Monsanto è la multinazionale di sementi e prodotti agrochimici più potente al mondo, con un fatturato multimilionario. Sostenuta politicamente, il suo modello comporta scorrimento di frontiere agricole, sgomberi di comunità rurali, disboscamenti e uso intensivo di prodotti agro-chimici. Un approfondimento del modello: l’arrivo a Córdoba, grazie a la Presidenta e al Governatore, il mais per agro-combustibili e la nuova legge che regola il mercato delle sementi.
di Darío Aranda
“Non sono la Presidenta delle corporazioni”
Cristina Fernández de Kirchner
10 dicembre del 2011
Discorso di riassunzione, presso il Congresso nazionale
Juana è una nonna, capelli biondi con sfumature bianche, una borsa della spesa tra le mani e la convinzione di poter fronteggiare l’azienda di sementi e agrochimici più potente al mondo: “Non vogliamo la Monsanto” sostiene con naturalezza e getta la prima domanda retorica: “I politici difendono più le aziende o i cittadini?”.
È mercoledì sera a Malvinas Argentinas, a venti minuti dal centro di Córdoba. Club di quartiere per feste, un salone semplice e spazioso, è questo lo scenario di un’assemblea di cittadini che si oppongono all’arrivo della Monsanto nel quartiere. La signora Juana sembra una delle voci autorevoli dell’assemblea. Ascolta attenta, in prima fila, e sostiene con forza la sua idea: “Se il Governatore e la Presidenta vogliono la Monsanto, che facciano installare la fabbrica di fianco a casa loro”. I presenti applaudono.
Monsanto ha 111 anni di storia, la sede centrale negli Stati Uniti, un fatturato annuo di 7.297 milioni di dollari. Con il 27 % domina a livello mondiale il mercato delle sementi e ha appena compiuto un ulteriore passo nella sua politica di espansione: il governo nazionale argentino ha approvato un nuovo seme di soia transgenico. L’azienda, inoltre, fa pressione per ottenere il pagamento di royalties su questo nuovo prodotto e per l’approvazione di una nuova legge sulle sementi (fortemente criticata dai contadini). Allo stesso tempo, ha iniziato l’installazione del più grande impianto di tutto il Latinoamerica, a Córdoba, per la lavorazione di mais transgenico e raddoppiare così la produzione di agrocombustibili.
Appoggio politico, scorrimento di frontiere agricole, sgomberi di comunità rurali, disboscamenti e uso intensivo di prodotti agrochimici. Un approfondimento del modello in modo più esplicito.
Più di un secolo
La storia ufficiale segnala che la Monsanto Chemical Works fu fondata nel 1901 da John Francis Queeny, “impiegato per oltre trent’anni nell’industria farmaceutica”, il quale scelse il nome di sua moglie (Olga Méndez Monsanto) e creò una piccola impresa che iniziò a crescere rapidamente. Con sede centrale a Saint Louis (Missouri), il primo prodotto fu la saccarina. Negli anni ’20, l’azienda era già diventata una tra le principali fabbriche di prodotti di base dell’industria chimica, tra i quali l’acido solforico.
Nel 1928, il figlio di Queeny, Edgar, divenne il presidente della Monsanto, che raggiunse la fase di massima espansione negli anni ’30 con l’acquisto di altre tre aziende chimiche. “Dagli anni ’40 fino ai giorni nostri, è una delle quattro uniche compagnie che sono state sempre tra le prime dieci aziende chimiche degli Stati Uniti”, sottolinea Brian Tokar nella sua ricerca “Monsanto: una storia dubbia”.
Tokar riporta un dato, in seguito ripreso da Marie Monique Robin nel suo libro “Il mondo secondo Monsanto”, che l’azienda occulta nella sua storia ufficiale.
“L’erbicida conosciuto come Agente Arancio, usato dagli Stati Uniti per sfogliare gli ecosistemi della foresta tropicale in Vietnam negli anni ’60, era un miscuglio di prodotti chimici che provenivano da diverse fonti, ma, tra tutti, l’Agente Arancio della Monsanto era quello con una concentrazione di diossina maggiore, di molto superiore a quello prodotto dalla Dow Chemical, l’altro grande produttore del defoliante” sottolinea Tokar, direttore di ricerca in biotecnologia dell’Istituto di Ecologia Sociale del Vermont (Stati Uniti).
Secondo la ricerca, questo fatto trasformò la Monsanto nel principale accusato nella causa legale avviata da veterani della guerra del Vietnam, i quali soffrirono vari sintomi attribuibili all’esposizione all’Agente Arancio.
“Quando nel 1984 si raggiunse un accordo di indenizzazione per un totale di 180 milioni di dollari tra le sette compagnie chimiche e gli avvocati dei veterani di guerra, il giudice ordinò alla Monsanto di pagare il 45,5 per cento del totale” spiega Tokar, il quale ricorda un altro prodotto della Monsanto: PCB (elemento cancerogeno utilizzato nei trasformatori elettrici).
