Di numeri e statistiche inutili, durante la pandemia, ne continuano a circolare a bizzeffe. Se però si prova a mettere insieme qualche cifra che abbia un senso, la realtà di un anno di pandemia mostra una realtà abbastanza leggibile che ha elementi piuttosto precisi quanto drammatici. La produzione industriale, ad esempio, non se la cava affatto male, ben altra realtà raccontano il quasi mezzo milione di persone che hanno perso il lavoro e il milione intero di nuovi poveri. Pagano prezzi pesantissimi, che vanno dalla strage al profondo disagio psico-sociale: anziani, donne, adolescenti e bambini. Si continua ad alimentare, poi, una narrazione che colpevolizza i comportamenti individuali che, al netto di casi deprecabili ma quantitativamente insignificanti, sono stati additati come la ragione principale (o perfino unica) della diffusione del virus e della moltiplicazione delle sue varianti, indicando ogni volta l’untore di turno. Un anno dopo, possiamo prenderne atto e gridare che non sono i profitti delle imprese a determinare il benessere della società?
Dall’inizio della pandemia, e senza soluzione di continuità fra governo Conte e governo Draghi, le misure messe in atto per fronteggiarla hanno seguito sei precise traiettorie:
a) ridurre al minimo le restrizioni all’attività delle imprese, che, quasi ovunque, hanno continuato a produrre senza vincoli;
b) intervenire con sussidi, il 70% dei quali per sostenere le imprese stesse e il restante 30% per tamponare in qualche modo la disperazione sociale;
c) nessun intervento sul sistema sanitario, che ha continuato ad essere privo di ogni intervento territoriale e ad essere focalizzato sull’ospedalizzazione come risposta al bisogno di cura, determinandone la saturazione ad ogni nuova ondata di contagi;
d) nessun intervento sul sistema dei trasporti pubblici locali, che hanno continuato ad essere veicoli di contagio per le persone costrette ad utilizzarli;
e) focalizzazione delle scuole come problema, con la sostanziale chiusura per due anni scolastici di scuole superiori e università, e chiusure continue, in alcune regioni continuative, anche delle scuole dell’obbligo;
f) narrazione colpevolizzante dei comportamenti individuali, raccontati come la causa primaria di ogni aumento dei contagi.
La narrazione che sottende l’insieme di queste traiettorie si basa sull’idea che il benessere delle imprese determina il benessere della società e che, di conseguenza, quest’ultima deve adattarsi alle necessità delle stesse.
E’ una narrazione che, al di là di tatticismi politici contingenti, ha visto l’adesione di tutte le forze politiche, non a caso approdate al governo di unità nazionale.
Una domanda tuttavia sorge spontanea: c’è qualcuno che, a un anno distanza dall’arrivo dell’epidemia, ha l’onestà intellettuale di fare un bilancio serio sull’efficacia delle misure prese, a partire dal disastroso bilancio di oltre 105.000 morti (ad oggi) e da un trend di decessi giornalieri di 3-4 centinaia?
Non si direbbe. E, mentre l’eccellenza lombarda raggiunge quotidianamente nuovi traguardi di cinismo e ferocia, un commissario vestito da alpino annuncia fantasmagorici dati sui futuri vaccini e il ministro della salute cerca invano di corrispondere al suo cognome.
Se questo è il quadro, alcune parole di verità sulle misure finora prese vanno dette, a partire da dati inequivocabili.
Partiamo dai dati sulle imprese che dimostrano, ancora una volta, come l’unica strategia che alberga in Confindustria sia il “chiagn’e fotte”. Secondo i dati di Eurostat (marzo 2021), la produzione industriale da dicembre scorso è in continua crescita, mentre il dato di gennaio 2021 è inferiore a quello di gennaio 2020 solo del 2,4%, un dato che assomiglia molto più a una normale oscillazione congiunturale che non all’esito di un anno di pandemia. E che spiega molto più di mille analisi perché nei distretti più industrializzati d’Europa -Bergamo e Brescia- la pandemia si sia trasformata in una carneficina.
Dunque l’industria, se non proprio bene, male non sta. Vale lo stesso per la società?
Non si direbbe proprio, a partire dal mercato del lavoro che, nonostante il blocco dei licenziamenti, nel 2020 ha registrato il record di 456mila posti di lavoro persi.
