Negli Stati Uniti, in agosto, oltre 4 milioni di persone hanno abbandonato volontariamente il loro posto di lavoro. Che sta accadendo? La stabilità che in grandi linee aveva segnato la seconda parte del XX secolo non tornerà. Non deve stupire più di tanto, dunque, che accadano cose che in passato avremmo considerato “strane” o molto improbabili. Sono molte le voci autorevoli che ipotizzano l’entrata in una fase (iniziale? molto lunga?) di collasso del sistema che fornisce le impalcature su cui poggia la nostra esistenza planetaria. Non stiamo parlando certo solo della crisi “pandemica”. Allargando lo sguardo, vivaddìo, si trova di tutto e di più, anche se non è certo un belvedere: la crisi climatica e quella energetica, l’aumento vertiginoso dei prezzi delle materie prime, la mancanza di stoccaggio, tassi di inflazione che non si vedevano da decenni… E poi c’è il lavoro. Già, che accade, nel mondo, a quella tremenda invenzione che genera ricchezza e povertà infinite ma pretende, di fatto, l’asservimento di tutto il nostro tempo e le nostre energie? Gran parte della popolazione mondiale maledice il lavoro (o la sua mancanza) ma continua a considerarlo la via maestra dell’emancipazione della propria esistenza. Eppure nel Regno Unito c’è un milione di posti di lavoro vacanti; negli Usa, dall’aprile scorso, ben 20 milioni di persone hanno lasciato il proprio impiego e il Financial Times scrive che in Europa servono 400mila camionisti per “regolarizzare” il trasporto merci. Più in generale, nei 38 paesi OCSE ci sono 20 milioni di lavoratori attivi in meno rispetto a prima della pandemia e 14 milioni di essi pare abbiano proprio abbandonato il mercato del lavoro. Non lavorano e non cercano un impiego. Siamo di fronte a una svolta della storia, sostiene Raúl Zibechi, e a noi pare che abbia ragione. Non sarà affatto facile cominciare a interpretarla, ma di certo è più interessante dello stillicidio di percentuali quotidiane del contagio
In agosto il Dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti ha pubblicato un dato statistico che attira l’attenzione: solo in quel mese, 4,3 milioni di lavoratori, che rappresentano quasi il 4% della forza lavoro statunitense, hanno lasciato il loro impiego. Non si tratta di lavoratori licenziati dai datori di lavoro, ma di lavoratori che hanno abbandonato volontariamente il lavoro.
Negli Stati Uniti, da aprile, circa 20 milioni di lavoratori hanno lasciato il lavoro, e si è registrato un numero record di pensionamenti, la cui cifra è raddoppiata rispetto al 2019. In 38 paesi OCSE ci sono 20 milioni di lavoratori attivi in meno rispetto a prima della pandemia; 14 milioni hanno abbandonato il mercato del lavoro, non lavorano e non cercano un impiego. Rispetto al 2019, ci sono 3 milioni di giovani in più tra coloro che non lavorano e non studiano.
La costruzione di alloggi è scesa al minimo non solo a causa dell’aumento dei prezzi dei materiali e dei ritardi nella consegna, ma anche per la mancanza di manodopera. Nel Regno Unito ci sono quasi un milione di posti di lavoro vacanti. Secondo il Financial Times, in Europa c’è bisogno di 400.000 camionisti per regolarizzare il trasporto merci.
Il premio Nobel per l’economia Paul Krugman pensa che durante la pandemia i lavoratori abbiano imparato molte cose. Lo scompiglio creato dalla pandemia è stato un’esperienza in cui molti si sono resi conto, durante i mesi di inattività forzata, di quanto odiassero il lavoro che svolgevano.
È dai tempi delle grandi lotte del movimento operaio e sindacale degli anni Sessanta che non si assisteva più a un abbandono così massiccio dei posti di lavoro. Ora si tratta di un movimento di base, senza qualcuno che lo diriga, ma potente nel senso che molti lavoratori rifiutano la schiavitù salariata, come Lenin definiva l’occupazione.