Nel 1976 Monsanto iniziò a commercializzare l’erbicida Roundup (a base di glifosato). “Diventerà l’erbicida più venduto al mondo” segnala l’azienda nella propria pagina web. Nel 1981 la compagnia si affermò come leader nella ricerca in ambito biotecnologico. E nel 1995 furono approvati una decina di suoi prodotti geneticamente modificati, tra cui la “Soia RR (Roundup Ready)”, resistente al glifosato.
L’azienda pubblicizzava la biodegradabilità del Roundup e sottolineava il carattere “positivo da un punto di vista ambientale” del prodotto chimico. Il procuratore di New York rivendicò per cinque anni la tesi che si trattasse di pubblicità ingannevole. Solo nel 1997 la Monsanto decise di eliminare la suddetta dicitura dalle confezioni e si trovò costretta a pagare una multa pari a 95 milioni di dollari.
“è l’ultima di una serie di grandi multe e decisioni giudiziarie contro la Monsanto, tra cui i 108 milioni di dollari per responsabilità per la morte per leucemia di un impiegato texano nel 1986, una indenizzazione di 648 milioni di dollari per non aver comunicato all’EPA (agenzia governativa ambientale statunitense, n.d.t.) dei dati richiesti, una multa di 1 milione imposta dal ministero della giustizia del Massachussets nel 1991 per aver versato 750.000 litri di acque acide, e un’altra indennizzazione di 39 milioni di dollari a Houston (Texas) per aver depositato prodotti pericolosi in pozzi senza isolamento” accusa Tokar.
Monsanto continuò a pubblicizzare il Roundup come “un erbicida sicuro e di uso generale in qualsiasi posto, dal manto erboso all’orto e perfino per i grandi boschi di conifere”. Il 26 gennaio del 2007, però, fu condannata dal tribunale francese di Lione a una multa per pubblicità ingannevole.
In Argentina, la Monsanto possiede un impianto a Zárate (Buenos Aires) dal 1956. Dodici anni fa realizzò un’espansione e il suo impianto per la produzione di glifosato divenne il più grande in America Latina. Nel 1978 s’installò a Pergamino e, nel 1994, aggiunse un nuovo impianto a Rojas (Buenos Aires).
Nel 1996, il governo argentino approvò la soia transgenica con uso di glifosato. Con la firma dell’allora Segretario per l’Agricoltura, Felipe Solá, la risoluzione 167 ebbe via libera rapidissimamente, solamente 81 giorni, e basandosi su studi della propria Monsanto. Nel fascicolo, di 146 pagine, mancano completamente studi degli effetti sull’uomo e sull’ambiente. Lo Stato Argentino non realizzò alcuno studio sui possibili effetti della nuova coltivazione, limitandosi a far proprie le relazioni presentate dalla parte interessata (Monsanto).
Brevetti
Nel 1996 la soia occupava in Argentina 6,6 milioni di ettari. Nel 2000 raggiunse i 10,6 milioni. Nel 2011 arrivò a 19,8 milioni di ettari, un aumento medio di 800.000 ettari all’anno. Rappresenta il 56 per cento della terra coltivata dell’intero Paese.
In seguito alla svalutazione del 2002, e in concomitanza con l’aumento della domanda estera di soia, la Monsanto cercò di farsi pagare delle royalties per il “diritto intellettuale” per il seme transgenico. In quell’occasione, la Federazione Agraria Argentina (FAA) e il Governo si rifiutarono di pagare.
La Monsanto si rivolse perfino a tribunali europei, cercando di frenare, da un punto di vista legale, l’arrivo delle navi che trasportavano soia dall’Argentina. Tuttavia la causa legale non ebbe alcun seguito.
In ogni caso l’azienda non aveva certo problemi economici. Nel 2006 aveva fatturato 4.476 milioni di dollari. In America Latina, nel primo trimestre del 2006, fatturò 90 milioni di dollari. L’anno seguente, nello stesso arco di tempo, ebbe un aumento del 184 per cento: 256 milioni di dollari. “Gran parte è dovuto all’aumento delle vendite dell’erbicida glifosato” annunciava l’azienda, che segnalava il glifosato come il responsabile della metà dei suoi guadagni. Nel 2007 il fatturato arrivò a 7.300 milioni. Il presidente esecutivo della Monsanto, Hugh Grant, disse nel 2009 all’agenzia Reuters che la compagnia aveva pianificato un’espansione del mercato delle sementi con un tasso di crescita del 20% annuo tra il 2007 e il 2012.
Il Gruppo ETC (Gruppo di Azione su Erosione, Tecnologia e Concentrazione) studia da 25 anni la concentrazione del mercato agricolo mondiale.
