Tre giornate molte intense: Agorà 99, ospitato a Roma nel fine settimana, si è confermato un appuntamento importante, in grado di raccogliere persone con alle spalle percorsi diversi di ribellione all’austerity. Debito, diritti e democrazia sono stati gli assi tematici ma, come in una vera piazza, i racconti, il confronto, l’ascolto hanno allargato i punti di vista e lo scambio oltre l’analisi delle applicazioni delle politiche di austetrità. Le forme di autorganizzazione (dei migranti, degli operai, degli sfrattati, degli studenti), la ridefinizione degli spazi (occupazioni, reinvenzione degli spazi urbani, difesa e riappropriazione dei territori) e la costruzione e il consolidamento delle relazioni a livello internazionale sono stati i principali punti di dibattito. Al di là dell’agenda di azioni locali e internazionali (si comincia con il 16 novembre nella provincia Italia), è emersa è l’importanza dal guardarsi in faccia e del mettere in comune persone, realtà, temi e percorsi differenti per costruire insieme, in “piazza”, un mondo diverso.
di Elisabetta Cangelosi
Dopo Madrid l’Agora99 (www.agora99.net) si è svolta quest’anno a Roma, ospitata da alcuni spazi sociali della capitale (Esc, Nuovo Cinema Palazzo, Strike/Officine zero): da venerdì a domenica, approfittando del ponte del 1 novembre in molti e molte, provenienti da diverse parti d’Europa, si sono incontrati per parlare di austerity e di alternative. In un clima di ascolto e interazione gruppi diversi si sono confrontati lungo i tre ormai classici assi “debito”, “diritti”, “democrazia”.
La giornata centrale con quindici workshops diversi si è sviluppata durante sabato 2 novembre allo Strike e a Officine zero (lìex fabbrica al centro di un progetto di recupero e di conversione ecologica), domenica 3 invece si sono svolte le assemblee per assi tematici e, a chiusura, l’assemblea generale.
La più rappresentate, oltre naturalmente all’Italia, la Spagna, la Grecia, la Germania e l’Inghilterra. Nutrita ma non non esclusiva la presenza di attivisti dell’area Occupy, in particolare spagnoli e inglesi. In effetti fra gli aspetti più interessanti di questa tre giorni c’è la varietà di background fra i partecipanti, dagli spazi culturali occupati alle assemblee degli indignados, dai centri sociali romani alle organizzazioni locali, varietà che ha apportato un contributo notevole alla discussione.
Fra le questioni centrali, oltre alle politiche di austerity della Troika, le forme di autorganizzazione (dei migranti, degli operai, degli sfrattati, degli studenti), la ridefinizione degli spazi (occupazioni, reinvenzione degli spazi urbani, difesa e riappropriazione dei territori) e la costruzione e il consolidamento delle relazioni a livello internazionale.
Oltre a scambiarsi esperienze e a condividere percorsi emerge la necessità di coordinare le lotte, di far diventare queste pratiche di scambio globali. Non stupisce quindi che fra le parole che spiccano sui cartelloni alla fine dell’assemblea di domenica pomeriggio ci sia l’idea di mappare: mappare le alternative economiche dal basso, mappare i movimenti, e persino mappare i nostri “nemici”.
D’altronde l’idea della “mappa” era emersa anche nel workshop sulle questioni migratorie (peraltro molto animato e con una forte contributo da parte delle comunità dei migranti presenti a Roma) per costituire una rete in grado di supportare i migranti nei loro percorsi e cammini in Europa.
Quanto alle lotte per il diritto all’abitare, decisamente all’ordine del giorno al momento in Italia, il workshop sull’argomento ha visto un proficuo scambio di esperienze con i movimenti greci e spagnoli; molto simile, a pochi passi, lo svolgimento del workshop sulle fabbriche occupate.
Un’altra tematica rilevante, trasversale rispetto ai tre assi principali, che è emersa nel corso dei tre giorni ed è stata ampiamente sottolineata nel corso dell’assemblea, è stata quella della comunicazione, sia quella interna ai movimenti europei che quella esterna. Si sono condivise tecniche e strumenti ma anche difficoltà concettuali come il sempiterno problema linguistico sull’inglese come lingua dominante. E no non si è avuta nessuna idea geniale in merito.
Di certo, la necessità di rinforzare i meccanismi di condivisione e scambio di pratiche e esperienze risulta condivisa e finisce per collegarsi logicamente con le questioni relative al rafforzamento della creazione di reti.
Difficile dire se dall’assemblea finale siano davvero uscite proposte per il prossimo futuro ma sicuramente, al di là della programmazione di azioni (locali e nazionali) per i prossimi mesi (dal 16 novembre in Italia contro le grandi opere, al 22-24 novembre con BlockOccupy a Francoforte, fino alle elezioni Europee e al G8 in Russia, passando per altre date chiave) uno degli elementi più interessanti di questo incontro è stata la possibilità di scambiarsi informazioni ed esperienze, creare nuove relazioni, con altri movimenti a livello euro-mediterraneo, con la prospettiva di continuare a costruire, insieme, alternative dal basso.
Oltre a mappare ciò che si sta costruendo, le altre-economie che nascono in risposta alla crisi, oltre a mappare i “nemici” (ovvero, avere chiaro contro cosa e contro chi si resiste), il cambiamento passa anche dal “mappare noi stessi”, dal guardarsi in faccia, dal mettere in comune persone, realtà e percorsi differenti e costruire insieme un mondo diverso, qui e ora, a cominciare dall’Europa.
DA LEGGERE
Articoli, video e interviste so Agorà 99 sono su Globalproject.info e Dinamopress.it.
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