Nel frattempo la povertà ha fatto un balzo in avanti senza precedenti e, secondo i dati dell’Istat sul 2020, ha registrato un milione di nuovi poveri, che porta il totale delle persone in stato di profondo disagio a 5,6 milioni (una su dieci). Tra questi, 1 milione e 346mila sono bambini (209mila in più).
Facile intuire come la gran parte di questi effetti sia stata scaricata sulle donne, che sono le prime a perdere il posto di lavoro e a doversi far carico del lavoro di cura familiare in condizioni di isolamento e di fortissimo disagio economico, sociale, relazionale (come dimostra l’aumentato numero di violenze subite all’interno delle mura domestiche).
Nel frattempo, per poter permettere alle imprese di continuare indisturbate nella produzione, si sono prese di mira le scuole, additate a più riprese come i luoghi principali del contagio (e non come i luoghi del sicuro tracciamento dello stesso), consegnando un’intera generazione di giovani e bambini ad una vita sospesa davanti a un computer, priva di sogni e di socialità.
Anche su questo versante i dati sono più che allarmanti, con un aumento tra il 30 e il 40% del disagio psicosociale fra bambini e adolescenti.
In un anno di interventi, una generazione (gli anziani) è stata falcidiata, un’altra è stata consegnata all’isolamento e al disagio (infanzia e adolescenza), mentre l’insieme delle famiglie è stato costretto alla precarietà, scaricandone gli effetti in particolare sulle donne.
Tutto questo per evitare quello che avrebbe dovuto essere fatto già all’inizio: un vero, completo e molto più breve lockdown, a cui far seguire una strategia di tutela delle fasce più fragili della società, con un reddito di emergenza per tutti, investimenti massicci per una sanità pubblica e territoriale, per una scuola aperta e sicura, per trasporti locali degni.
Tutto questo avrebbe messo in discussione le priorità del modello economico-sociale in cui viviamo, mettendo al centro il prendersi cura al posto dei profitti, la coesione sociale al posto del “Bergamo is running”, l’interdipendenza fra le persone al posto della solitudine competitiva.
Proprio per evitare tutto questo, si è costruita e si continua ad alimentare una narrazione di colpevolizzazione dei comportamenti individuali che, al netto di casi deprecabili ma quantitativamente insignificanti, sono stati additati come la ragione unica della diffusione del virus e della moltiplicazione delle sue varianti, indicando ogni volta l’untore di turno.
Un anno dopo, possiamo prendere atto che non sono i profitti delle imprese a determinare il benessere della società?
Possiamo lasciar chiagnere Confindustria (è il suo mestiere) ma evitare per una volta di farci fottere? Possiamo dire che è l’economia a doversi mettere al servizio dell’ecologia e della società e non il contrario?
Possiamo scendere nelle piazze e urlare che non abbiamo bisogno di alcun Recovery Plan che rilanci l’esistente, ma di un Recovery PlanET per progettare assieme una diversa società?
hans drager dice
Avevo scritto il seguente commento a un articolo sulla commemorazione delle vittime della crisi Corona in Italia, o meglio a Bergamo, che è stato pubblicato con il titolo “Le class action di Corona in Italia”. Prima il virus, poi l’insabbiamento” pubblicato nella rivista DER SPIEGEL il 22.03.2021. Dopo circa 24 ore dalla pubblicazione della prima parte, il mio commento è stato cancellato. Alla mia richiesta, la redazione di DER SPIEGEL mi ha informato di aver rimosso il commento perché “può essere classificato come una teoria del complotto, tra le altre cose”.
Sono convinto che il mio commento, caduto vittima della censura, arricchisca anche l’articolo di Marco Bersani di alcune riflessioni essenziali, importanti anche per il lettore italiano.
“Un’immagine vale più di mille parole!?
“Uomo collegato a macchina: un incubo” è l’illustrazione che funge come richiamo per attirare l’attenzione del lettore sull’articolo sul disastro della sanità a Bergamo, nell’Italia settentrionale, durante l’inizio della crisi di Corona un anno fa. Vista frontale di un paziente sdraiato con tubi che escono dal naso e dalla bocca e la testa cablata.
