Ci sono contadini che non separano mai terra e libertà. Sanno che molti dei loro saperi sono indispensabili oggi per salvare il mondo. Sono consapevoli dei disastri dell’agricoltura industriale e non riescono proprio a immaginare un mondo senza ricotta artigianale. Per questo quando una legge mortifica i piccoli produttori di cibo buono e sano sono pronti a disobbedire. “Il contadino osserva, prova, sbaglia, deduce, rielabora, riprova – scrive Don pasta* – Fa così con ogni cosa, estendendo il suo pensiero dalle patate al caciocavallo, dalle ingiustizie alle rivolte…”

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Modesto nel film I Villani fa piangere chiunque. Forse anche perché è lui il primo a emozionarsi su ogni cosa. Io ormai sono molto invidioso di lui. Quando facciamo le presentazioni del film in giro, a me che sono il regista, alla fine del film non mi chiede niente nessuno, a Modesto lo torturano, lo abbracciano. L’altro giorno in un liceo c’erano tanti ragazzi e ragazze che lo guardavano come se fosse un mito. Ho chiesto ai ragazzi perché li colpiva così tanto “Perché una persona libera e coerente”, mi dicono in coro.
Io spero che nel mio lavoro si senta che tutto nasce da un innamoramento. Non so se un lavoro antropologico si debba basare su una osservazione fredda o su un investimento personale.
Ho trovato nella gente raccontata nel film una coerenza esemplare nel rapporto tra lavoro/ecologia/natura/libertà, che dovrebbero essere nei fatti le architravi del pensiero umanista e che non trovo più o assai raramente, mentre nel mondo rurale è pieno zeppo di resistenti veri come Modesto.
Io nel film cercavo di dimostrare una cosa in particolare: che la modernità e il capitalismo facevano male alla produzione artigianale di formaggio, all’agricoltura e al cibo e in Italia questa cosa è pericolosa. Ma anche che la cultura popolare – e non solo gli intellettuali e ambientalisti – aveva gli strumenti per accorgersi del problema e ribellarsi, perché il mondo rurale è sempre stato attento a proteggersi, tutelarsi, conservarsi per secoli. Era un mondo che doveva curarsi della sua sostenibilità ambientale perché le generazioni che seguivano in famiglia potessero sperare di sopravvivere.
Modesto racchiude tutti i pensieri più importanti del mondo rurale: La trasmissione del suo sapere alla figlia, il produrre nel rispetto dell’ambiente, il produrre cose buone, il ricordare gli insegnamenti dei nonni. Queste non sono cose che servono per ricordarsi di quanto sia bella la tradizione, ma sono cose utili ora per immaginare una vera consapevolezza e prassi ambientale, che sia accessibile a tutti e non solo agli ambientalisti militanti o ai laureati che tornano a lavorare la terra. Modesto è la dimostrazione lampante che la sfida del futuro è che sia il popolo ad essere consapevole dei drammi ambientali, sociali e economici che ha fatto la modernità e il capitalismo. Soltanto chi vive ogni giorno sulla propria pelle le ingiustizie può capire il grado di violenza che è in atto verso i piccoli produttori. Modesto è l’esemplificazione del fatto che il mondo rurale ha un suo sistema di pensiero.

Si badi bene, non parlo di tradizione ma di quello che tecnicamente si definisce come sistema cognitivo. Cioè come l’uomo elabora le cose del mondo a partire dall’osservazione delle stesse, per estendere una riflessione su un fatto specifico a qualcosa di universale. C’è una causa e una conseguenza ed entrambe vanno analizzate tanto quanto si analizza il roteare del sole o l’influenza della luna sulle piante. A occhio nudo. Il contadino osserva, prova, sbaglia, deduce, rielabora, riprova. Fa così con ogni cosa, estendendo il suo pensiero dalle patate al caciocavallo, dalle ingiustizie alle rivolte.
Tale sistema cognitivo viene poi tramandato per via orale. Non per mancanza di carta o computer, ma perché la trasmissione orale richiede maggiore attenzione, richiede ascolto, memoria, interpretazione dei fatti. Si chiama metodo empirico e se lo usi poi impari a pensare con la tua testa.
Forse per questo Modesto tratta in modo chiaro il tema della legalità. Perché nei fatti se il mondo rurale rischia di morire, è perché oltre alle leggi commerciali, esistono le regolamentazioni sanitarie fatte e pensate per il commercio mondiale. Ma noi non siamo il mondo, siamo l’Italia, che è costruita solidamente sulla ricotta, sul caciocavallo, sui salami, sulle conserve. Queste cose si fanno da sempre attraverso un complesso meccanismo di baratto, sostentamento, economia domestica e sommersa. Non per cattiva fede, ma perché altrimenti tutto scompare.
Ma vi immaginate un mondo senza ricotta artigianale? Ma la ricotta perché esista nel suo modo migliore, deve esser fatta dai pastori in capanne di sopravvivenza. Perché altrimenti non sa di niente. Ma soprattutto, se prodotta in quantità industriale sarà dannosa per la terra, le bestie, la nostra salute. Modesto parla di questo: è più sacra la legge che gli esseri umani si danno dall’alba dei tempi o quella di un re stupido e ingiusto? Ma se quella legge mortifica i contadini, i produttori di cibi sani e tradizionali, che deve fare il buon contadino se non infrangere una legge ingiusta?
Il tema della sanità di un cibo è il tema dell’etica, della giustizia. Se lo sfili di mano ai giusti, i giusti si rivoltano, giustamente. Però poi tutti vorremmo mangiare con dei buoni prodotti, che non siano troppo costosi. Però poi tutti piangono quando vedono Modesto. Perché in Italia nessuno ha voglia di vivere senza un buon formaggio, dei buoni pomodori. Nessuno in fondo ha voglia di perdersi il ricordo di quei profumi e di quei gesti.
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* Daniele De Michele, in arte Don pasta, è il regista del film documentario I Villani (durata 83’, distribuito in Italia da ZaLab).
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