Le elezioni del 9 aprile in Israele, per Benjamin Netanyahu, non sono certo prive di rischi. Sul consenso al suo governo pesano cause per frode e corruzione e gli avversari del premier alzano i toni sulle ossessioni di sempre: le presunte trame contro la sicurezza dello Stato ebraico. È dunque il tempo di farla finita con le minacce terroristiche che covano nel rancore di Gaza e di riprendere (come se non si uccidesse ogni giorno) alla scala opportuna le punizioni esemplari nei confronti di chi resiste attentando, con la sua sola esistenza, alla tranquillità del solo Stato “democratico” del Medioriente. I due razzi lanciati (senza conseguenze) giovedì scorso su Tel Aviv sono a dir poco provvidenziali, tanto puntuali quanto stranamente non rivendicati. Impossibile non nutrire seri dubbi su chi abbia deciso di lanciarli proprio ora, ma il premier del Likud non ha dubbi: i responsabili sono i nemici di sempre, l’Iran e l’islam. Un’intera notte (per ora) di bombardamenti sulla Striscia s’imponeva, le postazioni nemiche (cioè tutto il territorio) vanno debellate. Un bombardamento molto “elettorale” che difficilmente nei prossimi giorni si fermerà. Il racconto da Gaza di Patrizia Cecconi e, in coda, una sua intervista audio rilasciata a Nena News

Ovvero da Gaza lanciano missili contro Israele e gli ebrei cattivi invece di farsi uccidere come ai tempi di Hitler hanno pure il coraggio di difendersi. Questo articolo trabocca di razzismo in maniera vergognosa.
Qui non si parla di ebrei cattivi. Così come musulmani e islamisti non sono sinonimi, altrettanto diverso è essere ebreo ed essere contro la Palestina. La politica d’israele è paragonabile a quella degli estremisti islamici. Hanno invaso e occupato con la violenza e con la violenza e il sopruso continuano a dominare. Sto tornando proprio ora da un viaggio in Medio Oriente e i fatti parlano chiaro. Parlare contro una politica di oppressione è il contrario di razzismo.