in poche ore». Ma secondo il commissario della Forestale «a causare il disastro non fu un accrescimento costante dell’acqua, bensì più ondate di piena causate da ostacoli di vario tipo incontrati dai corsi fluviali, in particolare dal Rio San Girolamo nello scorrere da monte a valle». «Diversi ponti sono stati costruiti in zone ad elevato rischio idraulico, ma, nonostante ciò, non sono stati monitorati. Ed edifici o strade sono state realizzate sull’alveo del Rio San Girolamo».
Violazioni quindi, come «il caso della strada che, sempre a monte, corre parallela al Rio San Girolamo, già oggetto di procedimento penale perché realizzata senza autorizzazione del Genio civile». Dietro il disastro c’è dunque la mano umana e non «la semplice calamità naturale».
Il dato più preoccupante è che le dichiarazione del dirigente della Forestale fanno emergere uno stato di totale abbandono e assenza di monitoraggio. Come «nel caso degli sbarramenti collassati a monte, dietro Capoterra, dove sono stati cementati gli sbocchi di una diga per il deflusso delle acque del fiume, in stato di abbandono dal 2003».
«Il fiume – continua Madeddu – ha poi trovato delle restrizioni perimetrali, non autorizzate dal Genio, che hanno temporaneamente bloccato l’acqua, facendole raggiungere un livello di 3,70 metri d’altezza». Così un’ondata di piena si è riversata sulla lottizzazione di Poggio dei Pini. Le cose non sono andate meglio in prossimità diga a terra o Lago grande, l’invaso da 400.000 metri cubi di cui oggi è concessionaria la società Poggio dei Pini. Significative le parole di Madeddu a proposito di questo grande invaso: «Quella che prima era una diga a servizio di un’area agricola ora è a servizio di un complesso residenziale», dove alcune abitazioni sono state costruite a ridosso del torrente, se non nell’alveo stesso.
Tale diga è perimetrata da un canale di scarico il cui percorso realizza un angolo retto anziché deviare in maniera più dolce, come previsto dal progetto originario. Insomma, l’esondazione della diga e del canale avrebbe prodotto l’onda che ha poi colpito Licia Zucca e Antonello Porcu, le prime due vittime dell’alluvione, Si profila anche in questo caso una situazione di illecito, la concessione non è infatti accompagnata dalle autorizzazioni necessarie.
Nella ricostruzione di Madeddu, la conta dei ponti crollati o, più in generale, dei casi di cattiva gestione del territorio sembra non avere fine: ad esempio, «a valle di Poggio dei Pini, la zona sportiva, costruita su un’ansa del San Girolamo è stata spazzata via quando il fiume si è rimpossessato del suo corso».
Il Rio ha poi proseguito il suo percorso fino al rione San Girolamo, dove ha trovato la terza vittima, Speranza Sollai, nel piano interrato della propria abitazione. La quarta vittima, Anna Rita Lepori, è invece morta travolta dall’acqua del San Girolamo mentre percorreva la 195 in direzione Pula. Il corpo della donna è poi stato ritrovato in mare. A scatenare quest’ulteriore onda anomala un ponte la cui altezza sarebbe dovuta essere maggiore di 60 cm.
I reati contestati nell’ambito del processo sull’alluvione di Capoterra vanno dall’omicidio colposo all’inondazione colposa, contestati ai tecnici del Genio civile, della Protezione Civile e dell’Anas, oltre che all’ex sindaco di Capoterra, Giorgio Marongiu oggi presidente del consiglio comunale. In particolare sono imputati i capi compartimento Anas della Sardegna Bruno Brunelletti e Giorgio Carboni, il presidente della cooperativa Poggio dei Pini Giovanni Calvisi, un funzionario della Protezione civile Sergio Carrus, e i dirigenti del Genio, Virgilio Sergio Cocciu, Gian Battista Novelli e Antonio Deplano.
La prossima udienza è fissata per il 3 dicembre. Nel mentre si continuano a contare le nuove vittime di una storia già vissuta.
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