“La Monsanto detiene attualmente il 27% del mercato mondiale delle sementi, di qualunque tipo (transgenica e non) e di qualunque varietà. Per quanto riguarda le sementi transgeniche, la Monsanto detiene l’86 per cento del mercato mondiale. È uno dei monopoli industriali più grandi del pianeta e della storia dell’agricoltura e, addirittura, dell’industrialismo. Solo Bill Gates (con Microsoft) possiede un monopolio simile, vicino al 90 per cento del mercato” spiega Silvia Ribeiro, ricercatrice del Gruppo ETC.
Coincidenze
La Presidenta annunciava, dagli Stati Uniti, il nuovo impianto della Monsanto in Argentina, nello stesso periodo in cui un processo storico, inquadrato nella Legge di Residui Pericolosi (24051), apriva la porta per considerare le fumigazioni come delitti, con la conseguente possibilità di condannare al carcere i produttori e i fumigatori.
Tre giorni dopo che ebbe inizio il processo, il 15 di giugno del 2012, in un pranzo nel Consiglio delle Americhe (spazio emblematico dell’establishment economico statunitense) e di fronte alle maggiori corporazioni (multinazionali, ndt) degli Stati Uniti, la Presidenta Cristina Fernández de Kirchner affermò:”Qualche istante fa sono stata con Monsanto, che ci annunciava un investimento molto importante per quanto riguarda il mais (…) e in più erano molto contenti perché l’Argentina oggi è all’avanguardia in materia di eventi biotecnologici (…). Ho qui con me, e davvero ve lo voglio mostrare perché mi sento molto orgogliosa, il prospetto della Monsanto. Un investimento oneroso a Malvinas Argentinas, a Córdoba, in materia di mais con un nuovo seme di carattere transgenico”.
Il 21 di agosto, dopo oltre due mesi di iter giudiziario, la Camera I del Crimine emise la sentenza: affermò che i fatti denunciati (due fumigazioni, una del 2004 e l’altra del dicembre del 2008) avevano violato la normativa vigente e li catalogò come crimini. E condannò un produttore, Francisco Rafael Parra, e l’aerofumigatore, Jorge Pancello, a 3 anni di prigione con condizionale, 4 anni di lavori socialmente utili e 8 anni di divieto di maneggiare prodotti agrochimici.
Nello stesso giorno, il Ministro dell’Agricoltura della Nazione, Norberto Yauhuar, presentò il nuovo seme di soia (“RR2 Intacta”) insieme ai dirigenti della Monsanto. Il comunicato stampa del Ministero dell’Agricoltura titolò con una dichiarazione del vicepresidente di Monsanto Argentina, Pablo Vaquero: “Lavoriamo con un Governo che è aperto al dialogo”. I comunicati ufficiali fanno propri la pubblicità della Monsanto e mettono in risalto i supposti pregi del nuovo seme: “Questa nuova tecnologia permetterà una maggior produzione e migliorerà l’ambiente”.
Il ministro Yauhuar celebrò: ”È un giorno speciale per l’Argentina, perché avanziamo verso una seconda generazione di soia, approvando oggi l’evento numero 27. La biotecnologia è uno strumento per la crescita sostenibile”.
Sementi
Nella principale fiera di agrobusiness in Argentina, Expoagro, celebrata a marzo del 2012, le aziende Monsanto, Nidera e Don Mario (la principale azienda di sementi argentina) avevano un obiettivo principale: rimarcare la necessità che il governo approvasse la nuova soia RR2.
“Quello che vedi qui è la nuova tecnologia” invitava Juan Manuel Bello, ingegnere agronomo dell’azienda Don Mario, una delle imprese leader del settore delle sementi. Si riferiva a un acquario di vetro, sopra un tavolo, alto un metro e largo due, diviso nel mezzo. Da un lato la soia transgenica in uso (chiamata RR), gambi e foglie rotte e con buchi dovuti a chissà quale insetto. Di fianco, la nuova soia RR2, impeccabile, verde scura, perfetta, per la quale veniva promessa una maggior produttività, un 11 per cento in più rispetto alla soia RR.
“L’idea è che si possa confrontare a semplice vista. La soia RR2 BT ha un gene doppio, l’RR e il gene BT, che le assicura la resistenza agli insetti, brevettata dalla Monsanto. Qui la commercializzeremo non appena raggiungeremo il consenso in tutta la catena, dalla produzione fino all’esportazione. Oggi si lavora con i produttori affinché aderiscano all’ultilizzo di questa biotecnologia. Firmando l’accordo, danno il benvenuto all’avanzare della scienza”.
“Il consenso”, in realtà, non è altro che l’accettazione dei produttori a pagare royalties sul prodotto.
Fino a marzo del 2012 sembrava che sia i produttori che il Governo facessero resistenza al pagamento di royalties.
