Cronache da settembre: partire per tornare. Dopo due mesi trascorsi nella natia Liguria, Mauro Armanino torna a Niamey, capitale del Niger. Lascia un Paese dove tutto sembra “già visto”, dove si soffre, di nascosto e in silenzio, soprattutto di solitudine. Lo lascia per tornare a quella “straordinarietà della vita”, dove nulla è scontato o garantito – dal giorno che nasce alla sera che incombe improvvisa per mancanza di luce, razionata per un guasto alla centrale elettrica – e dove la vita non è tutta ‘sotto controllo’ di algoritmi che pensano quello che è meglio per gli umani. Fortuna ha voluto, tuttavia, che proprio poco prima di partire, a Chiavari, il nostro corrispondente-missionario chiedesse ad alcuni bambini cosa vorrebbero portasse dall’Italia ai coetanei della comunità di Niamey, che certo lo aspettano con curiosità e impazienza. Così Mauro potrà mettere in valigia anche uno straordinario messaggio, il più semplice, ricco e forse sorprendente che si possa immaginare. Un messaggio capace di restituire dignità umana alla risonanza tra due mondi forse solo in apparenza così lontani

Come ricorda il saggio c’è un tempo per ogni cosa. Un tempo per tornare e un tempo per ripartire. Sarà pur vero che, in fondo, non c’è nulla di nuovo sotto il sole. Si trova forse, tra gli umani, qualcuno che possa dire: ecco questa è una novità? C’è invece uno spettro che si aggira per Europa e non è quello preconizzato da Karl Marx e Friedrich Engels nel loro manifesto del 1848. Non è quello del comunismo, semmai quello del ‘già visto’, come l’afferma senza sconti l’ ignoto Qoelet nel libro omonimo. Un’aria di solito che spira sui manifesti elettorali e l’interpretazione della politica nazionale e internazionale. Sull’uso e l’abuso dei migranti nel Mediterraneo nel consueto corteo funebre degli naufraghi abbandonati. Nella rassegnazione per la guerra prossima ventura che si avvicina con l’eutanasia dell’Occidente. Con la programmata liquidazione economica e sociale delle famiglie e delle piccole imprese del continente europeo.
Continua, con effimera pausa commerciale, l’igienizzazione della società con le sue diuturne paure e menzogne. Le campane elettricamente programmate senza più i campanari che perdevano l’udito col tempo, dopo aver ritmato matrimoni, funerali e feste comandate. Le chiese con le distanze da rispettare e la spruzzata sulle mani prima di comunicare con l’assoluto nel tempo. La sconcertante’ impuntualità’ dei treni di minore importanza con i biglietti più leggeri rispetto a prima. I campionati di calcio e la trasmissione pagante delle partite che accompagnano con metodica strategia ogni giorno della settimana. Si giocava la domenica e i mercoledì per le competizioni internazionali perché gli altri giorni della settimana erano lavorativi. Adesso si finge un’aria di festa che consente di andare allo stadio anche di lunedì notte. Tanto il lavoro si è fatto funzionale all’economia dello spettacolo che le ‘morti bianche assediano nel calendario.
Si soffre, di nascosto e in silenzio, di solitudine. La solitudine ‘del cittadino globale’, come profetizzava il defunto Zygmunt Bauman, si coltiva con ostinazione, smantellando legami fisici per privilegiare l’insostenibile ‘leggerezza’ delle distanziazioni sociali e le discriminazioni sanitarie. Aumentano, per converso, in quantità e qualità le cure per gli animali, specie di razza canina. Essi hanno acquistato col tempo privilegi che non pochi cittadini locali o stranieri vorrebbe poter usufruire. Cibo nutriente perchè vitaminizzato, psicologi specializzati in caso di depressioni canine, cliniche adatte e, per quelli in preda a malinconie amorose, bed and breakfast in zona panoramiche e arieggiate. Abiti canini confortevoli per tutte le stagioni dell’anno e, dulcis in fundo, cimiteri riservati con tanto di compagnie funebri specializzate. Chi giunge nel Bel Paese da un altrove dove il cibo, la scuola e la salute sono occasionali, non può non provare tristezza.

Partire allora, per chi scrive, dopo due mesi passati in Liguria, è come tornare alla straordinarietà della vita. Tornare dove nulla è scontato o garantito. Dal giorno che nasce alla sera che incombe improvvisa per mancanza di luce, razionata per un guasto alla centrale elettrica. Mangiare, bere, curarsi, provare a mandare i figli a scuola, pregare di trovare un lavoro o di avere un altro figlio e che arrivi puntuale il vento con la sabbia che portano i ricordi di altri tempi. Si torna dove la vita, tuttavia, non è ‘sotto controllo’ di algoritmi che pensano quello che è meglio per gli umani che si sbagliano quando devono votare.
Fortuna volle che, nella città di Chiavari, chiedessi ad alcuni bambini cosa vorrebbero portassi ai bambini che reincontrerò nella comunità che ho lasciato a Niamey, in Niger. Una bimba ha risposto dicendo di portare loro il messaggio che ‘noi gli vogliamo bene’. Questa frase, assieme a tutti volti amici senza maschere, è tutto ciò che metterò nella valigia.
Casarza Ligure, 25 settembre, 022
Bravo Mauro Armanino… ho trascorso anch’io molti anni in diversi paesi africani, ma come medico. Poi sono passati gli anni e sono tornata alla mia città , Milano.. ma ho sempre bei ricordi di città e villaggi dei vari paesi. Era il tempo di una malattia virale che uccideva tantissime persone, l’AIDS… ed il nostro lavoro era stato molto utile .
Invidiare le migliorate condizioni canine e non la ricchezza spudorata ostentata, dimostra ancora una volta che la guerra sociale va verso le fasce più deboli. Come ha tenuto a rimarcare il Papa dicendo che gli animali vengono trattati meglio delle persone, sembra che la povertà diffusa nel mondo sia responsabilità del mondo animalista. I cani hanno solo la fortuna di essere stati leggermente sollevati da resto del mondo animale, che rimane il mondo più massacrato della storia.