Il governo messicano di Andrés Manuel López Obrador ha generato grandi speranze in un paese devastato e riscuote grandi consensi, soprattutto popolari. È un governo diverso dai precedenti e si definisce senza esitazioni “di sinistra”. Il problema nasce quando, a quella definizione, fanno seguito politiche che la contraddicono in modo sistematico ed evidente. Non si tratta di essere più o meno radicali ma di tener conto di quanto raccontano tutte le altre esperienze del recente passato. Rogelio Jiménez Pons, direttore dell’ente che si occupa dello sviluppo e della programmazione urbanistica, lo dice in modo chiaro: siamo un governo di sinistra “che sta instaurando un vero capitalismo”, non mafioso come quello attuale. Jiménez Pons è convinto che lo sviluppo che intende promuovere sia il rimedio alla miseria. Ignora o cancella l’evidenza che per 50 anni ha mostrato che quello sviluppo causa miseria, non vi pone rimedio. Gli indigeni lo sanno per esperienza diretta: certi “sviluppi urbani”, come le “città rurali” del Chiapas, sono state presto abbandonate perché invivibili. Intanto, però, la sola via per costruirle è stata distruggere la loro arte di abitare. Possibile che le sinistre politiche del mondo intero restino del tutto impermeabili ai nefasti effetti politici di medio periodo della disillusione?
di Gustavo Esteva
Si chiariscono sempre più i termini della lotta che si è scatenata dopo l’insediamento del nuovo governo.
Rogelio Jiménez Pons, direttore di Fonatur [l’ente incaricato dello sviluppo e della programmazione urbanistica – ndt], ha appena affermato quanto segue: “Siamo un governo di sinistra che più che altro sta instaurando un vero capitalismo, al di là del capitalismo mafioso che c’è in Messico (Animal Político, 2/15/19).
Una sinistra pro-capitalistica è oggi un ossimoro, una contraddizione in termini. La “sinistra politica” ha issato bandiere molto diverse dal 1789, quando si cominciò ad usare questa espressione, ma si è sempre vincolata alla giustizia. L’illusione che la società capitalistica possa essere giusta è ormai insostenibile. Può essere ‘di sinistra’ lottare per abbattere l’ingiustizia all’interno di questa società. Non lo è promuovere il capitalismo, che sia quello “mafioso” o quello “vero”.
Per Jiménez Pons “non possiamo tirarci fuori dal sistema economico in cui viviamo (quello capitalistico)”. È un’ammissione realistica. Ma ciò non significa adattarsi ad esso per renderlo più efficiente. Bisogna opporre resistenza, smantellarlo, limitarlo, fino a disfarcene. Per realismo o per ideologia, questo governo non vuole e non può farlo.
Secondo Jiménez Pons, “non ci guadagniamo nulla come paese ad avere giaguari grassi e bambini affamati: ci vuole un equilibrio. Si devono avere giaguari ben nutriti, ma con bambini robusti, istruiti e qualificati”. I maya – dice – devono “salire sul treno” o permettere “che glielo portino”. Nelle vicinanze delle 15 fermate costruiranno villaggi “bicicleteros” [Villaggi dove ci si muove solo a piedi o in bicicletta, cioè villaggi poveri. Il funzionario che esalta il progetto intende villaggi ecosostenibili, ma la realtà è un’altra – ndt]. Poiché la gente deve stare vicino a dove c’è bisogno di loro, per essere al servizio dei turisti, verranno costruite piccole città, “in modo che possano andare a lavorare a piedi. Anche a chiedere l’elemosina, se necessario, ma a piedi”.
Jiménez Pons è convinto che lo sviluppo capitalistico che intende promuovere sia il rimedio alla miseria imperante; la gente quindi “salirà sul treno” per sfuggire ad essa. Ignora o cancella l’evidenza che per 50 anni ha mostrato che quello sviluppo causa la miseria, non vi pone rimedio. I maya lo sanno bene. E conoscono certi “sviluppi urbani”, come le “città rurali” del Chiapas che hanno dovuto essere abbandonate perché invivibili. Sanno per primi quel che significa distruggere la loro arte di abitare.
Il capitalismo ha sempre combattuto la sussistenza autonoma; soltanto in questo modo riesce a reclutare lavoratori. Il nuovo governo la porterà a un nuovo livello, fino a distruggere completamente le notevoli capacità autonome dei popoli maya. Si “porterà il treno” a gente che non accetta di essere al servizio dei turisti e si impegna a proteggere i propri modi di vita.
“I governi non hanno mai fatto le cose per bene”, sostiene Jiménez Pons. Riconosce che i danni ecologici sono il prezzo normale da pagare per lo sviluppo; questo governo se li accollerà… ma cercherà di porvi rimedio. Non riesce a vedere che il suo rimedio per la miseria è peggiore del male. Per il momento, come egli stesso riconosce, ci divideranno e ci metteranno gli uni contro gli altri, perché certe persone non vedono altra scelta che salire sul treno, mentre altri (come noi) si ostineranno ad opporsi incessantemente.
Jiménez Pons ammette: “La decisione ormai è stata presa”. Gli sembra assurdo spendere tutto quello che costa una consultazione se non c’è stata una decisione previa. Si fa una consultazione, dice, se “si è convinti in anticipo che la cosa funzionerà” e che le comunità daranno la loro approvazione. Oltre ad essere apertamente in contraddizione con la legge, questo approccio conferma l’impressione che le consultazioni del nuovo governo saranno solo una procedura manipolata. Se davvero si trattasse di fare in modo che la gente decida, la consultazione sarebbe completamente diversa. Si fornirebbe un’informazione completa su ogni progetto, con tutte le sue conseguenze, e si prospetterebbero delle opzioni. Si chiederebbe, ad esempio, se la gente preferisce un treno che distruggerebbe i suoi modi di essere e di vivere, oppure azioni che la rafforzino e li rispecchino.
Tutto ciò è emerso chiaramente in questi giorni nello Stato di Morelos. Violano la legge con “la consultazione”. E si attengono alla linea del Prian [così viene chiamato l’accordo nascosto fra il Partito Rivoluzionario Istituzionale e il Partito di Azione Nazionale – ndt], denunciata a suo tempo da Javier Sicilia, assassinando due volte i nostri morti. Hanno ucciso il contadino Samir Flores, uno degli uomini più lucidi e coraggiosi che si opponeva con tutto il cuore al megaprogetto. Il governo ha voluto uccidere immediatamente il suo ricordo, attribuendo il fatto al crimine organizzato.
Il candidato AMLO disse nello Stato di Morelos: “Non vogliamo quel gasdotto, non vogliamo quella centrale termoelettrica… Immaginatevi che cosa significa che qui, nella terra di Zapata… si voglia costruire una centrale termoelettrica; è come andare a Gerusalemme e voler costruire lì una discarica… sarebbe un’offesa, un affronto. Che cosa viene in mente a quelli lì?” (Lettera aperta del Frente de Pueblos, 2/12/2019). Il presidente AMLO chiamò conservatori coloro che si oppongono al progetto che oggi difende, e li screditò.
Circola un video in cui Samir indica il senso della lotta. “Ci parlano di sviluppo – dice -; quello che non hanno mai saputo precisare è sviluppo per chi”. Ora l’hanno detto. Non sarà per persone come Samir. Lui ha perso la vita difendendo il suo modo di vivere, ma noi, molte e molti, manterremo vivo il suo impegno per la dignità.
Fonte: “La lucha ideologica”, in La Jornada, 25 febbraio 2019.
Traduzione a cura di Camminardomandando.
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