Rimbalza in rete la richiesta di firmare una petizione per chiedere al parlamento europeo di archiviare la legge che rende illegale «coltivare, riprodurre o commerciare» i semi di ortaggi che non sono stati approvati da un’Agenzia Ue. In pratica si va verso la riduzione della biodiversità per dare un ulteriore sostegno alle multinazionali dell’agro-business
di Silvana Dal Cero*
Mi è arrivata via mail la richiesta di firmare una petizione per chiedere al Parlamento europeo di archiviare la legge “Plant Reproductive Material Law”. Detta legge, proposta dalla Commissione europea, renderebbe illegale “coltivare, riprodurre o commerciare” i semi di ortaggi che non sono stati “analizzati, approvati e accettati” da una nuova pastoia burocratica europea denominata “Agenzia delle Varietà Vegetali europee”.
In pratica si va verso la riduzione della biodiversità. Io aggiungo anche: verso la manipolazione genetica che, opportunamente guidata, consentirà di “ orientare” il mercato ossia di ricavarne benefici economici.
Saranno consentititi solo la coltivazione, lo scambio, l’uso di sementi “prescelte”. Qui sta già una grave violazione e limitazione della libertà personale. Ognuno di noi infatti ha il sacrosanto diritto di mangiare il cibo che gli aggrada, coltivato con le sue mani, nel suo campo o orticello, o raccolto tra i prodotti che spontaneamente crescono in natura.
Aggiungiamo poi la motivazione economica che sottostà alla legge. Chi ci guadagna dalla sua approvazione? Come sempre le grandi multinazionali: dalla ricerca , alla produzione, alla conservazione, alla commercializzazione degli unici semi che loro avranno selezionato. Questa legge inizialmente è indirizzata solo ai contadini commerciali ma resta il fatto che con la sua approvazione si stabilisce un grave precedente che condizionerà successivamente le azioni del singolo individuo.
Eppure come si è evoluta l’umanità? Da semplici fruitori dei prodotti cresciuti spontaneamente, gli uomini hanno imparato a conoscere e a gestire il processo semina – coltivazione – raccolto divenendo agricoltori; a conservare parte del prodotto per poi tornare a restituirlo alla terra affinché potesse regalare l’anno dopo nuova messe.
Immaginiamo per un attimo la nostra futura società: spariranno le casette con l’orticello coltivato accanto coltivato. Muterà non solo la fisionomia dei nostri paesi ma soprattutto si modificheranno usi, costumi, tradizioni sociali. La terra diverrà sempre più “povera” per varietà e specificità ortofrutticole (per ora).
La nostra libertà sarà sempre più un ricordo “museale”.
Libertà vo’ cercando e per essa combatto.
* Insegnante di matematica in pensione cura il blog http://laurisilvi.wordpress.com/, scrive poesie e collabora con Decrescita.com, da cui è stato tratto questo articolo.
Roberto dice
è una bufala
Comune-info dice
Il realtà il problema esiste ma sembra essere più circoscritto, rispetto a quanto emerso con un certo allarmismo rimbalzato via web. Tutto nasce dalla presentazione da parte della Commissione europea di una proposta con nuove regole sul commercio delle sementi, presentata ad inizio di maggio («Regulation of the European Parliament and of the Council on the production and making available on the market of plant reproductive material”, più nota come «Plant Reproductive Material Law»).
Occorre precisare che quella proposta non è rivolta ai giardinieri né agli ortisti per la propria autoproduzione, ma a chi si occupa della vendita del materiale riproduttivo per la coltivazione delle piante e per la produzione, insomma a chi si occupa di agricoltura in maniera professionale. La registrazione delle sementi sarebbe obbligatoria per 150 specie ritenute importanti per il mercato europeo.
Di certo, i semi sono comunque al centro degli interessi di diverse multinazionali… che non smettono di fare diverse pressioni sulle istituzioni europee.