Missili, carri armati, aerei da combattimento, corazzate, si sono rimesse in movimento per seminare dolore e sofferenza. Chi uccide di più, chi distrugge di più, vince, non chi ha ragione. La guerra è fondata sul mito della potenza. La guerra diffonde intorno a sé paura: più la guerra uccide e riversa ovunque terrore, più è efficace. Come diffondere il pensiero della pace? Come tradurlo in azioni, nella vita di ogni giorno?
Foto di Edoardo Ceriani, tratta da unsplash.com
Non si può accettare la guerra. Non si può accettare la violenza, la sete di potenza, di dominio, le aggressioni. Se la guerra continua a prevalere sul dialogo, sul desiderio di abitare insieme il nostro pianeta è perché non abbiamo fatto ancora abbastanza.
L’Europa, nata per la pace dopo i grandi massacri, è tor nata indietro, la guerra è scoppiata dall’oggi al domani: di sorpresa. Missili, carri armati, aerei da combattimento, corazzate, si sono rimesse in movimento per seminare dolore e sofferenza. Tutto ciò che si era raggiunto faticosamente, improvvisamente è svanito nel nulla: vite, abitazioni, legami, istituzioni.
La guerra si è affacciata ai nostri confini col suo volto mostruoso. Nasce sempre come violazione della libertà di stare al mondo, ha come unica arma la distruzione e la morte, non conosce colori né sfumature: solo grigio, nero e il rosso delle fiamme e del sangue. Chi uccide di più, chi distrugge di più, vince, non chi ha ragione.
La guerra è fondata sul mito della potenza e non sulla cura della res pubblica, non sulle regole del vivere civile: cancella volti, pensieri, affetti, uomini nella loro individualità e unicità: diventano numeri, nemici o amici, sacrificabili sempre. Le motivazioni belliche affermano le loro ragioni, e per queste ragioni, scelgono la via della cancellazione: di vite umane, di ambienti, di storia e cultura.
La guerra diffonde intorno a sé paura. Più la guerra uccide e riversa su di noi il terrore, più è efficace. I mass media in questo sono complici.
Anche il bombardamento senza scopo, fine a se stesso, ha un senso: “attenti, niente si salva dalla nostra furia metodica”, anche le cose più innocue e quotidiane; anzi soprattutto quelle rientrano nei piani di distruzione. “Guardate che cosa possiamo fare con la nostra forza, guardate bene, prendetene coscienza”, imparate cosa sappiamo farvi se solo vogliamo. Perché, infatti, si colpisce un ospedale? Perché si bombarda fino a smantellare una casa piano per piano? Perché si colpiscono i civili? È proprio la distruzione fine a se stessa, la fuga degli abitanti, la desertificazione del paesaggio, che si vuole mostrare non solo a chi è in guerra, ma anche e soprattutto chi non è (ancora direttamente) coinvolto.
Noi europei, appunto.
Tutto avviene a due passi da noi, tutto ciò che vediamo, le immagini che scorrono davanti a noi, succede a gente che ci assomiglia, non a lontani paesi che non ci appartengono, non a persone che sono di un altro mondo, a cui, infatti, impediamo, indifferenti, di venire a “casa nostra”.
Quando migranti, arrivati da paesi lontani, sono stati ricacciati indietro con brutalità e senza pietà, nessuno ha indetto una marcia della pace. Nessuno ha invaso le piazze della nostra città per protestare a favore di quelle persone che cercavano solo di poter vivere. Eppure le loro immagini sofferenti sono scorse ogni giorno davanti ai nostri occhi.
No, è questa guerra che ci fa paura. È questa guerra che ci scuote, che riempie i nostri dibattiti, che ci mobilita. Quando la coscienza del dolore provocato cambierà davvero nel profondo le coscienze? Come diffondere il pensiero della pace? Come tradurlo in azioni, in un modo di vivere quotidiano? Quando il linguaggio della pace saprà raggiungere cuori e menti? Quando impareremo la solidarietà che ci unisce e non ci divide, una solidarietà che sappia mettere radici, che non sia solo dichiarata, ma praticata? Allora forse troverà strada l’impensabile. Non avremmo più bisogno di tracciare confini segnati da muri e fili spinati.
Un sogno, forse. Ma gli atti veri di pace troveranno la loro forma, solo quando in molti frequenteremo e costruiremo un mondo dove la pace la si insegna ogni giorno. Ogni giorno, non uno di meno, in ogni casa, in ogni luogo che frequentiamo.
Scrive Mariangela Gualtieri:
Tutto sarebbe alleato con noi
dentro la pace. Ce ne verrebbe
una gioia vera, una potenza
di creazione – proprio il contrario
di questa morte dei corpi e delle cose.
Sarebbe la più grande rivoluzione di specie:
risolvere i conflitti col nostro ragionare
intelligente – in compassione.Risolverli parlando e tacendo
donne e uomini insieme,
con ricorrenti abbracci a ricordare
ciò che più vogliamo, il nostro fine supremo.
Stare nella pace. Abitare la terra
in un respiro grato. Noi, ultimi arrivati.
Apprezzo il tuo desiderio di pace, Emilia e che la si debba ricercare è cosa sana e giusta. Ma essa non ci sarà mai perché l’uomo fin da quando è apparso e costituito in gruppo si è sempre opposto ad un altro gruppo costituito e diverso dal suo. E così fino ad adesso e con un avvenire che presenta uno scontro tra USA (il peggior paese che esista visibilmente dal 1946) Russia e Cina. Come impedire tutto questo? Con una lotta interna ai tre nominati ma altri arriveranno, con un ruolo attivo delle donne che dalla guerra son le prime a soffrire. E poi? Beh, la finisco qui e ti auguro un felice avvenire di pace…..