Wikileaks
“Una serie di documenti filtrati da Wikileaks segnalano che durante il governo di Néstor Kirchner prima e di Cristina Fernández poi, importanti funzionari e congressisti degli Stati Uniti, oltre a vari ambasciatori che si sono susseguiti in quegli anni, hanno fatto pressione affinché la Casa Rosada facilitasse il pagamento di royalties all’azienda Monsanto per l’uso di sementi transgeniche. Quello che iniziò con un duro scontro, con carichi di farina di soia sequestrati in alcuni porti europei nel 2004 e 2005, s’incamminò in seguito verso una negoziazione sulla nuova generazione di sementi, mettendo temporaneamente da parte il tentativo della Monsanto di farsi pagare le royalties” ha scritto il capo della sezione Internazionale di Página12 (quotidiano argentino n.d.t.), Santiago O’Donnel, il 3 marzo del 2011, dove documenti fino allora segreti dell’ambasciata mostravano una supposta resistenza del Governo nei confronti della Monsanto.
Nei documeni, Monsanto assicurava che l’85% della soia che si produceva in Argentina si faceva con una sua formula, ma su meno di un terzo venivano pagate royalties.
“Sebbene l’azione della lobby statunitense a favore della Monsanto fu incessante, perfino gli analisti dell’ambasciata riconobbero nei cavi che la richiesta era dubbia. “I coltivatori argentini hanno diritto a ripiantare, non a rivendere, sementi generate da un raccolto originato da sementi brevettate. senza per questo dover pagare delle royalties” viene affermato in un cavo di marzo del 2006 firmato dall’allora ambasciatore Lino Gutiérrez” spiegò l’editore di Pagina12.
Cambi
Il primo annuncio sulla soia RR2 fu realizzato il 4 luglio del 2009 nel Clarín Rural, una delle principali voci del business agricolo (insieme al quotidiano La Nación, socio nella mostra Expoagro). Veniva promesso un maggior rendimento, tra il 10 e il 15% rispetto alla prima soia transgenica.
Nel settembre del 2011, la Presidenta presentò a Tecnopolis il Piano Strategico Agroalimentare (PEA), con obiettivi quantitativi da raggiungere nel 2020. Per ciò che riguarda la produzione di grano, spiccava come l’obiettivo fosse di aumentare del 60% la produzione (da 100 milioni di tonnellate a 160), con la conseguente espansione su nuovi territori.
Il 28 febbraio del 2012, la Presidenta annunciò che ricercatori dell’Università Nazionale del Litoral (UNL), del Conicet e dell’azienda Bioceres, avevano ottenuto un seme di soia resistente alla siccità e che aveva rese elevate, fatto che avrebbe reso possibile l’introduzione in regioni per il momento ostili alla monocoltura. Nella Bioceres, è azionista Gustavo Grobocopatel, titolare di uno dei maggiori gruppi di sementi del continente (“Los Grobo”).
Organizzazioni ambientaliste e contadine fecero emergere ciò che veniva occultato nell’atto ufficiale: scorrimento della frontiera agraria, disboscamenti, paesi sgomberati e maggior uso di agrotossici.
Nel discorso del giugno del 2012 davanti agli imprenditori statunitensi, la Presidenta ricordò i progressi degli scienziati della UNL, del Conicet e dell’impresa Bioceres. E trattò per la prima volta in pubblico il tema tabù dei brevetti sui semi: “Erano molto contenti (i dirigenti della Monsanto) perché l’Argentina oggi è all’avanguardia in materia di eventi biotecnologici. E anche per ciò che riguarda il rimpatrio di scienziati in Argentina e, infine, il rispetto dei brevetti. Dato che abbiamo ottenuto dei brevetti nostri, infatti, siamo diventati anche noi difensori dei brevetti”.
Dopo quel viaggio, i tempi si accelerarono. Monsanto ebbe via libera per la nuova soia. E anche per il pagamento delle royalties.
Il 9 agosto, dal XX Congresso dell’Associazione Argentina di Produttori in Semina Diretta (Aapresid), il Segretario per l’Agricoltura confermò: “L’approveremo a breve”.
Il giorno seguente, la cronaca del quotidiano La Nación è eloquente.
“In occasione del congresso del Aapresid, il tema della nuova soia fu motivo per un incontro informale tra i dirigenti della Monsanto – tra i quali il vicepresidente Pablo Vaquero – e dirigenti del Comitato di Collegamento, tra cui Eduardo Buzzi (presidente della Federazione degli Agricoltori Argentini), Carlos Garetto (presidente del Coninagro), Luis Miguel Etchevehere (secondo vicepresidente della Società Rurale Argentina) e José Basaldúa (dirigente delle Confederazioni Rurali Argentine (CRA)). Erano inoltre presenti il capo dell’unione dei lavoratori rurali (Uatre), Guillermo Venegas. In uno stand della Monsanto, condivisero un improvvisato aperitivo”.
Undici giorni dopo, il Ministro dell’Agricoltura, Norberto Yauhar, presentò la nuova soia insieme ai dirigenti della Monsanto.
“Bisogna rispettare la proprietà intellettuale” rivendicò quello stesso giorno il Ministro dell’Agricoltura e affermò che il Governo stava lavorando per una nuova legge sulle sementi, che comprendesse il pagamento di royalties nei confronti di coloro che sviluppano le sementi transgeniche.