Destini individuali, come suggerisce l’articolo? NO! Destino collettivo. Camion militari che smaltiscono i corpi, dato che non c’è più spazio per tombe fresche nei cimiteri locali. Il defunto: sepolto in modo anonimo, senza cerimonie di lutto, senza parenti. I morti sono sconosciuti, come lo erano anche quando erano vivi. Tutti completamente registrati dalla tecnologia dei dati, morti come vivi indistintamente morti, tranne i dati nella protezione dei dati. Segni di vita? No, segni di morte.
I parenti si sono organizzati, dice l’articolo. Hanno sporto denuncia. Fin qui tutto giusto! TUTTAVIA: chi vuole aderire alla “class action”, così si legge sul loro sito web (“Noi denunceremo”) è invitato a presentare la sua denuncia contro ignoti e gli si fa esplicitamente notare che una denuncia CONTRO i medici e il personale infermieristico NON sarà presa in considerazione (dal Comitato Noi Denuncieremo)!
Bisogna rileggete i rapporti di allora (febbraio/marzo 2020). I medici che lavorano negli ospedali di Bergamo e dintorni, in coordinamento con i medici di famiglia e i servizi di ambulanza, applicano un triage (= selezione) “atipico”: chi ha più di 65 anni non viene ricoverato; se qualcuno chiama in emergenza, di solito viene fatta una diagnosi superficiale a distanza, viene “prescritto” qualche farmaco per alleviare le difficoltà respiratorie. Così molti anziani, se non sono già morti a casa, finiscono in ospedale completamente indeboliti, dove poi muoiono completamente soli, collegati a una macchina.
La novità della pandemia Covid-19 è questa: la malattia è al centro, tutte le decisioni sono prese a partire dalla malattia. Ma contro la malattia, in maniera dittatoriale da parte dei medici, contro i malati, in tutto il mondo. I medici non sono soggetti al controllo democratico. Governi, paesi, il mondo intero sotto la dittatura di un piccolo gruppo di medici, i virologi e gli epidemiologi. Nessuno può controllare che tipo di test viene fatto. Nessuno può controllare i risultati. Nessuno può controllare come avvengono le morti (anche in tempi cosiddetti normali, una gran parte dei certificati di morte sono falsi), quante delle persone morte soffrivano di cosiddette malattie preesistenti.
I responsabili di queste misure ordinate dagli epidemiologi non si preoccupano delle persone, dei malati, degli anziani, ma degli ospedali, del sistema sanitario nel suo insieme. Si tratta di evitare che troppi malati entrino in ospedale in un colpo solo, portando eventualmente a lotte nelle cliniche e che il sistema debba poi dichiarare pubblicamente il suo fallimento (come a stava accadendo in Italia, poi in Spagna, Francia, Grecia e anche negli USA, a New York).
Gli ospedali sono stati privatizzati negli ultimi anni e ora sono enormi corporazioni sanitarie con alti profitti. Anche le case di cura sono amministrate e gestite da industrie private.
L’intero sistema ospedaliero non è organizzato per le masse di malati, vuole solo quei malati con i quali c’è da guadagnare e il cui trattamento è ben pagato dalle mutue. Gli ospedali che ora tengono liberi i letti di terapia intensiva e quindi saltano le solite – lucrose – operazioni devono essere compensati. L’ormai generale motto “bisogna fare a meno di qualcosa” ovviamente non si applica al business medico.
Le persone sono rinchiuse nelle loro celle abitative in modo che i medici abbiano il tempo di preparare il loro accesso controllato agli ospedali, cioè di avere pronto un certo numero di letti di terapia intensiva, completi di macchine per i polmoni e materiale protettivo. La Germania ha molti più (28.000) letti di terapia intensiva rispetto ad altri paesi. Ma i letti da soli non servono a niente se non c’è personale, e questo scarseggia da anni. E anche le macchine per i polmoni che si stanno ordinando non servono a niente se non c’è nessuno che le faccia funzionare. L’abbigliamento protettivo è stato comunque poco disponibile fin dall’inizio.
Allora perché non sporgere denuncia anche contro i medici responsabili del (non) trattamento e della perdita dei parenti in particolare?!
