La Cisgiordania è diventata il nuovo centro della crisi. Israele sta intensificando la sua violenta usurpazione delle terre demolendo le case dei palestinesi, impedendo con la violenza ai contadini di accedere ai terreni e ai pascoli, ma anche favorendo l’espansione delle aziende agroalimentari israeliane negli insediamenti illegali

In gennaio, l’organizzazione contadina palestinese Unione dei Comitati di Lavoro Agricolo (UAWC) ha lanciato un allarme urgente alla comunità internazionale sull’escalation della violenza israeliana in Cisgiordania e i piani di annettere il 30 per cento del territorio. Dopo il fragile cessate il fuoco a Gaza, la Cisgiordania è diventata il nuovo centro della crisi. Approfittando dell’impunità di cui ha goduto a Gaza – dove il genocidio e l’uso della fame come arma di guerra sono stati impiegati con il pretesto di combattere i gruppi armati palestinesi – Israele sta ora intensificando la sua violenta usurpazione delle terre palestinesi.
L’annessione illegale della Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est, avviene attraverso la sistematica sostituzione delle comunità palestinesi con colonie israeliane. Una delle aree più importanti dal punto di vista agricolo della Palestina si trova nell’Area C della Cisgiordania, che è sotto il diretto controllo militare israeliano. Lì, l’UAWC denuncia che 58mila persone affrontano l’imminente minaccia di sfollamento forzato. Secondo le Nazioni Unite, tra ottobre 2023 e novembre 2024, 9 insediamenti e 49 avamposti sono stati costruiti sulle terre palestinesi, con un aumento del 193 per cento rispetto all’anno precedente. Nello stesso periodo sono state demolite più di 1.600 case palestinesi e nel gennaio 2025 il numero di checkpoint militari e cancelli con chiusure metalliche è aumentato fino a quasi 900.
Uno dei pilastri principali della strategia israeliana di furto delle terre è l’uso della violenza da parte degli insediamenti illegali per impedire ai contadini palestinesi di accedere ai loro terreni coltivati e ai loro pascoli. Gli attacchi contro le comunità contadine sono aumentati in modo allarmante, portando alla richiesta di una “seconda Nakba”. Una delegazione recentemente inviata da La Vía Campesina ha confermato la confisca di oltre 5.000 ettari dall’ottobre 2023 e la distruzione sistematica dei mezzi di sussistenza rurali attraverso la demolizione di case, l’usurpazione di terre e le restrizioni all’accesso all’acqua.

Un’altra dimensione del sistema di apartheid, documentata da Who Profits, è l’espansione delle aziende agroalimentari israeliane negli insediamenti illegali in Cisgiordania e nel Golan siriano occupato. Queste aziende beneficiano di tasse ridotte, manodopera palestinese a basso costo e norme ambientali permissive. Tra questi ci sono: Netafim e Rivulis (irrigazione), Afimilk (latticini), CBC Group (Coca-Cola Israel), Adama e Haifa Chemicals (pesticidi), ICL (fertilizzanti), Hazera (semi) e Tahal (infrastrutture idriche). Sebbene alcuni operino sotto le bandiere di Messico, Olanda, Francia, Cina o Stati Uniti, fanno parte delle strategie di Tel Aviv per espandere i mercati delle società israeliane e spesso fanno parte delle delegazioni governative ufficiali. Queste aziende svolgono anche un ruolo importante nel promuovere l’agricoltura industriale in altri paesi del Sud del mondo, indebolendo i sistemi alimentari locali ben oltre la Palestina.
Nonostante il genocidio a Gaza e l’escalation di violenza in Cisgiordania, la resilienza del popolo palestinese è fonte di ispirazione per il mondo. I contadini palestinesi sono stati a lungo in prima linea nella resistenza, anche prima della Nakba. Questo è il motivo per cui sono l’obiettivo principale di Israele.
Al momento in cui scriviamo, il mondo è rimasto sbalordito dalla scandalosa idea del presidente degli Stati Uniti di pulizia etnica a Gaza. Questa proposta non solo legittima lo spostamento sistematico del popolo palestinese da parte di Israele, ma riflette anche una risposta disperata all’ondata globale di solidarietà con la Palestina. Il popolo palestinese ha chiarito la sua posizione: rifiuta di essere sradicato dalla propria terra.
GRAIN è solidale con i movimenti in Palestina e nel mondo. Insieme a loro chiediamo la fine immediata delle operazioni militari e delle violenze portate avanti dagli insediamenti israeliani, l’attuazione di sanzioni attraverso misure come l’embargo sulle armi e il commercio, nonché il sostegno ai casi in corso presso la Corte internazionale di giustizia. Sosteniamo le richieste della società civile, dei movimenti sociali e dei sindacati di boicottare gli accordi commerciali con Israele e di sospendere gli accordi esistenti, come l’Accordo di libero scambio con l’Unione Europea. Riaffermiamo il nostro impegno nella lotta palestinese per la decolonizzazione e sosteniamo tutti gli sforzi per boicottare, disinvestire e sanzionare Israele, le società israeliane e altre società che operano nei territori occupati.
Pubblicato su Desinformemonos, traduzione di Comune. Fonte GRAIN (titolo originale Usurpación de la tierra en Palestina: ¡Alto a la limpieza étnica!).
Lascia un commento