Millenario come l’agricoltura è il diritto a conservare una parte del raccolto come seme per la successiva semina, quello che viene chiamato “uso proprio” delle sementi.
Con la nuova soia, la Monsanto ha realizzato un modo privato di pagamento delle royalties (diritti di proprietà intellettuale), che elude lo Stato. Ha firmato contratti individuali con i produttori (secondo la Monsanto avrebbe già firmato il 70% dei produttori di soia) e ha messo in pratica degli accordi con grossisti ed esportatori per controllare i carichi dei camion nei luoghi di raccolta. Là si realizza un test del grano e, se si individua la soia della Monsanto, si farà pagare al produttore i diritti sul brevetto. La Monsanto ha così realizzato un sistema che colloca lo Stato come semplice osservatore.
L’obiettivo delle imprese di sementi, con la Monsanto in testa, è quello di alterare il diritto storico di “uso proprio”, rivendicando la “proprietà intellettuale”. Per questo, insieme al Governo, promuove una nuova legge sui semi.
Carlos Vicente, dell’organizzazione internazionale Grain (organizzazione di riferimento nello studio del mercato delle sementi e delle corporazioni agricole).
“La legge attuale, degli anni ’70, permette l’uso proprio. Per migliaia di anni i contadini hanno cresciuto, migliorato e cambiato i semi, senza che nessuno se ne appropriasse. Ma se si può avere il diritto di proprietà intellettuale, si crea un monopolio sui semi che non riconosce migliaia di anni di storia contadina. Ora c’è qualcuno, le corporazioni, che può essere padrone dei semi” avvisa, e ribadisce che “le organizzazioni contadine si oppongono in modo radicale a qualsiasi freno al libero scambio e circolazione delle sementi “dato che questo significa frenare il processo storico di creazione di diversità che i contadini hanno sostenuto per migliaia di anni”.
Vicente fa riferimento all’Unione Internazionale per la Protezione delle Varietà Vegetali (UPOV), un’organizzazione intergovernativa con sede a Ginevra (Svizzera), costituita nel 1961, nella quale possiedono grande influenza le multinazionali dell’agrobusiness e alla quale aderiscono anche gli Stati (tra cui, ovviamente, l’Argentina). Nel 1978, la UPOV ha creato la norma UPOV 78 che determinava l’applicazione del “diritto di conseguimento” di una pianta, che è in linea con il concetto di brevetto posseduto dalle imprese, ma che riconosceva anche l’uso proprio dei semi, per poter riseminare senza pagare royalties, e permetteva ai ricercatori di analizzare e migliorare ogni nuovo seme.
La UPOV ha cambiato politica nel 1991, quando spinse per una nuova legislazione sulle sementi che prevedeva una sorta di privatizzazione.
“La UPOV91 limita l’uso proprio e la ricerca, dato che un’azienda può monopolizzare un seme e addirittura esigere un pagamento se altri vogliono continuare a studiarlo. È molto grave, è l’appropriazione della vita” denuncia Carlos Vicente.
– Come si possono mettere in relazione la Monsanto, la nuova legge sulle sementi che sta preparando il Governo e la UPOV91?
Vicente non ha dubbi: “La Monsanto aveva annunciato all’inizio degli anni duemila che non avrebbe fatto ulteriori investimenti in Argentina perché non le veniva garantita sicurezza giuridica. Da quando la Presidenta, dagli Stati Uniti, ha annunciato che la Monsanto installerà il suo più grande impianto di mais transgenico a Córdoba, sussiste in pratica un accordo che restituisce all’azienda “sicurezza giuridica”, viene inoltre approvata la nuova soia e le verrà permesso il pagamento delle royalties. Il tutto mentre il Governo si appresta a modificare la legge sulle sementi”.
Vicente sottolinea che la modificazione della legge “varrà per tutte le sementi, non solo per la soia”, la inquadra come una “tremenda offensiva dell’agrobusiness” in tutto il continente e la riassume in un modo che fa paura: “è un passo verso la privatizzazione dei semi. La privatizzazione della vita in mano alle corporazioni”.
Il Movimento Nazionale dei Contadini Indigeni (MNCI) manifestò lo scorso luglio il suo rifiuto nei confronti della nuova legge sulle sementi. In un comunicato, la catalogò come un “premio per gli agro-saccheggiatori” e denunciò che “legittima il furto e l’appropriazione genetica”.
“Le specie e varietà che sono state ottenute tramite la selezione dei contadini e degli indigeni nel corso dei secoli, ora saranno di chi le brevetta per primo, o di chi modifica un gene dei 40.000 che possono caratterizzare una pianta. I semi sono patrimonio dei popoli al servizio dell’umanità e non una merce al servizio del capitale” rivendicarono.
Contraddizioni?