Perché tutto questo è successo proprio a Bergamo? Così, su circa 1.000.000 di abitanti della provincia di Bergamo, circa 6.000 persone sono morte per Covid-19 tra febbraio e aprile 2020. Non viene specificato in questa statistica se sono morti “da” o “con” Covid.
È noto che Bergamo e il suo entroterra sono tra le zone più industrializzate d’Europa e quindi tra le più inquinate dal punto di vista ambientale. La Confindustria, la più grande organizzazione datoriale italiana, ha cercato di rassicurare i clienti nazionali ed esteri delle aziende industriali situate a Bergamo e dintorni pubblicando un video in lingua inglese sul worldwide web: “(Business in) Bergamo is running”. Quindi: non preoccupatevi. Gli affari vanno avanti!
Che ci sia una correlazione tra l’aria sporca che respiriamo (il cosiddetto particolato) e il virus corona? L’hanno confermato degli studi degli scienziati. In ogni caso, non credo che ci voglia molta immaginazione per immaginare che anni di sporcizia industriale inalata e l’esposizione dei polmoni a un virus corona siano una miscela mortale! Soprattutto per le persone anziane.
I responsabili della sporcizia nell’aria che respiriamo? Chi se non i medici che siedono nelle commissioni di esperti a livello locale, regionale e nazionale, che hanno rassicurato i politici nelle istanze decisionali riguardo a “business e società” per tutti questi anni che il livello di inquinamento, i cosiddetti valori limite, sono innocui. Non verrebbero mosse accuse anche contro di loro? Almeno per omissione?
Per tornare all’immagine di “uomo-macchina” menzionata all’inizio: ciò che viene dimenticato guardando questa immagine è che noi tutti siamo collegati per tutta la vita, dal prenatale a dopo la morte, alla megamacchina programmata medicalmente della violenza iatro-capitalista, la quale ci spinge a prestazioni di punta, che distrugge tutti e tutto, e che decide chi e cosa ” è degno di vivere”, quali “valori limite” e quindi quali i danni che siamo aspettati di poter sopportare in nome del Dio della redditività. Chi allora grida: “incubo”, “basta”!?
Chi vuole informarsi su tali connessioni esistenti naviga l’internet per “Basta con la dittatura sanitaria (Doktatur) o guerra iatrobiontica.
Franca Bimbi dice
Non c’ è una dittatura sanitaria : si sbaglia bersaglio ! Ma una normale dialettica tra scienziati etc tuttavia all’interno della ricerca e della medicina del capitale più egemone di quel che ci spiegavano Maccacaro e Basaglia anche a causa della mancanza di movimenti di medicina democratica. Non siamo neppure in uno stato d’eccezione tout court ma in uno stato d’eccezione molecolare che domina più attraverso il potere di suggerire è un care pastorale che rende i cittadini passivi e/o ribelli per categorie…gli uni contro gli altri. Lo slogan “dal lavoro alla cura” purtroppo si colloca in questa prospettiva non a caso maschile
hans drager dice
Dittatura sanitaria ovvero “Doktatur” (doctatorship)
Dittatura – definizione, p.e. secondo l’enciclopedia Treccani:
Sistema di governo contraddistinti da una forte concentrazione di poteri nelle mani di un individuo o di un gruppo ristretto di individui … la dittatura è diventata una delle categorie che vengono di regola utilizzate per definire quell’ampio spettro di regimi politici autoritari, illiberali e antidemocratici (o non democratici) che, talora fondati su un ampio consenso di massa, attribuiscono a un capo o a un piccolo gruppo di persone poteri arbitrari e privi di controllo. Regimi di questo tipo possono fare ricorso in gradi diversi alla coercizione come strumento di governo e spesso si affermano in contesti politici in cui, almeno formalmente, i diritti di libertà e il principio del governo limitato continuano a sussistere.
Dittatura sanitaria ovvero Doktatur (‘doctatorship): si rilegga il mio commento.
