L’abbandono dei padri non fa rumore, è silente. Solo quei figli sanno quale lutto dovranno portare, per sempre. È senza richiami o colpe, nessuno lo vede perché c’è una madre che resta. Che sopperisce. Si scusa. E quello che farà non sarà mai abbastanza. Nessuna sanzione sociale lo inchioda alle sue responsabilità.
Se fosse stata lei ad abbandonare sarebbe stata condannata nella pubblica piazza, marchiata, accerchiata, condannata. Nulla di privato. Ognuno avrebbe detto la sua. Il paternalismo sociale avrebbe acceso il fuoco. Strega.
L’abbandono dei padri striscia e si insinua nei rapporti d’amore dei figli, avranno paura di perdere l’altro, di non essere abbastanza, di non riuscire a farlo restare. Sarà una lotta convincerli che quell’abbandono non è una colpa e non dipende da loro. E che l’amore non si merita.
L’abbandono dei padri è narciso, al centro c’è sempre il bene che devi mostrare, il cerchio dentro cui devi venerare. L’abbandono dei padri è normalizzato, per la cultura economica e sociale la responsabilità educativa rimane della madre. Specchio delle politiche del nostro Paese. L’abbandono dei padri è un fatto privato. Nessuna gogna mediatica. Una ferita che dovrà essere curata in solitaria dai figli.
Si sussurra ancora che la colpa sia delle donne che se ne sono andate, che hanno lasciato gli uomini. E la responsabilità ritorna all’origine. La misura di ogni cosa è la mistificazione delle madri.
La narrazione della “maternità meravigliosa” è in realtà una continua condanna alla sottomissione. La storia della colpa.
Cinzia Pennati (Penny) è insegnante. Questo il suo blog sosdonne.com. Nelle librerie il suo La scuola è di tutti. Le avventure di una classe straordinariamente normale
Disegno di Ludovica
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