È vero che, dopo quel momento luminoso per i lavoratori, il capitalismo è stato in grado di ricomporre il dominio su nuove basi, come il toyotismo e l’automazione del lavoro in fabbrica, ma anche espellendo intere nidiate di giovani dal mercato del lavoro. Le nuove tecnologie messe al servizio dell’accumulazione del capitale hanno reso precario il lavoro e causato un calo dei salari, condizioni contro le quali milioni di persone si stanno ora ribellando.
Penso che ci siano alcune cose da imparare da questo movimento. Innanzitutto dobbiamo ricordare, in linea con Silvia Federici e altri, che il lavoro salariato non è la via dell’emancipazione, come erroneamente abbiamo ritenuto per molto tempo, in particolare quelli di noi che provengono dal campo marxista. Possiamo contare su un numero sempre maggiore di realtà imprenditoriali che sono in grado di creare posti di lavoro al di fuori del mercato capitalista, con piccole iniziative sia nel campo della produzione che in quello dei servizi.
Centinaia di migliaia di persone svolgono lavori creati da collettivi autogestiti, dove controllano i loro tempi e i loro modi di fare, senza capisquadra o padroni, sulla base dell’aiuto reciproco, della collaborazione e dello spirito di comunità. Si dirà che sono pochi e marginali, se si guarda alla grande produzione capitalista, ma si dimentica che i movimenti anti-sistemici nascono sempre ai margini, mai al centro.
In secondo luogo dobbiamo cogliere l’importanza strategica di questa forma di lavoro, quando è collettiva. Gli indigeni, molti contadini e molti abitanti delle periferie urbane, ad esempio, svolgono lavori non salariati con i quali riescono a vivere dignitosamente. C’è una qualche relazione tra la notevole capacità di resistenza, di lotta e di trasformazione dei popoli indigeni e il fatto che lavorano comunitariamente?
In Brasile, ad esempio, questi popoli rappresentano l’1 per cento della popolazione totale, ma sono il principale attore collettivo contro il cambiamento climatico e per la conservazione della vita, nonché un soggetto collettivo in grado di sfidare il sistema con una tale forza che le classi dominanti lo considerano un nemico da sconfiggere.
Il terzo insegnamento, in questa lista, riguarda la scala, come ci insegna Fernand Braudel. Il capitalismo è figlio della grande scala; ha potuto spalancare le ali solo con la conquista dell’America che ha spalancato le porte del mercato globale. Il capitalismo può essere arginato e tenuto a freno soltanto su piccola scala, quella della comunità, del villaggio.
La fabbrica, con migliaia di lavoratori, e la campagna, con migliaia di ettari di monocolture, devono essere gestite da specialisti, poiché le comunità non possono controllare la massa. Questi personaggi, una volta arrivati al potere statale, saranno i nuovi borghesi. In ogni caso, sono un ostacolo ai cambiamenti, come dimostrano le lotte del ventesimo secolo.
Questa è una svolta della storia. Di fronte alle nebbie che ci circondano nella tempesta, solo l’etica e una lettura accurata della storia e del presente possono illuminare il cammino dei popoli.
Fonte: “El rechazo al empleo, en el centro de la crisis”, in La Jornada, 05/11/2021.
Traduzione a cura di Camminardomandando.
Luca dice
Centinaia di migliaia di persone svolgono lavori creati da collettivi autogestiti
Avete nominativi di realtà italiane o europee?
maomao comune dice
Caro Luca, Zibechi scrive dall’América Latina e in quell’affermazione ipotizza una stima di massima, certo riferita a livello mondiale. Lui si occupa e racconta spesso di popolazioni indigene che, nel suo continente contano circa 40 milioni di persone. Però, Raul non si riferisce solo agli indigeni, ma a migliaia di esperienze, spesso molto piccole che ha anche visitato di persona negli ultimi decenni. Dalla Cecocesola, rilevante esperienza non indigena, in Venezuela, che provvede al consumo alimentare di almeno 100 mila persone, al Chiapas zapatista o alla Patagonia dei Mapuche in Cile e Argentina. Raul ha raccontato alcune di queste esperienze dell’America Latina, per esempio, nelle 10 puntate di inchiesta uscite su Comune-info e intitolate Movimenti nella pandemia. Tu però chiedi di Europa e Italia: se consideriamo in termini un po’ ampi quel “collettivi autogestiti”, cioè come realtà in gran parte diverse dalla pura logica dell’impresa di mercato, va tenuto conto che nel 2019 si stimava che l’economia sociale e solidale fornisse complessivamente il 6,53% dell’occupazione retribuita nell’Unione Europea, cioè 14,5 milioni di posti di lavoro. Possiamo ipotizzare che 1 ogni 100 di quelle persone sia occupata con criteri che in gran parte rispondono a quel che dice Zibechi? Probabilmente sì. Nominativi ne trovi facilmente, nei 13 mila articoli che ha pubblicato Comune-info e in tantissimi altri siti. Può darsi che qualcuno che legge voglia segnalarti la sua esperienza, ma forse dovresti dirgli perché…
Paola Panzeri dice
La fine della schiavitù.