“La novità della pandemia Covid-19 è questa: la malattia è al centro, tutte le decisioni sono prese a partire dalla malattia. Ma contro la malattia, in maniera dittatoriale da parte dei medici, contro i malati, in tutto il mondo. I medici non sono soggetti al controllo democratico. Governi, paesi, il mondo intero sotto la dittatura di un piccolo gruppo di medici, i virologi e gli epidemiologi …”
I governi di tutti i paesi del mondo seguono le linee guida dell’OMS e dei suoi collaboratori nazionali, le differenze nazionali possono essere giudicate incidentali. Per inciso, non è la prima volta che l’OMS si arroga un potere di governo sovranazionale. Vedi la cosiddetta epidemia di Ebola (2014). Coducendo un vero colpo di stato in undici paesi dell’Africa Occidentale, l’OMS aveva installato un controgoverno sovranazionale, un meccanismo decisionale con poteri assoluti sui governi nazionali dei vari paesi. Una dittatura sanitaria allo stato puro!
Nell’ottobre 2019, pochi mesi prima che scoppiasse il panico del virus Corona, il John Hopkins Center for Health Security, insieme al World Economic Forum e alla Bill & Melinda Gates Foundation, uno dei finanziatori dell’OMS, ha tenuto una simulazione chiamata Event 201, a Pandemic Exercise, per evidenziare la necessità immediata di cooperazione tra governo e privati per mitigare il terribile impatto economico e sociale di una pandemia.
È quindi una normale dialettica tra gli scienziati all’interno della ricerca e della medicina del capitale più egemone?
Giacché lei menziona Basaglia e Maccacaro, medico (anti-)psichiatra il primo e medico biometrista il secondo, l’ultimo anche fondatore di Medicina democratica.
Il nome di Basaglia è spesso associato, nella bibliografia scientifica, al Collettivo Socialista di Pazienti all’Università di Heidelberg (SPK) (1970 segg.).
Erroneamente, perché l’SPK non aveva e non ha nulla a che fare con la cosiddetta anti-psichiatria o con delle discipline mediche o della salute.
Ma l’SPK aveva e ha a che fare con la malattia contro il Iatrocapitalismo (iatros dal Greco = medico).
Per quanto riguarda il presunto rapporto tra Basaglia a Trieste e il Collettivo Socialisti dei Pazienti (SPK) a Heidelberg, bisogna notare che già nel maggio 1972 Basaglia aveva ricevuto una copia tradotta del famoso libro dell’ SPK: SPK – Aus der Krankheit eine Waffe machen (SPK – Fare della malattia un’arma), con la prefazione di Jean-Paul Sartre. Questa traduzione fu probabilmente realizzata in vista della sua pubblicazione da Feltrinelli, ma essendo considerata una questione troppo esplosiva a causa del suo andare ben oltre il programma di riforme basagliano, Basaglia la tenne segreta nel suo archivio privato a Trieste insieme ad altri documenti dell’SPK.
Va notato anche il fatto che il fondatore di Medicina democratica, Maccacaro, nel 1973 dirigeva la colanna Medicina della casa editrice Feltrinelli. E’ molto probabilmente dovuto anche alla sua influenza sulla politica editoriale della Feltrinelli che l’edizione italiana del libro dell’SPK “Fare della malattia un’arma”, mentre veniva pubblicato in Francia, raggiunse i lettori italiani solo anni dopo, purtroppo in una traduzione molto superficiale.
Comunque, se siete interessati al reale rapporto tra Basaglia e l’SPK, troverete la risposta a molte false affermazioni nel testo http://www.spkpfh.de/Basaglia_e_Cooper_non_sostituiscono_un_Huber.htm .
Una traduzione italiana del pamphlet dell’SPK Fare della malattia un’arma, autorizzata dal fondatore dell’SPK, il paziente del fronte Wolfgang Huber, con una prefazione di Jean-Paul Sartre e una prefazione di Wolfgang Huber Iatro-Imperialismus si trova sul sito del Collettivo dei pazienti socialisti e del Fronte dei pazienti.
Vi troverete anche testi attuali sulla cosiddetta pandemia di coronavirus.
hans drager dice
Aggiunta e correzione:
Giusto é Collettivo Socialista dei Pazienti (SPK) e Fronte dei Pazienti (PF)
Il link sul libro SPK. Fare della malattia un’arma è
http://www.spkpfh.de/KKW_ital_Indice.htm . Lì troverete anche una tavola cronica relativa alla storia dell’SPK e del Fronte dei Pazienti.
Il link su dittatura sanitaria (doctatorship):
http://www.spkpfh.de/Macchinazioni_ordite_dai_medici_coronavirus_EMF_Col.htm