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Il disfacimento della città comune

Carlo Cellamare
11 Aprile 2013

484778_136689969843708_1055825219_nMercoledì è stato l’ultimo giorno di consiliatura per la giunta Alemanno ed è stato anche il giorno di una maratona di presidio del consiglio comunale da parte di comitati, associazioni, reti delle organizzazioni di quei cittadini che a Roma sono sensibili e mobilitati sui problemi della città. Sicuramente non l’unico: la maratona durava ormai da molto tempo. Ma negli ultimi giorni, negli ultimi tempi si era intensificata e così anche il presidio è diventato più forte, con una mobilitazioni di comitati da tutta la città, così come di intellettuali, studiosi, giornalisti, almeno di quelli più sensibili.

In gioco era il futuro di Roma. La solita pioggia di cemento che attraverso una sessantina di delibere urbanistiche di varia natura (per un’amplissima documentazione vedi il sito https://carteinregola.wordpress.com) si sarebbe riversata su Roma, dagli scambi immobiliari sui mercati rionali, alle valorizzazioni di alcuni depositi Atac dismessi, ai piani particolareggiati dei “toponimi” (le più recenti aree abusive soggette a una forma di autopianificazione realizzata dai Consorzi di Autorecupero e da soggetti che li coordinano, come l’Unione Borgate o il Consorzio Periferie Romane), agli interventi sulle aree di riserva, a compensazioni residue di altri accordi e altre mediazioni immobiliari, ecc..

La maggior parte di queste delibere sono indirizzi al sindaco per la realizzazione di accordi programma, il famigerato strumento che permette di scavalcare le indicazioni della pianificazione, anche dell’ultimo piano regolatore approvato solo cinque anni fa e già ridotto a un colabrodo (senza considerare che sicuramente non era il miglior strumento di pianificazione che si poteva realizzare).

Veramente sembra la rassegna del peggio che l’urbanistica romana può mostrare. Ma ciò che colpisce di più è che, per molti versi, questo “peggio dell’urbanistica romana” rappresenta a tutti gli effetti il modo ordinario con cui viene fatta l’urbanistica Roma: attraverso accordi, attraverso compensazioni e scambi di cubature, attraverso operazioni immobiliari occasionali e al di fuori di qualsiasi disegno, senza pianificazione, senza programmazione, senza capire i pesi della città, con convenienze tutte private e senza considerazione degli effetti che tutto questo ha sulle condizioni di vita quotidiana degli abitanti, senza un progetto complessivo di sviluppo della città, senza un bilancio dell’“interesse pubblico” (parola ormai veramente desueta).

Nella buona tradizione tutta italiana e, in particolare, tutta romana, gli ultimi giorni di consiliatura sono dedicati all’approvazione delle “manovre urbanistiche”. Il presidio ha avuto comunque il suo effetto, ma forse hanno giocato di più gli accordi tra maggioranza e opposizione e i disaccordi interni; e i danni sono stati un po’ limitati. Sono stati approvati praticamente tutti i “toponimi”, così come alcune delibere di minor impatto; ma anche alcune importanti come quella relativa a “Santa Fumia – via di Brava”, nuova compensazione edificatoria senza alcun titolo e fuori dalle previsioni di PRG di una area fantasma denominata “M2 Santa Fumia” per oltre 140.000 Mc da ricollocare in parte a via di Brava (dal sito di carteinregola), a tutto vantaggio del costruttore Bonifaci (proprietario de Il Tempo). E’ stata approvata anche la delibera su Via di Lucrezia Romana (in X Municipio), una delle meno “dannose”, oggetto di un accordo tra maggioranza ed opposizione e su cui si era espressa favorevolmente anche la Comunità Territoriale del X Municipio. Altre delibere invece sono state ritirate o non votate, tra cui ad esempio quella sulla “Piccola Palocco” o quella sullo scambio immobiliare dei mercati.

Indubbiamente un grande titolo di merito va ad alcuni consiglieri dell’opposizione che hanno presidiato le votazioni, sono intervenuti più volte e hanno prodotto una quantità infinita di emendamenti la cui sola votazione ha imposto una grande perdita di tempo. Ma il loro numero è veramente limitato e spiccano i consiglieri Alzetta e Athos De Luca, a cui bisogna aggiungere Gemma Azuni e alcuni consiglieri del Pd che ogni tanto hanno fatto presenza (Valeriani, Marroni, Nanni). Mentre la maggioranza, sebbene stanca e disinteressata, era stata riunita compatta. Se il totale dei consiglieri votanti si aggirava intorno ai 23-24 la presenza dei comitati in tutte le loro varie forme sicuramente superava – a seconda dei momenti – una sessantina di persone. Alle volte viene da pensare che sarebbe meglio lasciare la città in gestione alle persone impegnate e sensibili che non a consiglieri interessati e demotivati. Sarebbe decisamente meglio.

Lo spettacolo è stato veramente sconfortante, pietoso. Da diversi punti di vista. In primo luogo, è drammatico che il futuro di Roma, il suo sviluppo urbanistico con i suoi effetti rilevanti – e devastanti – sulla vita della città e delle persone si giochi al di fuori di qualsiasi ragionamento, di qualsiasi politica strutturata, di qualsiasi visione della città, senza neanche un’introduzione pensata e organizzata nel confronto politico, e passi attraverso tristi votazioni e meccanismi procedurali, giochini di basso profilo, risolvendosi negli accordi e nelle mediazioni tra le parti politiche, definiti tutti al di fuori delle sale consiliari. Siamo veramente davanti al disfacimento della città come bene comune.

Un secondo drammatico motivo di sconforto è la quasi completa assenza dell’opposizione. In numerosi momenti partecipavano alle votazioni tre soli rappresentanti dell’opposizione. Sembra sancita evidentemente la distanza abissale che c’è tra i partiti e i territori (se non ovviamente nelle forme clientelari tradizionali), tra le forze politiche (anche di una sedicente sinistra – sempre con le ricordate eccezioni) e la città che vive e va avanti coi suoi problemi e la sua capacità di autorganizzarsi.

Qui sta quindi un ragionamento più ampio sul disfacimento delle forme delle democrazia, ormai significativamente inadeguate, e sul vuoto della politica.

Ne nasce inevitabile la frustrazione e la sfiducia totale verso le istituzioni, da cui nascono le reazioni – anche elettoralistiche – rabbiose.

Conforta continuare a vedere la mobilitazione e l’impegno dei molti, tantissimi comitati, associazioni, reti e persone singole impegnate e sensibili: carteinregola, CO.CO.ME.RO. (Confederazione delle Comunità Metropolitane Romane), Coordinamento comitati centro storico, Comunità Territoriale del X Municipio, il Forum Salviamo il Paesaggio, No al Cemento a Roma, Italia Nostra, comitati locali, ecc. ecc.. E’ incredibile ormai la loro capacità organizzativa e le competenze mostrate, nonché la capacità di azione (anche in termini giuridici); che spesso superano quelle – mostrate e non mostrate – dall’amministrazione. Carteinregola, ad esempio, ha organizzato una diretta del presidio, che poteva essere seguita anche in streaming tramite Radio Città Aperta (il loro sito, peraltro, è estremamente documentato).

Questa vicenda è stata anche, per alcuni, la palestra per le prossime elezioni. Certo che colpisce anche la difficoltà ad organizzare tutte queste forze della società civile in una forza unitaria, ad organizzare una visione politica complessiva per la città che si possa proporre unitariamente (e ne avrebbe le competenze e la capacità) per il suo governo. La frammentazione appare ancora un ostacolo abbastanza difficile da sormontare. Ne vedremo gli sviluppi.

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