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La città abbandonata. Riutilizziamo Pisa

Francesco Biagi
29 Ottobre 2015

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di Francesco Biagi

Sono dati inquietanti quelli che emergono dalla seconda edizione di “Riutilizziamo Pisa”, realizzata a cura del Municipio dei Beni Comuni (Mbc), presentati qualche giorno fa,  alla presenza dell’architetto Alessandro Baldassari e di Agostino Petrillo (docente al Politecnico di Milano) presso il Polo Carmignani di Pisa.

«Dati inquietanti e indici gravi che non solo non corrispondono all’immagine di una pretestuosa rinascita della città tanto sbandierata nelle giornate della visita presidenziale, ma sono al contrario la prova che Pisa è schiacciata dal peso di speculazione e interessi privati» fanno sapere i militanti del Municipio che tornano davanti ai cancelli chiusi del Distretto 42 per una conferenza stampa. Ci raccontano che sono trascorsi tre anni da quando la campagna lanciata a livello nazionale dal Wwf fece la sua prima comparsa, ma l’orizzonte da allora è mutato, precipitato. Anche a Pisa le politiche del cemento e del consumo di territorio da un lato, e dell’abbandono di decine e decine di edifici pubblici dall’altro, sono andati avanti, diventando via via più aggressive. Tre anni fa infatti quel dossier apriva il percorso dell’occupazione dell’Ex-Colorificio Liberato, una delle occupazioni più celebri della rete dei movimenti per i beni comuni urbani in Italia.

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Pur trattandosi di una analisi non esaustiva, ma fatta principalmente sulle grandi aree, il dato (impressionante) di partenza riguarda la superficie totale delle aree prese in considerazione: circa 360mila metri quadrati tra aree abbandonate o parzialmente utilizzate, di cui 239mila metri quadri completamente abbandonate. Non conteggiato in questo valore è lo sfitto di alloggi di proprietà privata; dal censimento del 2011 emergono infatti 14.633 alloggi statisticamente vuoti. Di questi ultimi circa 8.500 alloggi risultano realmente vuoti (o affittati per brevi periodi per turismo – specie sul litorale – o locati “in nero”) o inagibili da ristrutturare. E ancora il dato andrebbe aumentando se contassimo tutte le aree abbandonate delle zone industriali come di Ospedaletto – direttamente adiacente alla città – tra capannoni e ex uffici. Per quanto elevatissimo rimane quindi un dato sottostimato, infatti quelli del Mbc interrogano l’amministrazione comunale a guida Pd dicendo: «È quindi il caso di costruire nuove abitazioni quando già così tante in città non sono utilizzate?»

RIutilizziamo_Pisa_2 0 5L’ampia rete dell’associazionismo che si riunisce nello spazio cittadino del Municipio dei Beni Comuni ha prodotto una fine inchiesta sociale, analizzando in seguito a chi appartengono questi immobili totalmente abbandonati. Dal dossier che ci consegnano veniamo a sapere che il 61 per cento (146mila metri quadrati) degli immobili abbandonati è di proprietà pubblica, mentre il restante 39 per cento (93mila mq) è di proprietà privata. Se ci soffermiamo sui grossi costruttori privati troviamo la multinazionale J Colors proprietaria dell’ex colorificio, il costruttore indagato per favoreggiamento a Cosa Nostra Andrea Bulgarella e la potente famiglia Pampana, già fin troppo ricorrenti nelle cronache recenti. Fra i soggetti pubblici invece è doveroso ricordare i meno virtuosi, infatti a farla da padrone è il Comune che possiede circa 97mila mq delle aree completamente abbandonate all’interno del comune stesso (il 66 per cento di tutto il comparto pubblico). Dal confronto con i dati del 2012 emerge un altro dato inconfutabile, ovvero che negli ultimi sei anni le aree abbandonate sono aumentante dell’11 per cento, di cui 7,5 per cento solo negli ultimi tre anni. E di questo aumento sono responsabili esclusivamente le amministrazione pubbliche, in particolare il Comune di Pisa che ha contribuito a creare la metà delle più recenti superfici abbandonate.

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«Siamo di fronte alla necessità di un serio controllo del territorio finalizzato alla prevenzione di quei fenomeni responsabili del degrado urbano» concludono i militanti del Municipio. Il dossier termina poi termina con delle proposte di immediato riutilizzo degli immobili, sia a scopo abitativo residenziale di cittadinanza e corpo studentesco, che a fini sociali e culturali, e una proposta di ripristino ambientale con l’abbattimento delle Torri di Bulgarella. La rete del Municipio ricorda che la parola “esproprio” per rispondere ai bisogni sociali delle persone (soprattutto quelle più colpite dalla crisi) non è così rivoluzionaria come si crede: negli anni cinquanta a Firenze infatti il sindaco democristiano Giorgio La Pira espropriava le case ai ricchi possidenti per dare alloggi alla popolazione meno abbiente. Al Partito democratico pisano basterebbe il richiamo a questa radice democristiana per assolvere un ruolo autenticamente responsabile nel governo della città.

A partire da questo censimento emerge infatti la necessità di una inversione di rotta. Investire nel mantenimento dell’esistente, invece di creare nuovi volumi, è sempre più necessario: le cronache degli ultimi mesi a Pisa lo dimostrano. Emerge in maniera evidente il quadro di un sistema che non funziona più: dai crolli nelle scuole ai danni provocati dall’alluvione del complesso di Fossabanda (un complesso sul quale da tempo pende una trattativa, metafora contemporanea dell’opera teatrale “Aspettando Godot” di Beckett, nonostante il collettivo studentesco di Sinistra Per con sana determinazione richiami le istituzioni alle loro responsabilità di fronte all’erogazione del welfare studentesco), fino ai soldi spesi per bonificare l’area intorno alla Mattonaia e allo scempio delle Torri di Bulgarella.

.

Dossier completo RiutilizziAMO Pisa 2.0

Analisi dati

Comments

  1. Max says

    3 Dicembre 2015 at 03:45

    Ma dell’ex area expo di Ospedaletto ne vogliamo parlare ?!

    Rispondi

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