Il sarcofago di Portonaccio, forse il più bell’esempio di scultura privata del II secolo rinvenuta negli anni Trenta a Roma (nel quartiere di Portonaccio/Pietralata)
Mai come in questo momento credo sia necessario educare ed educarci al dialogo. Ciò che fa più male alla scuola, infatti, sono le parole perdute, le parole non ascoltate. “Nessuna parola deve essere lasciata cadere a terra”, suggeriva Socrate ventiquattro secoli fa, e chi insegna dovrebbe sempre ricordare quanto male faccia al vivere e alla capacità di apprendere il non essere ascoltati e presi in considerazione ad ogni età.
Dobbiamo fare ogni sforzo per essere in grado di darci il tempo e creare contesti in cui tutte e tutti possano dire la loro ed essere ascoltati con attenzione. Questa cura è più che mai necessaria oggi, di fronte al moltiplicarsi di sofferenze di ogni genere nell’infanzia e nell’adolescenza, perché gli episodi di autolesionismo si stanno moltiplicando a dismisura, insieme a crisi di panico, incapacità di uscire dalla propria stanza e al diffondersi di disturbi alimentari sempre più gravi.
Nella scuola ci sono poi troppe volte le parole vuote, le parole non credute, le parole senza corpo, senza energia. Quelle che sovente ci accontentiamo di usare noi docenti, e che gli studenti fanno fatica ad ascoltare. Parole che non comunicano e non generano nulla perché non suscitano inquietudine, non mettono in movimento e in discussione, non inducono a porci domande e a dubitare, e dunque non producono scintille e non fanno scaturire nuove idee.
Credo che discutere e ragionare con bambine e bambini, ragazze e ragazzi sempre su tutto sia indispensabile oggi perché il dialogo è il contrario della guerra.
È dunque il tempo di compiere nella scuola un grande lavoro di ecologia della parola. Nel senso etimologico: trovare casa alle parole, offrire casa alle parole. La casa delle parole è insieme un luogo e una tensione: il luogo è il corpo di chi le pronuncia tutto intero, sempre bisognoso di attenzione, la tensione è lo sforzo di avvicinarci agli oggetti della conoscenza. In qualche modo mi verrebbe da dire che autentica è la parola che non si accontenta, la parola che ricerca. Molto meno la parola che chiude il discorso, che afferma definitivamente.
Parliamo talvolta di pregnanza delle parole. E mi domando: di cosa si dovrebbero impregnare le parole? Probabilmente si debbono impregnare di realtà, di ogni relazione viva riusciamo a stabilire con il mondo, con gli altri e con noi stessi. Elsa Morante, in quel prezioso libretto intitolato Pro o contro la bomba atomica (Adelphi), che è utile rileggere oggi, evocava come pericoloso nemico da cui guardarsi il “mostro dell’irrealtà”.
Intorno alla necessità del dialogo ho tenuto una lezione su invito della Treccani scuola. È necessario tuttavia iscriversi (gratuitamente) al sito: https://www.clubdeidocenti.it/
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…essere ascoltati con attenzione…dire la loro….Ma con quale coraggio si invita a fare ciò di fronte al silenzio di questo periodo sulla censura delle idee, sulla censura del pensiero critico e libero? Quando noi docenti sospesi per non aver piegato la testa difronte a leggi ingiuste siamo ora segregati in spazi lontani dai nostri ragazzi ai quali , in caso contrario, daremmo un esempio diseducativo ? Dove erano i grandi pedagogisti e filosofi del dialogo quando son state varate queste assurde e infami leggi e regolamenti? Accetto questi invito al dialogo dall’uomo del bar ma no dal ‘dottore’ che non ha mai fatto sentire la sua voce comunque la pensasse. Se l’ha fatto non son stata capace di sentirla pur avendola a lungo cercata .
Ester Seneca
docente sana di mente e corpo ma non idonea a ritornare dai suoi bambini….
Diseducativo oggi viene intesa qualsiasi posizione critica, analitica, divergente rispetto al pensiero dominante!? Oppure disecutativo è piuttosto il giudizio sommario, feroce ed inappellabile di certi intellettuali rispetto alla libera adesione ad una vaccinazione jnvece imposta che annulla i fondamenti della nostra Costituzione!?