
Un tempo si faceva la danza della pioggia. Lo sciamano si vestiva con paramenti sgargianti, ululava, ballava e girava in tondo. Dopo di che talvolta pioveva talvolta no, ma non dipendeva da lui, almeno credo. Rituali propiziatori, esorcismi… Oggi c’è la politica che svolge la stessa funzione del tutto irrilevante ai fini di fermare la catastrofe ambientale, lo scioglimento dei ghiacciai, l’aumento della temperatura, ma anche ai fini di rilanciare la crescita, superare la stagnazione eccetera eccetera.
Non è sempre stato così, intendiamoci: per qualche secolo fu possibile decidere in modo collettivo, in forma democratica oligarchica o monarchica, e la decisione poteva determinare qualcosa (non tutto, non molto, ma qualcosa) nella sfera dell’esistenza comune. Ora non più. Mi duole dirlo, ma la politica non è più in grado di scalfire la superficie degli eventi, perché è diventato impossibile decidere in tempo a causa della velocità infinita dei flussi di comunicazione, ed è diventato impossibile determinare il corso degli eventi, perché la complessità delle relazioni economiche, sociali e psichiche è divenuta tale che nessuna decisione potrebbe in ogni caso dominarle. E perché la macchina tecnica connettiva ha incorporato nelle relazioni linguistiche automatismi cui non è possibile sottrarsi.
C’è qualcosa di patetico, di struggente nella frenetica accelerazione della politica contemporanea. Come un poveraccio che si trovi chiuso in un ascensore che precipita a tutta velocità verso l’inferno, il cittadino contemporaneo schiaccia impazzito pulsanti con su scritto: destra, sinistra democrazia, nazione, popolo e altre parole che non significano niente, ma che offrono ancora (sempre meno) l’illusione di poter salvare noi stessi e le nostre famiglie dal destino inquietante che vediamo ogni giorno più chiaramente, e comincia ormai a farci paura.
Non dico, intendiamoci, che se vince la destra non cambia niente: cambia la truculenza delle parole, la crudeltà dell’esecuzione e la ridicola ferocia delle facce. Tutto qui. La vittoria di Trump ha enormemente peggiorato la qualità del discorso pubblico, esasperato l’efferatezza delle dichiarazioni contro i migranti. Ma Trump ha deportato 80.000 migranti, mentre il gentilissimo bellissimo coltissimo Obama ne aveva deportati 120.000. E tutti abbiamo tirato un respiro di sollievo quando l’orrendo Matteo Salvini è stato scalzato dal serafico Zingaretti. Ma il decreto sicurezza non è stato neppure scalfito (anche se tutti dicono oddio che brutto), la legge dello jus soli non è neppure stata proposta al parlamento, (anche se molti si vergognano e promettono che prima o poi). E la tassa sulla plastica nelle confezioni, un ovvio tentativo di contrastare la trasformazione degli oceani in putridi immondezzai, è stata messa da parte perché altrimenti Bonaccini perde le elezioni (scusa, ma chi è Bonaccini?). Certo Salvini gode ogni volta che un centinaio di africani annegano nel mar Mediterraneo, ma la legge che gli permetteva di giustiziare gli “invasori” l’aveva fatta il civilissimo Marco Minniti.
Dobbiamo concludere che i politici sono tutti bugiardi e mascalzoni? Può darsi che lo siano, ma il problema non è affatto questo. La loro volontà (e la nostra volontà democraticamente espressa) è come la danza della pioggia. La volontà umana conta soltanto quando non deve affrontare processi immensamente veloci, infinitamente complessi, e soprattutto disgraziatamente irreversibili. Come quelli che stanno provocando l’estinzione della civiltà (se non del genere umano). E la politica è l’espressione della volontà umana, che purtroppo oggi non possiede più alcuna potenza.
E allora che occorre fare? Naturalmente non lo so. Forse occorre raccogliersi in meditazione e prepararsi all’estinzione che in fondo non è altro che un evento naturale al quale nel tempo nessuna creatura può sfuggire. O forse inventare una tecnica di trasformazione del rapporto tra la sfera umana e l’universo circostante che non si fondi sulla volontà ma sulla coscienza.
Ma qua si apre un discorso difficile, che dobbiamo affrontare con calma, anche se l’ascensore precipita sempre più rapido verso l’inferno.
Condivido, come spesso mi capita, questo tuo ragionamento, portato avanti con la consueta lucidità. La mia sensazione è che questo nostro mondo occidentale sia sempre meno ancorato alla realtà per cui parlarne diventa difficile, è quasi come strappare il velo di Maia di schopenhaueriana memoria. Viviamo (chi se lo può permettere) sempre più in una bolla, che racchiude tutte le nostre azioni e in molti casi anche i nostri pensieri. Cerchiamo di continuare almeno a ragionare e a proporre analisi dotate di senso (a unire i puntini del mondo che ci circonda) come le tue. Le soluzioni ovviamente in un mondo con miliardi di persone vanno trovate insieme.