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L’aiuola di Tor Sapienza

Fabio Ciconte
19 Gennaio 2015

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di Fabio Ciconte

La giornata di domenica 18 a Tor Sapienza ha bisogno di essere raccontata, nella sua importanza e, insieme, complessità. Nata dall’impulso del Centro culturale municipale Giorgio Morandi, dalla Cooperativa Un Sorriso, Antropos e tanti altri, abbiamo voluto rilanciare un segnale di apertura per un quartiere sofferente e arrabbiato, dove la politica dell’emergenza e la marginalità hanno fatto esplodere una situazione di tensione che covava da anni e che a novembre scorso è esplosa nel peggiore dei modi.

Nella piccola aiuola all’ingresso del Centro di accoglienza abbiamo piantato un ulivo con l’idea che quel pezzo di terra malconcio potesse diventare una piazzetta di incontro, un piccolo tassello per ridure il livello di conflitto restituendo un po’ di verde in una via adombrata di palazzi, malconci anche loro. Accompagnati dalla pioggia, dalla murga Sin ConTrullo e da un gruppo di ragazzini – alcuni dei quali Rom con cui seguiamo il progetto Semi di RappOrti nello stesso quartiere –, abbiamo risistemato l’area e piantato l’ulivo insieme a qualche pianta.

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Sapevamo che questa iniziativa sarebbe stata vista da alcuni come inutile o, peggio, provocatoria. E per alcuni così è stato e infatti non sono mancate le proteste di un gruppo di abitanti di viale Morandi che l’hanno bollata come sbagliata. Lo sapevamo e, puntuale, è arrivata. Avremmo potuto evitarlo?  Crediamo di no. In un quartiere che ribolle di rabbia sociale, di povertà, di promesse mai mantenute da una politica che si affaccia solo quando i riflettori sono accesi, è del tutto normale che ogni occasione sia buona per esprimerla quella rabbia.

Certo, le transenne messe lì per questioni di sicurezza non hanno aiutato nell’abbattere le barriere, così come, volendo fare anche della sana autocritica, forse avremmo potuto essere più incisivi nel far conoscere l’intento dell’iniziativa. È una guerra a colpi di capro espiatorio, anche se qualcuno l’ha definita una guerra tra poveri che però ci sembra una definizione meno corretta. Esistono, questo sì, semplificazioni colpevoli o distratte, dicotomie pericolose, perché al netto di ogni considerazione sul razzismo più o meno consapevole che serpeggia contro i rifugiati del centro o i Rom del campo, il risultato è una contrapposizione tra il noi e il voi, tra il bene e il male, tra chi ha presunti diritti e chi non ha niente, dove anche le briciole vanno spartite.

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Domenica tutta questa contraddizione è stata chiara, chiarissima, ma è stato comunque importante esserci. Per testimoniarla la contraddizione. Perché magari, a partire da qui, insieme ai comitati di quartiere e a quello Morandi-Cremona, riusciremo a valorizzare e recuperare altre aree in degrado. Ma soprattutto perché non ci piace la logica della contrapposizione per cui solo chi sta dalla mia parte è buono.

Rivendichiamo che domenica eravamo insieme ad a una parte dei cittadini del quartiere e ai rifugiati, nel loro centro, anch’esso lascito solo e pieno di contraddizioni come tutti i centri di accoglienza, figuriamoci, ma era importante esserci. Tuttavia non possiamo non ascoltare le parole che abbiamo sentito da quei cittadini che vomitavano rabbia, a ragione. Ma questa guerra tra poveri non porta da nessuna parte perché non è togliendo diritti ai rifugiati che gli abitanti di Via Morandi staranno meglio.

* Presidente Terra!Onlus.

DA LEGGERE

Perché Tor Sapienza Adriana Goni Mazzitelli

Adriana Goni Mazzitelli* | Quando la periferia di una città sembra voler esplodere, invece di fare promesse, invocare repressioni o cercare compromessi, sarebbe bene cercare di conoscerne la storia. Noi ci abbiamo provato

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Una periferia, un gruppo di bizzarri giardinieri e una indisciplinata streetband. Reportage

Galleria di Foto realizzate da Centro Culturale Morandi a Colori

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