“Io dicevo loro, e la gente della Monsanto non lo sapeva, che abbiamo una Patagonia in cui alcuni produttori argentini producono, per esempio, foraggio e uno può osservare nel mezzo della steppa patagonica i circoli che, solamente grazie all’irrigazione, producono foraggio di primissima qualità. E abbiamo anche acqua in Patagonia (…). Tutto ciò ci dà un’idea che sia proprio l’elemento vitale, l’acqua, che ci permetterà di estendere la frontiera agraria” affermò la Presidenta riferendosi all’incontro con gli imprenditori statunitensi del 15 giugno.
Quindici giorni dopo, mercoledì 27 giugno, a San Luis, la Presidenta riprese il discorso: “Dobbiamo estendere ancor di più la frontiera agraria, dobbiamo farlo (…). Quando venivo in elicottero vedevo questi immensi circoli qui, nel mezzo di questa pianura puntana (di San Luis de la Punta de los Venados, capitale della provincia di San Luis, n.d.t.), che in altre epoche era coperta da erba con cui si crescevano e ingrassavano vitelli, come mi diceva il Governatore, e che oggi, grazie all’irrigazione, sta permettendo la coltivazione di piante, sta permettendo produzioni in zone impensate dell’Argentina”.
Sul canale nazionale, la Presidenta è stata ancora più esplicita: “Sogno che nella mia Patagonia, che è una steppa, si possa produrre in modo intensivo mais. Non si tratta di fantasia, gli stessi circoli che ho visto qui li ho visti anche nei terreni di un imprenditore e di un produttore che conosco, i quali hanno delle fattorie nella mia provincia (…) e sappiamo anche che produrremo un mais di varietà transgenica che ci permetterà, proprio in questi luoghi, di estendere la frontiera agraria, la scienza e la tecnologia”.
Il Movimento dei Contadini Indigeni (MNCI) è uno degli spazi nuovi della lotta agraria ed è presente in dieci province. Riunisce Vía Campesina Internacional (il movimento mondiale dei contadini e lavoratori dei campi) e la Coordinadora Latinoamericana de Organización del Campo (Cloc).
Con la risoluzione 125 hanno messo in discussione il Comitato di Collegamento e, soprattutto, il modello agricolo attuale. Nel novembre del 2009 riceverono a Quimilí (Santiago del Estero) l’allora Ministro dell’Agricoltura, Julián Domínguez. Nel novembre del 2011, dopo l’assassinio del contadino Cristian Ferreyra (membro del MNCI), l’organizzazione rese esplicito il dialogo con il Governo. Nel dicembre del 2011, La Cámpora, il Frente Transversal, Nuevo Encuentro e il Movimiento Evita si rivolsero insieme al MNCI al Congresso Nazionale e presentarono un progetto di legge per frenare gli sgomberi dei contadini (progetto che non è ancora stato dibattuto).
Lo scorso 27 luglio, il MNCI ha diffuso un duro comunicato contro il Governo Nazionale dal titolo: “Democrazie o corporazioni transnazionali: è il momento di scegliere”.
“Il benvenuto e la consegna di beni naturali alle multinazionali è una grande contraddizione con altri principi enunciati dal Governo Nazionale (…). Come possiamo spiegare che i “padroni” della terra e le transnazionali si stiano arricchendo mentre nei nostri quartieri e nelle nostre comunità ci circonda ancora la povertà? Come dobbiamo interpretare queste carezze dialettiche a Monsanto, Vale, Barrick? Il Comitato di Collegamento vede soddisfatto il riconoscimento del proprio discorso e del proprio modello. Lo “yuyo” (pianta infestante, n.d.t.) non è più cattivo, ora è benedetto, e la gente rurale esigerà di più”.
Il Movimento dei Contadini Indigeni sa bene che il progresso dell’agrobusiness comporta un avanzamento sopra i loro terreni, con ulteriori sgomberi, disboscamenti, impiego di agrotossici e repressione: “La nostra possibilità di vivere, lavorare e produrre è minacciata ad ogni passo che le multinazionali compiono nel nostro territorio, ed è per questo che le combatteremo fino all’ultimo respiro. Si tratta di vite, di milioni di vite che sono in gioco”.
Tre settimane dopo il comunicato del MNCI, il Governo ha approvato la nuova soia della Monsanto.
Mais a Malvinas Argentinas
“La Presidenta Cristina Fernández de Kirchner si è riunita con i dirigenti dell’azienda Monsanto, i quali hanno annunciato un piano di investimento di 1.500 milioni di pesos per sviluppare un impianto per la produzione di mais nella località di Malvinas Argentinas, Córdoba. Ciò comporta la creazione di 400 nuovi posti di lavoro (…). Il nuovo impianto lavorerà nel trattamento e miglioramento della qualità dei semi di mais. Con le menzionate installazioni, l’Argentina potrà contare con due dei più grandi impianti al mondo per la produzioni di semi, entrambe appartenenti alla Monsanto”, viene precisato il 15 di giugno in un comunicato della compagnia con sede negli Stati Uniti.
Nel medesimo comunciato, La Monsanto argomentava che il mais è importante per lo sviluppo agrario argentino perché è la miglior opzione per ruotare con la soia, “migliora l’equilibrio dei nutrienti, fa sì che l’erosione del suolo sia minore e migliora il rendimento”.