JLC dice
La tua speranza, Paola, è incoraggiante.
Paola Panzeri dice
Ci credo ✨, è più di speranza. So che si può.
Maria Elena Abbate dice
Estremamente interessante, mi ci ritrovo…
Istituzione di un Reddito di Base Universale dice
David Graeber: ‘Per salvare il mondo, dovremo smettere di lavorare’
“La nostra società è dipendente dal lavoro. Se c’è qualcosa su cui destra e sinistra sembrano essere d’accordo, è che i posti di lavoro siano una cosa positiva. Tutti dovrebbero avere un posto di lavoro. Il lavoro è il nostro distintivo di cittadinanza morale. Sembra che ci siamo convinti, come società, che chiunque non stia lavorando più duramente di quanto vorrebbe fare, in qualcosa che non gli piace, sia una persona cattiva e indegna. Di conseguenza, il lavoro arriva ad assorbire proporzioni sempre maggiori della nostra energia e del nostro tempo.
Gran parte di questo lavoro è completamente inutile. Intere industrie (pensa ai telemarketing, al diritto societario, al private equity), intere linee di lavoro (middle management, strateghi del marchio, amministratori di alto livello di ospedali o scuole, redattori di riviste aziendali interne) esistono principalmente per convincerci che ci sia una qualche ragione per la loro esistenza. Il lavoro inutile toglie spazio a quello utile (si pensi agli insegnanti e agli amministratori sommersi dalle scartoffie); è anche quasi invariabilmente meglio retribuito. Come abbiamo visto in lockdown, tanto più palesemente il tuo lavoro va a beneficio di altre persone, tanto meno ti pagano.
Il sistema non ha senso. Sta anche distruggendo il pianeta. Se non ci liberiamo rapidamente di questa dipendenza, lasceremo i nostri figli e nipoti ad affrontare catastrofi su una scala che farà sembrare banale l’attuale pandemia.”
https://www.facebook.com/groups/istituzioneredditodibaseuniversale/posts/920188682158944/
Ugo Sgrosso dice
Concordo su molti temi dell’articolo.
Sono anche convinto che “il lavoro è vita”. Ciò dipende molto da chi dirige/coordina i lavoratori; ancor più dal modo di pensare di ogni singolo lavoratore. Se il lavoratore riesce ad avere passione, per ciò che fa, non solo avrà successi, ma migliorerà anche la qualità della sua vita.
Ho lavorato sempre con passione. Ancora di più da pensionato senza ricevere compensi.
Ho 87 anni e – grazie a mia moglie – sono giunto al massimo della qualità della mia vita.
Enzo Di Natale dice
Molto interessante.
Paolo Piacentini dice
Bisogna interrogarsi nel profondo…
Nicoletta Crocella dice
C’è molto da pensare e da fare, una volta dicevamo pensare globalmente ma agire localmente, poi abbiamo schifato le piccole realtà marginali, ma che cosa ci può salvare dal disastro?
Guido Dalla Casa dice
È un’ottima notizia. È ora che il nostro famoso “Articolo uno” diventi “L’Italia è una Repubblica fondata sul Mondo Naturale”. Il démone del “fare” sta divorando l’Occidente, e il Pianeta stesso.
Barbara Pulliero dice
Finalmente uno sguardo diverso sul lavoro!
