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La filiera corta della schiavitù

Città invisibile*
30 Aprile 2012

Stralci di un articolo pubblicato da Rassegna.it.

Risale alla scorsa estate l’introduzione del reato di intermediazione illegale e sfruttamento del lavoro con cui si vuole colpire il caporalato. Nella nostra agricoltura e nelle industrie della trasformazione di generi alimentari, però, questo fenomeno continua a essere un elemento costante di inquinamento dei rapporti di lavoro. Basta girare nelle campagne dell’agro pontino, tra le coltivazioni ortofrutticole, i frutteti, le immense serre e i vigneti, per rendersi conto che il comparto continua a reggersi sul lavoro di braccianti – per la maggior parte indiani – senza contratto, senza diritti, sconosciuti allo Stato perché in molti casi clandestini.

Migliaia, con punte di 40-50mila nella stagione alta, provengono per lo più dalla regione del Punjab, lavorano anche dodici ore al giorno, con ritmi massacranti e paghe orarie che non superano i tre euro. Spesso sono attratti in Italia con il miraggio di un contratto regolare. Arrivano con un permesso di lavoro di tre mesi ma una volta qui vengono ricattati: anche 8mila euro per il rinnovo del permesso. “Spesso queste persone non hanno nemmeno i soldi per tornare a casa, dopo aver pagato il viaggio di andata – spiega Giovanni Gioia, segretario provinciale della Flai Cgil di Latina –. Il giro d’affari per le organizzazioni criminali e per i professionisti conviventi è milionario”.

Più di una volta i braccianti indiani si sono rivoltati contro i ricatti e le difficilissime condizioni di lavoro delle campagne del basso Lazio. Nel maggio 2010 mille di loro hanno incrociato le braccia e manifestato sotto la prefettura di Latina. I sette che hanno fatto nomi e cognomi dei caporali e delle aziende che li sfruttavano sono stati spediti al Cie di Ponte Galeria e successivamente espulsi. “Sono coraggiosissimi, si ribellano ma hanno la legge contro – puntualizza Gioia –. Quando denunciano le loro condizioni di vita, rischiano di essere espulsi dal paese perché clandestini. Una via senza uscita per molti”.

Da sette anni la Flai di Latina ha stretto legami solidi con la comunità punjabi e anche con l’ambasciata indiana, aprendo anche una sezione a Borgo Hermada, dove 6mila indiani vivono assieme agli italiani. “Ormai ci conoscono bene e ci invitano nei loro luoghi di culto – racconta Gioia –. Teniamo corsi di italiano e abbiano tradotto il contratto provinciale nella loro lingua”. (…)

Città invisibile è un piccolo collettivo attento ai temi sociali e della decrescita, nato all’interno dell’omonima libreria (info [at] editoriadellapace [dot] org) dell’ex mattatoio di Testaccio.

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