L’Argentina possiede 19,6 milioni di ettari coltivati con soia e 4,5 milioni con mais.
Due mesi dopo, invitati dalla Monsanto nell’Iowa (Stati Uniti), gli stessi giornalisti di agrobusiness del Clarín e de La Nación rivelarono il nuovo piano per il modello agricolo: ampliare la superficie coltivata di mais per destinarla ad agro-combustibili.
“Dopo la febbre di investimenti che ci fu in impianti di bio-diesel a base di soia in Argentina, il prossimo turno sarà per l’etanolo da mais. Ci sono già una ventina di progetti di impianti per un totale di investimenti di 1.500 milioni di dollari. Si stima che questo bio-combustibile potrebbe far crescere in poco tempo del 10% l’area coltivata a mais. Il dato è conosciuto alla Monsanto, che ha organizzato un giro con i giornalisti negli Stati Uniti per visitare, tra le altre cose, impianti di etanolo, e analizzare lo stato attuale di questa industria” riporta la cronaca di Fernando Bertello, su La Nación del 31 di agosto.
A Rio Cuarto (Córdoba), dove la Monsanto installerà un impianto sperimentale, l’azienda Bio4, di imprenditori locali, produce agrocombustibile a base di mais. Avanzano inoltre progetti dell’Associazione delle Cooperative Argentine (ACA) che hanno come scopo la produzione di agrocombustibile a Villa María (Córdoba), dell’Aceitera General Deheza (del ex legislatore kirchnerista Roberto Urquía), e dell’ Aceitera Vicentínin (con un impianto a Santa Fe). Con un totale di almeno 20 impianti, si produrrà agrocombustibile anche a Salta, Entre Ríos, San Luis y Bahía Blanca.
Gli agrocombustibili accumulano una lunga lista di dubbi. La più recente, in Argentina, è arrivata dalla Cattedra di Sovranità Alimentare dell’Università Nazionale del Comahue: “Generare agrocombustibili significa destinare parte della superficie coltivabile alla produzione di grano per alimentare motori invece che alimentare la popolazione. Si sta perseguendo alla lettera ciò che è stato pianificato nel Piano Strategico Agroalimentare e Agroindustriale (PEA) in materia di obiettivi produttivi, senza tenere conto delle conseguenze sociali, ambientali, economiche e culturali che tali obiettivi arrecano”.
La Cattedra, uno spazio nuovo e interdisciplinare che studia e mette in luce i problemi del modello estrattivo, ha denunciato: “È obbligatorio sapere che accettare la coltivazione intensiva di piante per produrre agro-combustibili suppone un incremento della pressione sulla terra, senza produrre alimenti per le popolazioni locali, il che si traduce in un aumento della nostra vulnerabilità alimentare”.
Assemblea
“Salone delle feste ed eventi Santina”. Un ampio rettangolo largo dieci metri e lungo venti. Pavimento di cemento, pareti bianche. Dietro una chiesa e di fronte alla piazza principale, in via San Martín, la principale del quartiere Malvinas Argentinas, con case basse, attraversato da due strade che corrono parallele (88 e 19) e dividono il quartiere in tre parti (battezzate “prima sezione”, “seconda” e “terza”).
Il salone delle feste si trova nella “seconda sezione”.
È una calda sera di mercoledì ed è la quarta riunione dell’ “Assemblea Malvinas lotta per la vita”, spazio autoconvocato dopo aver sentito alla televisione, in diretta e dalla voce della Presidenta, che la Monsanto si sarebbe installata nel quartiere, 32 ettari che sono già stati delimitati con filo spinato e nei quali sono già presenti le macchine che smuovono il terreno.
Matías Marizza ha 30 anni, è professore in una scuola superiore del quartiere. Viso tondo, barba incolta, jeans larghi.
“Abbiamo fatto colazione con l’annuncio della Presidenta” ricorda.
Il passaparola cominciò a circolare e avvenne così la prima riunione di cittadini autoconvocata, il 24 luglio.
“Molti hanno parenti nel quartiere Ituzaingó, sanno delle fumigazioni, del processo. Non è stato piacevole ascoltare la notizia che la Monsanto si installa nel quartiere, a meno di un chilometro dalla scuola” spiega.
Yanina Barboza Vaca ha 21 anni, parla veloce e vive da sempre a Malvinas Argentinas. “Non solo conosciamo da vicino l’ Ituzaingó, ma anche le fumigazioni. Qui siamo circondati dalla soia. A soli cinquecento metri da San Martín (via principale), ci sono già la soia e le fumigazioni. È da tempo che denunciamo che ci sono ragazzi con problemi respiratori, ma non ci hanno mai dato ascolto. Inoltre, nella località limitrofa (Monte Cristo) vivono alcune famiglie che da sei anni denunciano gli effetti delle fumigazioni”.
