Si sono incontrati in un mandorleto. E hanno deciso di occuparsi di un orto condiviso perché, dicono, tra i loro valori fondanti di un’associazione di deve essere sempre il rifiuto di ogni razzismo

Coltivare un orto comunitario non ha a che fare solo con l’agricoltura contadina da recuperare o con quella urbana da reinventare. Racconta con soddisfazione Maurizio Lamieri dell’associazione “Il pane e le Rose” di Quartu, in Sardegna: “Il rifiuto di ogni forma di razzismo è uno dei valori fondanti della Comunità “Il pane e le rose”, sorta intorno all’idea di gestire un orto condiviso e intorno e grazie ad esso, coltivare aspirazioni comuni e progetti per un mondo migliore, dove il rispetto dell’altro, il cogliere le diversità come ricchezze, il vivere con meno e meglio, in un ambito di felice decrescita, riescano a creare percorsi positivi, verso un vivere maggiormente a dimensione umana”.
L’associazione è nata nel 2017. Attorno a un vecchio mandorleto, con pochi alberi superstiti, offerti in concessione gratuita da una coppia di amici, si è riunito un gruppo di undici “coraggiosi” che han messo su carta i loro intenti. Una casalinga, un fabbro, un amministratore di condominio, un avvocato, due ex tassisti in pensione, un’insegnante di danza, un restauratore di opere d’arte… senza nessun agricoltore decisi a partire insieme proprio da lì, da quel terreno incolto pieno di erbacce. Un gruppo di persone accomunate dal desiderio (e dal bisogno) di una narrazione diversa, di lasciare testimonianza di “un altro mondo possibile”.
Pane e rose (bread and roses) è il nome con cui è diventato noto uno sciopero dei lavoratori dell’industria tessile svoltosi nel 1912 a Lawrence. «Ciò la donna che lavora vuole è il diritto di vivere, non semplicemente di esistere, il diritto alla vita così come ce l’ha la donna ricca, al sole e alla musica e all’arte. Voi non avete niente che anche l’operaia più umile non abbia il diritto di avere. L’operaia deve avere il pane, ma deve avere anche le rose. Date una mano anche voi, donne del privilegio, a darle la scheda elettorale con cui combattere». Questa frase, da cui fu estrapolato lo slogan, fu pronunciata da Rose Schneiderman, leader femminista e socialista della WTUL, durante un discorso che rivendicava il diritto di voto femminile di fronte a una platea di suffragette benestanti a Cleveland. Gli obiettivi sono tutti riassunti in questa espressione e il gruppo di Quartu inizia un percorso verso una visione della vita, dell’esistenza collettiva solidale e in armonia.
Avere una sede ospitale è stato il primo passo e da allora i “rudi agricoltori volontari” hanno promosso incontri, laboratori per grandi e piccini, dove arte e riciclo camminano a braccetto, dove le “rose” sono a disposizione di tutti. Oggi quello che era un orto incolto è diventato una sede accogliente che ospita scuole, iniziative, laboratori e mostre (la più recente iniziativa, ideata da Maurizio Lamieri, è stata realizzata grazie al materiale recuperato nel terreno stesso). L’associazione, intanto, ha trovato naturale aderire alla Rete dei Comuni Solidali.
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