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Ammazzare bambini sulla spiaggia di Gaza

Patrizia Cecconi
18 Luglio 2014
Erano appena passate le quattro del pomeriggio di mercoledì 16 luglio, quando Ahed, Zakariya, Mohammad e Ismail Bakr, fratelli e cugini della stessa famiglia Bakr, compresi fra i nove e gli undici anni sono stati uccisi da un colpo di artiglieria della marina militare israeliana. Nessun avvertimento, le immagini hanno mostrato al mondo intero che il tiro era deliberatamente rivolto a dei bambini che giocavano a pallone sulla spiaggia di Gaza City. Quei bambini non avevano rispettato la legge del terrore, anzi avevano osato sfidarlo con irriverenza e irrefrenabile desiderio di libertà e di allegria. Intervistato dalla Bbc, il presidente uscente dello Stato di Israele, Shimon Peres, si è detto «profondamente dispiaciuto» per le giovani vittime, la cui morte – ha detto – è stata conseguenza di un incidente. Le autorità israeliane hanno fatto sapere di aver avviato un’inchiesta per capire la dinamica dei fatti

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di Patrizia Cecconi

Vietato giocare a pallone sulla spiaggia di Gaza.

Mentre i bambini israeliani hanno una grande paura per i razzi gazawi che chiedono di rompere l’assedio illegale, i bambini di Gaza se ne infischiano dei missili che cadono sulle loro case e vanno a giocare a pallone al mare.

Il mare, le onde, la libertà. Sono intrepidi questi bambini. Ma anche irriverenti e indisponenti: non rispettano la legge del terrore. Quella imposta dai loro assedianti.

Sulla spiaggia non ci sono case, ospedali, orfanotrofi da bombardare, e loro se la godono lontani dalle bombe. Si divertono respirando l’aria del mare, riempiendo i loro polmoni di illusoria libertà.

Un pallone, le onde, l’aria salmastra. E magari urlano e ridono. Perché sono così i bambini di Gaza. Belli, irriverenti, malati di libertà soppressa, amanti della libertà liberata. E tra un’esplosione e l’altra sono capaci di ridere un minuto prima e un minuto dopo aver tremato.

Sulla spiaggia di Gaza ieri erano una squadretta che giocava a calcetto. Non c’erano case da abbattere, perciò non c’erano droni, né aerei da bombardamento forniti dall’Italia, o da altri paesi amici di Israele, pronti a bombardarli. E così giocavano. Liberi. Ma Gaza è una prigione circondata da demoni, detti anche criminali di guerra che la chiudono dal cielo, dalla terra e dal mare.

10501673_843697342320615_7661586735992241597_nIl mare, quella distesa d’acqua che ricorda la libertà, non li ha protetti. A loro non è dato goderla a lungo la libertà: e dal mare è partito un missile. Qualcuno parla invece di colpi di cannone. I bambini non lo sanno che cosa li ha uccisi. Ma dal mare i criminali israeliani che volevano provare l’ebbrezza dell’infanticidio puro e plurimo li hanno puntati. E poi hanno sparato. Forse un missile, forse una cannonata. E mentre loro correvano dietro al pallone, i loro assassini hanno mirato al centro. Li hanno uccisi tutti e quattro. Il più piccolo non aveva ancora 9 anni, il più grande ne aveva 11. Erano tutti della stessa famiglia.
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Maciullati a qualche metro di distanza l’uno dall’altro. Colpevoli di giocare a pallone respirando la libertà e dimenticandosi che Gaza è un prigione di massima sicurezza dove si paga anche il sogno, se Israele lo ritiene sgradito, ed è Israele che decide il prezzo.
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Dopo la strage dei bambini qualcuno ha scritto in arabo che Hamas è peggiore di Israele. Qualcun altro ha scritto in ebraico che la colpa è di Hamas che seguita a lanciare i razzi pretendendo di far cessare l’assedio. Qualcun altro ha scritto in inglese che la colpa è di Abu Mazen che non sa proteggere il suo popolo. E poi qualcuno ha scritto in francese che l’Anp asseconda Israele per distruggere Hamas.
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Infine qualcun altro ha scritto in Italiano che i bambini sono morti perché la marina israeliana esegue ordini criminali e i potenti del mondo glielo lasciano fare. Questa non è un’opinione, è un fatto.
i Se i palestinesi non perdono di vista il loro nemico comune e si sostengono, pur nelle loro differenze, il mostro prima o poi verrà sconfitto e i bambini potranno tornare a giocare, liberi, sulla spiaggia. E il mare non sarà solo sogno di libertà, ma sarà gusto di libertà. Ma non può essere dimenticato che il nemico ha un nome preciso, uno e solo quello: Israele. Questo non può essere dimenticato. Mai. Ne va della possibilità di vincere dopo 66 anni di soprusi e sofferenza.

Dormite bambini, la vostra partita è finita, ma arriveranno i vostri fratelli e poi i loro amici e poi i loro cugini e poi…. un giorno la spiaggia porterà il vostro nome: Ahed, Ismail, Montaser, Mohammad. E correranno, e rideranno, e la loro libertà sarà la vostra più bella vendetta.
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Nelle foto, la disperazione della famiglia Bakr
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Il grido di Gaza
A muovere la ferocia “difensiva” di Tel Aviv è ancora il possesso della terra. L’assoluta rimozione della memoria, insieme alla necessità che il mondo non consideri umani i Palestinesi, è la chiave strategica di uno Stato “ebraico” che nega il 20 per cento dei suoi cittadini arabi. La stupefacente resistenza dei Palestinesi non è certo affidata ai razzi Leggi il dossier

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