Alla prima assemblea arrivarono alcuni consiglieri comunali, ma i cittadini li mandarono via. La seconda assemblea si è svolta il 30 luglio.
“Le prime due furono parecchio disorganizzate, avevamo tutti bisogno di raccontare cosa avevamo visto e i loro timori” ricorda Marizza.
La terza assemblea fu il 4 agosto. Dove, per caso o forse no, saltò la luce in quella parte del quartiere. Dopo aver recuperato un gruppo elettrogeno, l’assemblea continuò.
Quel giorno si approvò un’attività di informazione lungo la strada, per il 15 di agosto. Si distribuirono foglietti a tutti i veicoli che attraversavano il quartiere e ai cittadini. Ci fu una buona eco nei mezzi di informazione di Córdoba.
Daniel Arzani sta compiendo il suo quarto mandato. In assemblea tutti lo chiamano semplicemente “Daniel”, in fondo è un quartiere dove si conoscono tutti. Arzani è radicale, come gli altri sette candidati che gli assicurano la maggioranza. L’opposizione: una consigliera dell’Unione per Córdoba, del governatore José Manuel De la Sota, che appoggia l’installazione della Monsanto.
Il Consiglio Deliberante approvò il 13 marzo l’installazione del cantiere nei 32 ettari.
“Non si è fatto alcuno studio di impatto ambientale, obbligatorio per legge, non si è informata la comunità. Il Sindaco ha fatto delle riunioni in alcune case, una cosa abituale da queste parti, ma nemmeno lì ha ottenuto appoggio. I cittadini gli hanno detto “ti abbiamo sempre sostenuto, però con questo no”” afferma Marizza.
L’assemblea dei cittadini può contare su una decina di giovani che coordinano le attività decise nella plenaria.
“Rendiamo operativo ciò che si approva in assemblea. Non decidiamo per conto nostro” avvisa Yanina Barboza.
L’assemblea di oggi si preannuncia movimentata. Un volantino firmato dai “cittadini per il sì” convoca una riunione per domani e ribadisce l’appoggio alla Monsanto. Non sanno chi sono, però scommettono che si tratti di persone del Comune. Seconda novità: una decina di persone hanno percorso le strade del quartiere domandando l’opinione dei cittadini nei confronti del Sindaco, del Governatore, della Presidenta e, ovviamente, della Monsanto. Chi ha fatto l’inchiesta? Quando gli fu domandato, si identificarono come appartenenti a “un’azienda di consulenza”.
Pazienza e consenso
Un argomento ricorrente sono i 400 posti di lavoro promessi dalla Monsanto e ricordati periodicamente dai vari Governi (dal municipale fino al nazionale, senza dimenticare quello provinciale). “Ci siamo mossi, abbiamo verificato e confermiamo che la Monsanto ha pubblicato nella sua pagina web un annuncio in cui vengono richiesti professionisti agronomi, chimici, contabili, meccanici e nell’area del marketing, giovani tra i 21 e i 27 anni, con un livello di conoscenza medio dell’inglese. È chiaro che il lavoro non sarà per i cittadini del quartiere. Stando all’ultimo censimento, a Malvinas non ci sono più di 50 studenti universitari. Che non mentano più” rivendica Marizza.
Marizza e Barboza si trovano d’accordo sul fatto che l’arrivo della Monsanto abbia dato visibilità alle fumigazioni intorno al quartiere e alla logica paternalista, senza consulta previa, della classe politica.
Convocata per le 20, l’assemblea è cominciata con 39 minuti di ritardo. Erano presenti circa 150 persone, molte donne con figli, coppie giovani, uomini con la valigetta appena usciti dal lavoro. Primo punto, ripasso delle condanne per il processo del quartiere Ituzaingó. A seguire, si discute sull’opuscolo dei cittadini che presumibilmente vogliono la Monsanto, vengono proposte delle azioni per frenare la Monsanto durante le prossime settimane, viene dibattuta la possibilità di fare ricorso a un’azione legale e, infine, sulla necessità di fare pressioni a livello politico.
Per il momento l’assemblea spara temi a raffica. Tutti vogliono parlare. Il classico “compagno” usato in ambiti di militanza si rimpiazza con “cittadino”. Molti tra i presenti non hanno mai assistito ad un’assemblea, e provano a continuare a discutere anche dopo le votazioni. Si è votato per bloccare l’arrivo della Monsanto e partecipare, il giorno seguente, alla riunione convocata da chi appoggia la Monsanto. Si sono approvate entrambe le cose. Dopodiché alcuni cittadini vogliono continuare a discutere. I coordinatori spiegano un’altra volta il metodo, ma stanno al gioco. Sanno che la battaglia sarà lunga e che dalla pazienza e dal consenso dipenderanno le loro sorti. Di fronte hanno il Governo (con i suoi tre livelli) e, ovviamente, la corporazione più grande dell’agrobusiness.
Traduzione per Comune-Info, Diego Repetto
Fonte: http://anarquiacoronada.blogspot.it/
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