L’agricoltura sinergica è un metodo di coltivazione usato in permacultura. È stato elaborato dall’agricoltrice spagnola Emilia Hazelip adattando l’agricoltura naturale di Fukuoka alle condizioni climatiche, colturali e culturali europee. Si basa sul principio che è la terra a far crescere le piante, ma sono poi le piante a determinare la fertilità del suolo attraverso le sostanze emesse dalle proprie radici durante la loro vita, i residui organici che lasciano alla loro morte e le intense relazioni che stabiliscono con gli altri esseri viventi del suolo.
Partendo dall’osservazione che ecosistemi imperturbati come praterie e foreste formano suoli sani e molto fertili, la Hazelip ha sviluppato un sistema di coltivazione nella quale: non si esegue nessuna lavorazione del terreno; non si usa nessun fertilizzante; si evita qualsiasi compressione del suolo in modo da non provocare compattamenti; si utilizzano le consociazioni e si evitano le monoculture, favorendo la biodiversità; si mantiene sempre una copertura vegetale del terreno; si evita qualunque tipo di trattamento fitosanitario; si lasciano in campo tutte le radici e i residui colturali.
Evitare le lavorazione ha effetti conservativi sulla sostanza organica del terreno, cioè crea le condizioni affinché la sostanza organica non diminuisca e permetta molti altri vantaggi: il mantenimento della struttura, una maggiore capacità di trattenere acqua, una maggiore disponibilità di tutti i nutrienti, una minore suscettibilità alle patologie del suolo ecc.. Un ulteriore vantaggio consiste nel favorire il mantenimento dell’equilibrio fra le popolazioni microbiche del terreno, evitando di alterarlo con sconvolgimenti degli strati che si formano “naturalmente” nel suolo. Tale equilibrio è ricercato anche rinunciando all’impiego di fertilizzanti. Con questa scelta si evitano gli apporti di alcuni elementi di fertilità, che “sconvolgono” la popolazione microbica. Eventuali carenze del suolo (chimiche, microbiologiche o strutturali) che si manifestano vengono compensate con i sovesci. Consiste nella coltivazione di piante appositamente seminate per aumentare la fertilità complessiva del suolo. La tecnica prevede che le piante siano tagliate e sminuzzate subito dopo la piena fiorita, lasciate essiccare in superficie per qualche giorno e poi interrate nel primo strato del terreno.
L’attenzione posta ad evitare compattamenti del suolo è finalizzata a favorire una buona circolazione dell’aria nel suolo, rendendolo così ospitale a tutti gli esseri viventi che vivono in questo ambiente, vale a dire i microorganismi e gli organismi terricoli, ma anche alle radici delle piante.
Il principio alla base è «lasciar fare alla natura».
La scelta di coltivare sulla medesima aiuola piante che appartengono a famiglie differenti (almeno tre) aumenta la biodiversità con effetti positivi sull’ecosistema del suolo e sull’ecosistema orto, evitando la necessità di adottare avvicendamenti fra i diversi tipi di ortaggi. Il mantenimento della copertura vegetale del terreno assolve a più funzioni: riduce l’evaporazione permettendo un notevole risparmio idrico, impedisce il compattamento del suolo dovuto all’azione battende della pioggia, migliora l’assorbimento dell’acqua meteorica, riduce l’emergenza di piante spontanee e apporta sostanza organica al suolo. Lasciare in campo radici e residui colturali permette di disporre di un materiale vegetale eterogeneo che ospita una microfauna e una microflora molto ricche. In questo modo le relazioni di simbiosi, predazione, parassitismo, competizione, commensalismo che instaurano fra i microrganismi riducono, fino ad annullare, il potenziale di infettività dei patogeni.
Tutti questi principi sono stati messi in pratica definendo quali sono le tecniche da adottare in un orto sinergico. Anche se l’agricoltura sinergica è stata definita «agricoltura del non fare», questo non significa che sia possibile coltivare senza dedicare lavoro, impegno e passione a questa attività. Va comunque detto che un orto permanente, come è quello sinergico, presenta numerosi vantaggi anche dal punto di vista dell’impiego di lavoro in quanto il sistema di irrigazione è fisso e quindi una volta installato non richiede altri interventi. Inoltre, visto che le aiuole una volta realizzate non hanno bisogno di ulteriore lavoro, si risparmiano anche tutte le operazioni legate alla lavorazione del terreno. Analogamente, la copertura con pacciamatura e la scelta di non rimuovere il terreno fanno sì che il numero di erbe spontanee (le «erbacce») si riduca progressivamente. Infine, la concentrazione di tante piante e tante specie in un’area di terreno limitata riduce anche gli spostamenti, con relativo risparmio di tempo e fatica. Un altro grande vantaggio proviene dalla drastica riduzione degli interventi rivolti alla difesa delle piante. Per effetto del maggior equilibrio ecologico che si instaura nel tempo, in un orto sinergico non sono necessari i trattamenti contro i parassiti richiesti negli orti convenzionali e in quelli biologici. In più i coltivatori sinergici devono imparare a comprendere e indirizzare le relazioni che si creano fra il suolo, organismo vivente, e le piante coltivate, in modo da promuovere i meccanismi di autofertilità del terreno e gestire le interazioni fra le piante in modo da capire come e quando consociarle.
La Libera Scuola di Emilia Hazelip e Mani nella Terra organizzano il corso di Primo livello di agricoltura sinergica che si svolge ad Anticoli Corrado (Roma) dal 18 al 21 aprile 2013. Prenotazioni: permacultura [at] maninellaterra.org
Fonte: Maninellaterra.org
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