Rosa è una donna e madre che sa cadere e rialzarsi di fronte ai dolori della vita, che non rinuncia mai a cercare e riconoscere l’umanità dove tutti dicono non esista, che lotta a modo suo contro la macchina infernale delle carceri speciali. La storia di Rosa, madre di Stefano Milanesi – che per la militanza in Prima Linea ha scontato otto anni di carcere – viene raccontata da Chiara Sasso nel libro In Rosa, la cui prima edizione è uscita nel 1986 (con una prefazione di Giorgio Bocca). La scorsa primavera Stefano muore improvvisamente e molte persone della Valsusa che hanno conosciuto Rosa e Stefano si sono organizzate per ristampare questo testo. Nella prefazione della nuova edizione scrive Giaoacchino Criaco: “L’amore dei familiari di un’intera generazione finita in carcere per responsabilità a volte vere a volte solo inventate ha impedito la deriva morale di quella generazione, ha salvato tutto ciò che si poteva salvare facendo da argine a una dissoluzione che avrebbe pericolosamente aperto un vuoto, senza che ci fosse stata discussione, tentativo di comprensione…”. In questa pagina l’introduzione del libro, le due prefazioni e le informazioni su come acquistarlo
La ristampa di questa testimonianza, In Rosa, la devo a Mariagrazia e a Luigi che si sono messi in testa di “ripescare” il libro per ricordare Stefano che ci aveva lasciato il mattino di un lunedì di marzo.
Era sempre un lunedì mattina, a Bussoleno, giorno di mercato, quando nel 1977 la vicina di casa aveva bussato alla porta di Rosa per chiederle di non uscire quella mattina. La spesa l’avrebbe fatta lei per tutte e due. Rosa non capiva. Stefano era a Napoli in vacanza. Si ripete di lunedì (11 marzo 2024), lo scampanellio alla porta. Per uno di quei casi strani della vita, sul pianerottolo c’è proprio un’amica conosciuta in quei periodi a Napoli. “Io non ero pronta”. “Ho aperto la porta, non avevo neppure messo le calze, non capivo. Non ero pronta. L’avevo sentito la sera prima, come sempre”. Le stavano dicendo che Stefano non c’era più.
La prima stampa del libro (1986) la devo ad un artigiano, un tipografo, Piero Melli, uomo libero che amava fare l’editore e accoglieva tutti. Non era facile in quegli anni dare voce a testimonianze così particolari. Il libro riporta un breve scritto anche della Redazione di Dialogo in Valle, un gruppo di persone che negli anni Ottanta hanno saputo essere un luogo di confronto e traghettare speranza, senza pregiudizi, mettendo in pratica l’insegnamento di un don speciale: Don Giuseppe Viglongo.
Era maggio (1985) quando Stefano ha lasciato il carcere, per tre giorni non ha dormito. Aveva trascorso quasi otto anni in un carcere duro, negli anni importanti della sua giovinezza, ma non è stato piegato alle brutture, alla violenza di quella reclusione. Rosa aveva fatto di tutto per legarlo al fuori, alla bellezza. Fiori appiccicati su fogli di carta, indumenti colorati. “Quando vieni portami più lavanda che puoi non dovrebbero fare storie”. (Il suo profumo mi salva, diceva). Oggi come allora aggrappato alla Madre Terra, alla natura, ad ogni filo d’erba. Alla ricerca di giustizia. È stato normale impegnarsi anima e corpo nel movimento No Tav. La resistenza contro la speculazione, la distruzione della valle. Sempre presente, sorridente disponibile (con un piano separato, intimo, nascosto ai più).
Il carcere in seguito è tornato pesantemente nella storia del movimento. Troppa poca attenzione viene data a questa istituzione totale. Fra gli intellettuali che mantengono un’attenzione lucida e critica, sul piano nazionale si distingue Gioacchino Criaco, scrittore e amico. Grazie per la sua visione di mondo (Africo Resiste da Diecimila anni), e per aver scritto una nuova riflessione su fatti di quasi quarant’anni fa, riletti oggi.
[Chiara Sasso]
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Prefazione di Gioacchino Criaco [edizione 2024]:
Prefazione di Giorgio Bocca [prima edizione]:
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