Luana Marini Bellisari dice
È esattamente quello che sto pensando, da giorni, quando ho deciso di accettare un lavoro a contratto dopo essere stata per quasi 20 anni fuori dal lavoro dipendente. La Pandemia, l’isolamento e altre preoccupazioni mi hanno spaventato che non avessi più le condizioni necessarie do vivere in città e quindi avrei dovuto o prendere un piccolo camper e girare fermandomi di tanto in tanto, vivendo in modo itinerante o prendermi con i pochi risparmi un piccolo alloggio con un piccolo appezzamento e cercare di vivere con quello. Sfiancato e forse demotivata e con meno coraggio del solito ho accettato il lavoro per restare ancora in città. In una città come Berlino, che come tutte le altri grandi capitali è in squilibrio tra i grandi investimenti e la precarietà sempre più importante. Dal giorno che ho iniziato, ho sentito che tutto questo è sbagliato, il lavoro dipendente è rimasto tale e quale , se non addirittura peggiorato, da quando lo avevo lasciato, nel lontano 2000. I lavoratori sono sempre più una piccola parte di una catena di montaggio dove, i loro “alleati” dovrebbero essere le app sullo smartphone, ” shifts” ” teamlink” e così via, turni e comunicazioni con il management e quelle per le comunicazioni interne….e stiamo sempre con il mento in basso ed il tunnercarpale stimolato dalla digitalizzazione. Poi, evidentemente uno o due party l’anno dove ci si sbronza tra colleghi…sono i veri benefits….anche se ae quando me li hanno illustrati, in prima fila mi veniva indicato come benefit, le ferie pagate!!! E io…WHAT???
Ma siamo davvero usciti fuori di testa???? Io già so che non resisterò, osservo e sento una nuova forma di schiavitù dove noi volontariamente entriamo, scalzi di idee e coraggio e con uno smartphone come amico.
Luana
Spartaco dice
4 milioni di americani hanno deciso di licenziarsi per cambiare lavoro ?
Tutto ciò è logico !
Se facevi un lavoro di merda per giunta precario sotto -retribuito e per colpa della influenza da Covid19 ti hanno lasciato a casa per 1 anno senza schei in tasca e addesso ti chiamano in malo modo perchè vogliono che il schiavo torni al lavoro lavorando il doppio per la metà dei soldi è logico che li mandi a vaffanculo !
Nemmeno un criminale immigrato clandestino si rende disponibile a lavorare come un schiavo in un ambiente di merda per 4 schei .
Durante la epidemia in Italia eri senza soldi agli arresti domiciliari con gli elicotteri della Polizia Italiana che facevano la caccia ai cittadini italiani onesti e poveri che per guadagnarsi in nero la pagnotta tentavano di far qualcosa per guadagnare qualche euro !
Sono sicuro è certo che negli FASCISTI STATI USA chi usciva di casa violando il coprifuoco per guadagnarsi la pagnotta nessuno lo perseguitava o arrestava forse qualcuno negli USA ha trovato nel Telelavoro da PC una bella fonte di guadagno .
Qui in Italia nessuno ti paga adeguatamente se fai il Telelavoro con il lavoro da PC in Italia sei un schiavo con la paghetta da bocetta oppure vieni truffato !
Se questi 4 milioni di lavoratori USA che sono licenziati qualcuno ha trovato lavoro come coltivatore “artigiano ” di Canapa qualcunaltro si è messo a fare il chimico (produttore di droghe sintetiche ) qualcunaltro si è messo a fare il garzone-portantina che ti porta la pizza o la spesa o qualsiasi cosa che tu voglia ha un bel giro non ha capi e guadagna tanti bei schei è logico che questi lavoratori fortunati USA non tornino più a fare il loro sporco lavoro sottopagato di prima della epidemia da Influenza 2019 .
Il Capitalista che paga bene e non maltratta i suoi operai-schiavi NON ha problemi nè a trovare
manodopera se serve nè perde i suoi operai (schiavi) .
Il Capitalista ladro e truffatore che non vuol pagare i suoi dipendenti schiavi e li truffa , molesta, rapina , maltratta è logico che NON trovi MANODOPERA e che tutti i suoi schiavi se possono si danno alla FUGA !